Il Collegio, Andrea Maggi: “Giovani disinteressati alla politica, ma la colpa è della politica”
Il Collegio non andrà in onda su Rai2 il 16 novembre, sostituito eccezionalmente dalla partita di tennis delle ATP, ma a quanto pare la Tv serve al Collegio molto meno di quanto valga il contrario. Lo crede Andrea Maggi, alias il prof Maggi, che racconta l'esperienza di questa sesta edizione alla vigilia della quarta puntata, disponibile su RaiPlay a partire dalle 21.30 del 16 novembre, in onda in Tv la prossima settimana.
Professore, siamo alla sesta edizione del programma. L'entusiasmo è quello degli albori oppure si sente un po' di ripetitività?
Io al Collegio vado a fare sostanzialmente l'insegnante, dunque il mio ruolo è sempre simile, ma al contempo ci sono studenti sempre nuovi e ogni anno c'è una novità.
In questa edizione ho notato le prime critiche rispetto al fatto che il Collegio avrebbe perso il suo sprint. È d'accordo?
Credo la questione richiederebbe diversi piani di analisi. Prima c'erano quattro puntate, ora otto, questo mi fa credere che il programma amplierà il suo respiro nelle prossime settimane. Inoltre c'è da dire che questo è un programma rivolto a un pubblico di giovanissimi che abitualmente la Tv non la guarda.
Questo vuol dire che Il Collegio non ha bisogno della Tv?
Vuol dire che forse guardare questo programma come un solo fenomeno televisivo è limitante. Questo è un programma che resta potentissimo sui social, da Tik Tok a Instagram, a Twitter. Il dato ci fa capire che limitarlo al dato di ascolti è una visione parziale. Pensiamo a quanti streamer attendono l'inizio del Collegio per fare reaction e interagire con questo prodotto, ci renderemo conto della sua portata. Dare per morto questo programma per un leggero calo di ascolti significa, secondo me, non averlo capito.
C'è una forte similitudine tra quegli anni Settanta che riproducete e questo nostro tempo.
Ci sono molte affinità, sicuramente ci sono generazioni in contrasto. Negli anni Settanta si assisteva per la prima volta, forse, a una generazione di giovani che rivendicava il proprio ruolo e la propria presenza dal punto di vista culturale e soprattutto politico. Se c'è una cosa che manca ai ragazzi di oggi, è l'interesse per la politica. C'è grande trasporto per temi sociali e culturali come il climate change e il movimento che ha in Greta Thunberg il suo singolo, per contro sempre più i giovani vedono la politica come qualcosa di estraneo.
Come mai secondo lei?
Credo sia perché la politica tende ad escludere i giovani, mentre i rappresentanti delle istituzioni dovrebbero rivolgere loro tutte le attenzioni. C'è uno scollamento importante che si nota anche all'interno del Collegio, quando gli abbiamo assegnato il compito di creare una fanzine, una pubblicazione di tipo politico tipica degli anni Settanta, si sono buttati sul gossip. Questo è molto interessante, ma anche preoccupante per certi versi.
Non a caso oggi i personaggi che meglio sanno intercettare e ricodificare temi e istanze politiche sono i cosiddetti influencer.
Sì, è palese. Un dato di fatto incontrastabile è che i politici non conoscono i giovani e i giovani non conoscono i politici, se non per delle macchiette su Tik Tok o video virali. Sarebbe bello se cominciassero a presentarsi gli uni agli altri per scambiarsi opinioni ed esigenze.
Oggi al Collegio c'è una persona che decide di non essere definita né ragazza, né ragazzo. È un tema presente nel quotidiano dell'insegnamento?
Io insegno alle medie e forse questioni relative all'identità sessuale subentrano dopo. Detto ciò, mi rendo conto che certi temi, come l'omosessualità e il non binary, risultano per i giovani assolutamente normali, mentre noi adulti storciamo il naso, o ci mettiamo a questionare su fatti del genere. Identica cosa per il razzismo. I ragazzi non lo sono, perché sin dal primo impatto con la scuola sono abituati ad una realtà multiculturale. Questione identica, da ciò che percepisco, vale per le scelte sessuali. I ragazzi sono molto più moderni di quanto immaginiamo, noi molto più antichi e bigotti.
La questione si pone anche in una chiave linguistica, come insegnante di italiano come si pone in merito a questo?
Ogni volta che mi viene posta questa domanda ribadisco che l'italiano è una lingua molto ricca, che dà la possibilità di adeguarsi a determinate esigenze. Dobbiamo sicuramente adattare il nostro vocabolario alle necessità di chiunque, ma la lingua italiana offre la possibilità di farlo, provenendo da lingue nobillissime come il latino e il greco che possedevano il neutro. Gli strumenti ci sono, tocca adottarli.
Giunto alla sesta stagione, inizia a pensare a un possibile addio?
Continuo a ricevere richieste di supplica perché il Collegio continui, quindi auguro lunga vita al programma. Quanto alla mia partecipazione: devono spararmi per non partecipare più.