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Guardare Porta a Porta togliendo l’audio è un gesto poco coraggioso

Le seconde serate di Rai Uno, così come di Canale5, in termini d’orario, non esistono più. Vale lo stesso per il pre serale e per la prima serata. Tutto confuso e mischiato in unico concentrato che culla lo spettatore sino a che questi non giunga al meritato sonno.
A cura di Andrea Parrella
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Ho provato a guardare Porta a porta senza audio e non è cambiato niente. Ho provato a guardare solo le figure agitanti di Michela Vittoria Brambilla e Matteo Colaninno, di Bruno Vespa stesso e di Stefania Sandrelli (senza audio la si potrebbe spacciare per una ex presidente della camera se non fosse che era lì per parlare della sua fiction, Una grande famiglia, in questi giorni su Rai Uno). Si agitavano, ma non troppo, il tono sembrava pacato e tranquillo, avevano tutti dei bei vestiti, candidi e immacolati. Col mio gesto non credo d'aver influito molto sul rapporto tra spettatori e contributo informativo minimo garantito. In questo rapporto l'approccio giornalistico di Vespa non ha molta influenza, per un semplice motivo: nel milione e passa di spettatori che vanta Porta a porta ogni sera, bisognerebbe fare una giusta divisione tra i dormienti e gli astanti coscienti. Causa l'orario, non per forza Vespa, per quanto i suoi detrattori lo credano.

Che le abitudini degli italiani siano quelle di un popolo abituato a dilatare i tempi serali di cena e dopocena è una mezza verità. Al sud questa abitudine è più riscontrabile che al di sopra della linea Rimini – La Spezia. Eppure le reti, perlomeno le "ammiraglie", hanno accolto a pieno questa commistione tra pre-serale, prime time e seconda serata, amalgamandoli con dei tagli alla spesa che hanno raccolto tutto su uno stesso treno merci. Quello con destinazione sonno. E' singolare notare come Bruno Vespa (giusto per citarne uno diverso) intervenga due volte, con un minispot intorno alle 22:45, poi con un'anticipazione al termine della "prima serata", prima di iniziare il suo programma, questo solo dopo il tiggì. Singolare lo è perché alla sua prima Epifania c'è chi stia già dormendo. Oramai non ci si prova nemmeno più a scervellarsi sul perché il cosiddetto access time, per intenderci quello dedicato a giochi come Affari tuoi o il suo corrispettivo, Striscia la notizia, si sia allungato fino ad un abituale e non più clamoroso limite delle 21:30.

Si potrebbe pensare, in particolare per le reti ammiraglie di Mediaset e Rai, le quali dettano legge in questo ambito, che il miglior traino per la prima serata non potesse essere che un telegiornale. Ma ecco la svolta di questo ragionamento: e se le reti, in uno slancio di lungimiranza, hanno scelto di imbarcarsi nella sfida del pre-serale pensando fosse l'unico modo per motivare una tendenza al gusto per l'orrido e l'inutile che i loro Tg avrebbero assunto, progressivamente, nel corso dell'ultima decina d'anni? Avranno pensato che quello che non si diceva nei Tg l'avrebbero detto subito dopo. Progetto sfumato per Rai Uno, perché i giochi serali più che informare illudono; presupposto che invece Canale5 ha provato a rispettare, in quanto Striscia resta uno degli ultimi avamposti di informazione pura, a dispetto del marchio Drive in di cui si fregia.

Dunque si giustificherebbe il sonno in quanto unico contenuto. Le prime serate delle reti ammiraglie sono, per buona parte delle volte, un agglomerato soporifero di attese. Guardo il tg in attesa che inizi questo, guardo questo aspettando che inizi codesto, guardo codesto attendendo che prenda il via quest'altro. Sempre in attesa di qualcosa. Poi si cade improvvisamente in un sonno obbligatorio, senza che al mattino dopo si abbia modo di infastidirsene: non ci si è persi nulla e, comunque, è già ricominciata l'attesa. Cullarci, in attesa del sonno, questo sarebbe il progetto.

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