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Ema Stokholma: “Mia madre era violenta e mi accusava di andare a letto con mio padre”

Ema Stokolma è stata ospite nel programma di Rai1, Oggi è un altro giorno, condotto da Serena Bortone. La deejay francese ha raccontato il lungo percorso fatto per poi stabilirsi in Italia, dopo anni di soprusi e sofferenze che ha dovuto subire dalla madre sin da quando era piccolissima. “Le violenze te le porti dietro per sempre” ha dichiarato nel corso della lunga intervista in diretta tv.
A cura di Ilaria Costabile
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Ospite del programma pomeridiano di Rai1, Oggi è un altro giorno, condotto da Serena Bortone, è stata la deejay e speaker radiofonica francese Ema Stokholma. In una lunga e toccante intervista con la giornalista ha raccontato il percorso che l'ha portata ad essere la donna che è oggi: felice della sua vita, ma con un bagaglio di sofferenza.

Le violenze da parte della madre

L'infanzia di Ema Stokholma è stata tutt'altro che semplice e più volte le è capitato di raccontare i soprusi, tanto fisici quanto psicologici, che quotidianamente ha dovuto affrontare sin dalla tenera età, quando il rapporto con sua madre era già particolarmente incrinato: "Le violenze avvenivano tutti i giorni: non ho ricordi di affetto, di carezze e baci sulla guancia. Erano violenze anche psicologiche. Io non sopportavo più". La certezza di essere parte di un qualcosa di decisamente più grande di lei, dal momento che la madre manifestava spesso il suo malessere tra le mura domestiche, era diventato un appiglio tale da permetterle di non farsi sopraffare da queste violenze giornaliere:

La fortuna è stata che mia madre mi accusava di cose talmente assurde che io capivo che non ero io il problema. Mi accusava di andare a letto con mio padre. Avevo la consapevolezza che non ero io il problema, la salvezza è stata anche un po’ questa, l’avere la consapevolezza che non ero io in colpa

I tentativi di fuggire

Più volte, nel corso della sua adolescenza Ema ha cercato di abbandonare la casa dove viveva insieme a sua madre che non le ha risparmiato anni di dolore, tirannie e ricatti psicologici che, solo con il tempo, si sono stemperati permettendole di essere la donna che è oggi. Eppure, quando ancora non aveva la possibilità di badare totalmente a sé stessa, il suo primo istinto è sempre stato quello di fuggire:

Ogni volta che scappavo di casa (e dalla violenza di mia madre) mi riportavano a casa, la mia sofferenza sembrava non volere aver fine. Il pericolo, nel mio caso, era in casa. Io pensavo di essere come mia madre (che mi picchiava). La rabbia, ho capito in analisi, era per papà. Le violenze psicologiche te le porti avanti fino a quando non vai in analisi.

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