Il Collegio 6, Maria Rosa Petolicchio: “Prima o poi la prof. andrà in pensione”
Da cinque anni Il Collegio è una certezza, non solo di Rai2 che gongola con ascolti in prima serata inaspettati, ma per la Tv tutta che trova in questo programma linfa vitale per immaginarsi attraente presso una platea di giovanissimi che la televisione la evita volentieri. Tra i personaggi cardine del programma c'è, senza ombra di dubbio, Maria Rosa Petolicchio, colonna del corpo docenti del docu reality. Il Collegio 6 parte martedì 26 ottobrecon una nuova ambientazione cronologica, in questa intervista la prof' Petolicchio ci racconta come è andata.
Si riparte con una nuova edizione. Come cambia il personaggio Petolicchio in questo 1977?
Cerco di calarmi nel tempo di riferimento del programma, ma non parlerei di personaggio. Viene fuori quella che sono, ovvero me stessa. C'è una rigidità elastica a seconda dell'anno di ambientazione. Nel 1977 direi che troviamo la solita Petolicchio, quella che a certe cose, in un certo contesto come quello della scuola, reagisco a modo suo.
Conferma, quindi, che non c'è nessun copione?
Assolutamente no, come sempre. Seguo me stessa in quella specifica situazione, agendo come mi sento.
Si rispecchia nel modo in cui la televisione la presenta?
Ho vissuto lì dall'8 luglio al 15 agosto in quel collegio, so quello che mi è capitato in classe, in aula magna, come verrà montato il tutto in post produzione non lo so. Mi sono vista nel trailer pubblicitario nel momento in cui chiedo se "questa sia una classe o la fossa dei leoni". Questa affermazione mi ha riportato a un momento del mio primo incarico da insegnante.
Ce lo racconti.
Il 1 settembre del 2006, l'anno della svolta, finalmente entravo in una scuola come professoressa. Mi presento al mio primo dirigente nella scuola di Pisciotta in cui avrei dovuto insegnare. Mi accolse nel suo ufficio per la prima volta, infuriato per altre ragioni, pronunciando proprio la stessa frase: "Benvenuta nella fossa dei leoni". Rimasi con questa mano tesa, interdetta, perché la cosa era molto diversa da come me la fossi immaginata.
Il 1977 è un anno in cui eri una studentessa. Cosa si prova a stare dall'altra parte della cattedra?
Sì, nel 1977 ero in terza media e infatti sono andata a riprendere gli stessi libri che ho usato nel triennio delle medie per preparare la parte di matematica del sussidiario prendendo ispirazione da quei testi. È stata una coincidenza che dal punto di vista emozionale mi ha preso molto, mi sono rivista nei ragazzi che avevo davanti.
Quando si parla del Collegio si dice sempre che i ragazzi recitano. Crede che la conoscenza delle dinamiche del programma possa inficiare la loro condotta?
Arrivano preparati dalle edizioni precedenti e non vogliono essere da meno a chi li ha preceduti. Si organizzano tra loro e un denominatore comune è far perdere le staffe alla Petolicchio. Penso però che la cosa valga solo all'inizio, posso garantire che con il tempo i ragazzi escano per ciò che sono realmente. Alla fine prevale la spontaneità, vengono fuori con la loro personalità. Questo conferma la validità dell'esperimento sociale. Per quanto uno voglia prepararsi, le maschere cadono e ognuno, compresi noi professori, emergono per ciò che sono. Credo il successo del programma sia dovuto al fatto che non è percepito come artefatto.
Ha menzionato il successo, è una cosa che condiziona la tua vita o coesiste con il tuo quotidiano?
Coesiste alla perfezione, l'espressione è calzante. Pensi che mio marito mi dice di percepire la cosa come non fosse mia. Si parla di un certo clamore attorno alla mia persona, ma è una cosa che io vivo molto serenamente. Vengo riconosciuta, nel posto in cui vivo è conclamata.
Il suo micromondo la tutela, ma cosa accade quando esce fuori dalla bolla?
Non ci sono mai problemi, ma ad esempio pochi giorni fa mi è capitato di fare una sostituzione in una classe che non fosse mia e lì c'è stata una mezza rivoluzione. Non essendo miei alunni non credevano ai loro occhi, mi hanno riempita di domande, chiesto autografi. Volevano addirittura fare delle foto, ma gli ho detto che non era possibile. Questo per dire che nei ragazzini, spesso, vedo ancora uno stupore, una gioia che talvolta mi fanno riflettere.
Al Collegio trova colleghi professori che sono a tutti gli effetti amici. I colleghi veri cosa ne pensano?
Qualche tempo fa se ne parlava di più, ma forse tutto questo clamore ha spento le discussioni. Ci sono persone che fanno finta di non saperlo, altre che condividono con me questa gioia e questa emozione. E poi ci sono altri che… (sorride, ndr).
Immagino siano po' giudiziosi e scettici.
Diciamo che c'è una fascia di persone che vede poco la Tv, che non è attratta, così come una fascia di persone introversa che non verrà mai a dirti di aver visto il programma e commentare.
Crede che critichino il programma sotto il profilo deontologico?
Non saprei, ma dal punto di vista deontologico dobbiamo dircela tutta: quello è uno spaccato di società che comunque esiste. Perché recriminare? Determinati comportamenti dei ragazzi non si verificano solo in Collegio a causa dei riflettori. Molti colleghi di scuola superiore mi dicono che loro il Collegio lo vivono nel quotidiano. È chiaro che televisivamente vengano montate certe cose e altre no, ma non penso che questo programma screditi il mondo della scuola.
Usciamo un attimo dal programma. Il sistema scolastico italiano, nella vulgata comune, è considerato costantemente in crisi: lei è d'accordo?
Dirò forse una cosa in controtendenza, ma io personalmente non mi sento in crisi. Entro in classe con la gioia nel cuore, mi sfugge il tempo dalle mani, finisce la lezione e i ragazzi mi dicono dispiaciuti "è passata già l'ora?". Fino a che questo accadrà, io farò questo lavoro con passione. Probabilmente non starò facendo un discorso sistemico, ma per me la scuola resta un luogo che mi fa stare bene e non è un luogo in crisi. Credo anche che, anziché lamentarci, bisognerebbe lavorare per migliorare il sistema e smettere di guardare solo il bicchiere mezzo vuoto.
Immaginiamo Il Collegio nel 2035: pensa a una Petolicchio in pensione?
Prima o poi la Petolicchio dovrà andare in pensione. Diciamo che se in Rai decideranno di volermi pensionare al Collegio, mi vedo già a brindare con i miei colleghi dietro a una bella torta di festeggiamento. Sarei comunque contenta di questa parentesi che è ed è stata magnifica. E comunque del pensionamento una volta ne parlai con il capo progetto.
Che cosa le rispose?
Sorridendo mi disse che ce l'aveva già davanti agli occhi la scena del pensionamento della Petolicchio.
Non si è annoiata di fare questo programma?
Affatto. Più andiamo avanti nelle edizioni e più mi sento emotivamente presa. Lo dico con stupore perché non me lo sarei aspettata.