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Gubitosi: “Rai non sia schiava di politica e pubblicità”

Il direttore generale Rai ha dettato le linee guida dell’azienda in questo nuovo ciclo cominciato con il suo arrivo e quello del presidente Anna Maria Tarantola: abbandonare l’idea che a governare siano politica e pubblicità. Poi parla anche di Mission, affermando che prima di criticarlo ne visualizzerà la sostanza, che nessuno, tantomeno lui, ha ancora potuto vedere.
A cura di Andrea Parrella
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Luigi Gubitosi ha lasciato quest'oggi un'intervista a Repubblica nella quale ha ribadito a parole quelli che sono stati prefissati come gli obiettivi principali all'origine della sua esperienza di direttore generale in Rai (cominciata da poco più di un anno) ed ha tirato anche le somme, oltre che delle conclusioni, inerenti il tema del discusso format Mission, al netto delle polemiche che da due mesi sono incentrate sul programma. Interesse minore verso l'aspetto pubblicitario, uno sguardo rivolto prevalentemente alla qualità, attraverso la quale riuscire a trovare soluzioni che rendano possibile il coniugarla con le entrate:

Mi permetto di parlare anche a noma della presidente Anna Maria Tarantola, noi non ci faremo né intimidire dalla politica né condizionare dalla pubblicità. Questa è la missione aziendale. Se riusciremo a fare programmi di qualità, non mi preoccuperò tanto di perdere ascolti. Certo è che dobbiamo abbandonare la strada di una certa produzione trash e riprendere quella della tradizione culturale, a partire dal teatro

Della partita non poteva non essere la questione nata in questa settimana, alla quale ha dato risposta anche Enrico Mentana, ieri, su Facebook, relative al logorarsi della formula del talk show politico, i cui risultati, indipendentemente dalla rete, questa settimana non paiono aver registrato grandi risultati: "Quello è un format che si sta cercamente logorando. Capisco la stanchezza dei telespettatori. I talk show riflettono una politica che divide e a loro volta alimentano le divisioni. E’ un circolo vizioso in cui imperversa un linguaggio sempre più distruttivo. Noi in Rai durante l’estate abbiamo già fatto un tentativo con le quattro puntate di Petrolio, il programma di Duilio Giammaria sul patrimonio dei nostri beni culturali. Ed è stato senz’altro un esperimento riuscito. Su questa linea, stiamo studiando una serie di trasmissioni sul rapporto fra Italia ed Europa, anche per stimolare l’orgoglio nazionale e suscitare l’emulazione. Poi, ci occuperemo dell’Expo 2015 di Milano. Una nuova programmazione culturale è prevista su Rai5, mentre abbiamo affidato a Silvia Calandrelli un ciclo di puntate sulla Storia. Vogliamo contribuire, insomma, a far crescere il gusto del pubblico”.

Infine si può dire essenziale il chiarimento sulla vicenda di Mission, il "reality" che vedrà alcuni vip rendersi utili in un campo profughi e sul quale la politica si è non poco spesa quanto a discussioni. Tende ad azzerare l'intervento preventivo della politica e ad attendere di poter visualizzare il prodotto per poterlo giudicare:

Si tratta di social tv. E non ho difficoltà a dire che far visionare il programma in anticipo alla Commissione parlamentare di vigilanza sarebbe una forma di censura preventiva, in contrasto con l’articolo 21 della Costituzione. Per il momento Mission è un programma che nessuno ha visto – nemmeno io! – perché ancora non c’è materialmente: al montaggio, tra l’altro, parteciperà anche un esponente del Commissariato Onu sui rifugiati. Prima di mandarlo in onda, lo visioneremo attentamente e poi sarà il pubblico a giudicare. Trovo incredibile che della Commissione di Vigilanza faccia parte un senatore (Maurizio Rossi di Scelta Civica) che è proprietario di una tv privata, è in palese conflitto di interessi e ciò nonostante chiede alla Rai i contratti, i compensi e i dati sensibili che impattano sulla concorrenza

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