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Fate una ola per L’ultima parola

Gianluigi Paragone, impegnato nella “giustificabile” riabilitazione mediatica del suo partito di riferimento, mette in piedi uno scenario con troppe ovazioni e scarsi contenuti.
A cura di Andrea Parrella
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Gianluigi Paragone è un volto significativo di Rai Due, specie da quando quest'ultima pare essere passata sotto l'egida leghista. Un fatto noto, nessuna insinuazione. In quanto incaricato a dare più peso alle ragioni di una parte, il vicedirettore sarebbe impegnato in questi giorni a smorzare i toni con cui si inveisce verso il partito che lì l'avrebbe voluto (per una opinione a 360 gradi sulla vicenda, è da leggere l'editoriale di Adriano Biondi, Cosa resterà della Lega Nord?). C'è una certa logica in questo, si risponde al fuoco nemico con le stesse armi. Nemmeno la faziosità di Paragone sarebbe un problema, in quanto a prendere una parte con sincerità non c'è nulla di male, denoterebbe al contrario personalità. La questione diviene problematica se la faziosità è imposta dall'alto e se viene somministrata per vie subliminali. Insomma, si ritorna ai malfunzionamenti endemici, cancerogeni, della struttura aziendale Rai.

Conseguenza estrema è L'ultima parola (Rai Due, venerdì, seconda serata) che si accolla il compito di sostenere una parte che è lecito sorreggere solo per cultura del menopeggismo, quell'atteggiamento tendenzialmente parlamentare del tutti fanno, quindi facciamo pure noi e siamo giustificati (vero è che noi elettori facciamo ben poco per debellare questo morbo). Sarebbe lecito sorreggere la parte leghista perché varrebbe la pena aprire gli occhi sul lerciume da cui le invettive ai leghisti vengano alimentate con vigore in questi giorni; si potrebbe giungere alla sconvolgente verità che non sia meno lercio dell'obiettivo cui le invettive siano rivolte. Ecco un esempio di menopeggismo. Solo, servirebbero i contenuti, una posizione più definita che coincida con una struttura originale della trasmissione, senza vincolarsi ai dettami di un banale talk show politico. Qui, purtroppo, il tonfo è solenne e rumoroso. Si sottolinea che il giudizio non è politico.

La legge della puntata di questa settimana era strutturata in due comma: ordinare al pubblico di esultare e applaudire ogni qualvolta (più o meno a intervalli di quindici secondi), pur dal nulla, pur senza motivo, venisse fuori il raggruppamento di parole "rimborso elettorale ai partiti", magari pronunciato con tono contestatorio; imporre agli ospiti in studio di trattare quell'argomentazione un minimo di tre volte cadauno, magari esposto con tono contestatorio, pena il gettone di presenza negato. In sintesi, tono contestatorio. Diventa quindi straziante assistere al teatro delle due fazioni urlanti, l'una contro l'altra armate, caldeggiate da un pubblico equo e solidale, che distribuisce ovazioni confuso da per chi e per cosa ne stia producendo. L'ultima parola, per un gioco di equilibri innaturali, dunque squilibrati, è ciò che tenta di normalizzare l'assurdo, divenendo grottesco, senza avere grosse colpe. Questa natura contraddittoria stimola la seguente domanda: sarà poi così diverso dallo spot che invita la gente a giocare… ma a farlo responsabilmente?

P.s. Più o meno alla stessa ora, o poco più tardi, su Mediaset extra, andavano in onda edificanti repliche di Sarabanda, col fenomeno Max, misterioso campione in mascherina. In quanto a ovazioni eravamo più o meno a pari livelli.

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