Italia, popolo di evasori del canone Rai
Sul Corriere della sera di oggi un articolo di Gian Antonio Stella prova a tirare le somme per capire dove stiano i problemi della Rai. E' un'analisi di conti dettagliata che si concentra sul problema della cause di lavoro in continuo aumento, la conseguente costrizione all'assunzione di chi si muove contro l'azienda sul piano giudiziario, il persistente sbilancio negativo fra ricavi e costi, con un festival di Sanremo che, a dispetto degli introiti pubblicitari straordinari, ha causato all'azienda una perdita su base biennale di circa 17 milioni di Euro. Quello che risalta maggiormente, però, è il riferimento all'evasione dal canone, con cifre che sarebbe eufemistico definire preoccupanti. Tra i tanti corollari del teorema Rai rientra anche un'analisi di Ciro Pellegrino di qualche mese fa, che evidenziava le spese assolutamente superflue dell'azienda pubblica.
Evasione al 26% – I dati che emergono ci dicono di una sperequazione fortissima tra l'evasione dal canone nelle regioni meridionali (la Campania è in testa col 44%, davanti a Sicilia 42% e Calabria 39,7%) e quelle restanti. Il dato complessivo di evasione su scala nazionale è di un importante 26%. La gravità sta nel fatto che gli altri principali stati europei abbiano un'evasione che, in dati percentuali, rasenta lo zero. Inoltre a pesare su un'immagine deteriorata del nostro servizio pubblico sta il fatto che il dissesto dei conti non è motivato dal fatto che i costi del canone di altri stati siano di una portata molto diversa. Ci si riferisce alla Gran Bretagna e alla Francia, che pur avendo due sistemi di finanziamento diversi – la prima, al pari dell'Italia, un ibrido tra pubblicità e canone, la seconda unicamente finanziata da canone – le quali non superano per ammontare complessivo i 150,00 € annui.
Il confronto con alcuni stati europei – Chiaro che sia un confronto approssimativo, senza una conoscenza dettagliata del sistema di distribuzione dei finanziamenti stessi. Ciò che è certo è che poche Tv pubbliche sono in difficoltà effettiva e di popolarità come lo è quella italiana. Di certo c'è quel dato, riferito appunto all'evasione. Chiedendosi perché i cittadini evadano si può finire con l'evidenziare molteplici motivazioni. Ci sono oggettive difficoltà di molte famiglie a contemplare una tassa di 122,00 € circa che si presenta puntualmente in gennaio, periodo post natalizio, nel quale si fa abitualmente voto al risparmio. Inoltre molti "evasori" fanno leva sullo scarso servizio offerto, contraddicendosi in questo nel sintonizzarsi anche una sola volta durante l'anno sulle reti Rai. Il problema sostanziale è un malcostume cronico, la medesima origine da cui parte il disinteresse delle dirigenze ad offrire un buon prodotto (attenuando quindi le colpe per un tributo non versato) e da cui si espande il movimento dei No-Rai (che quasi giustificano lo scarso servizio offerto). Le polemiche sugli spot al pagamento del canone sembrano quasi una conseguenza fisiologica.
Un labirinto senza uscita – In virtù di questo circolo vizioso, si conclude che sia questo un paese nel quale non si percepisce l'importanza fondamentale di un servizio pubblico televisivo degno di questo titolo. La motivazione delle difficoltà economiche decade in corrispondenza di un dato visibile, presente quasi nell'aria: dove l'evasione del canone aumenta, così accade per il numero di abbonati Sky. Si intuisce dalla copertura psicologica che il satellitare impone ai suoi clienti: un nuovo cliente Sky lo riconosci guardandolo passeggiare, lo riconosci dai discorsi che fa, lo vedi perché fa parte della generazione Sky. Iperboli a parte, bisognerebbe capire come mai in Francia (1% di evasione) siano tanto ligi nel pagamento della tassa televisiva. Non si scommetterebbe un nichelino sul fatto che anche lì, come in ogni dove, la gente non si lamenti un po' del servizio pubblico, così come per i governi. Eppure la tassa la pagano tutti, o quasi. La Rai deve di certo porsi delle domande, stessa cosa dovrebbe fare l'evasore. O meglio l'esattore.