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ATP Finals Torino 2024: news sul torneo di tennis

Elena Pero: “Il tennis andrà oltre Federer, l’Italia può sperare di essere il futuro”

La voce storica del tennis di Sky Sport racconta a Fanpage.it la vigilia delle ATP Finals 2021 di Torino. Gli anni con Tommasi e Clerici, la stagione d’oro Federer-Nadal-Djokovic e la scarsa visibilità delle donne nel tennis: “Per formazione culturale in Italia lo sport femminile ‘non acchiappa’”.
A cura di Andrea Parrella
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Prenderanno il via domenica 14 novembre le NITTO ATP Finals 2021 di Torino, prima edizione in Italia dell'ultimo torneo di tennis della stagione. Sky Sport racconterà a fondo l'evento (qui tutta la programmazione), con l'intenzione di mettere il tennis tra gli sport centrali della propria offerta in questa stagione di cambiamento radicale. Protagonista sarà senza dubbio Elena Pero, voce storica del tennis in Italia che da anni narra, affiancata da Paolo Bertolucci, le gesta di Wimbledon e alcuni dei più importanti tornei della stagione. Una carriera interamente segnata dalla frequentazione di questo sport che, dopo una stagione d'oro con campioni che hanno battuto ogni record, si affaccia su una fase altrettanto entusiasmante, in cui i protagonisti del circuito potrebbero parlare italiano. Elena Pero ha raccontato le Finals in questa intervista a Fanpage.it

Questo evento arriva in Italia in un momento di grande fermento per il movimento tennistico nazionale. Una nuova alfabetizzazione è possibile?

L’attenzione crescente si percepisce e sicuramente non è legata solo alle Finali. La cosa bella sarebbe tirare la gente via dal divano e riconoscere che questo è uno sport bello da vedere, ma anche da fare. Spero arrivi questo dal momento che stiamo vivendo, lo sport dobbiamo farlo, al di là dei protagonisti italiani. Dobbiamo sperare che vengano messe a posto le palestre nelle scuole, che lo sport sia considerato una materia formativo quanto l’ora di grammatica.

Oggi l'Italia del tennis ha potenziali campioni, quanto contano i simboli per il racconto di uno sport?

Non sono il solo fattore, ma contano moltissimo. Prendiamo l'esempio della vittoria della Davis nel ’76, aveva reso questo sport molto popolare nonostante fino a quel momento fosse stato vissuto come sport per ricchi, con attrezzature costose, un contesto in cui non puoi tirare un semplice pallone per strada. Dopo quell’evento era cresciuto, ma poi ci si è fermati perché sono i campioni che aiutano a propagare la popolarità di uno sport.

Eppure abbiamo avuto grandi tenniste negli anni scorsi, con l'apice di Schiavone e Pennetta che hanno vinto Roland Garros e US Open.

Sì, ma purtroppo si paga un po’ la formazione culturale del nostro paese secondo cui lo sport femminile non è dirompente, non “acchiappa” e coinvolge meno di quello maschile. Adesso speriamo che con questa esplosione di ragazzi si riesca a cavalcare questo entusiasmo, che non si ripeta quel navigare sotto traccia degli anni '80 e '90.

Nel pensare che probabilmente non racconterai più le gesta di un tennista come Federer che sensazione provi?

Onestamente? Nessuna. Federer è assolutamente eccezionale, non credo si possa replicare o sostituire, ma ci facevamo gli stessi discorsi quando capivamo che non avrebbero più giocato Sampras e Agassi, protagonisti capaci di scavalcare con la loro immagine i confini dello sport. Prima di loro forse ci erano riusciti solo Borg e McEnroe.

Non c'è il rischio di un trauma dopo questa età dell'oro?

C’è stata una rivalità Federer-Nadal che ha polarizzato il tifo anche in Italia. Poi è arrivato Djokovic che ha messo d’accordo i tifosi di questi due. Loro tre hanno colpito l’immaginario della gente in modo incredibile. Ora che i primi due sono anziani e non sappiamo quanto giocheranno, abbiamo però la speranza che i nuovi idoli siano italiani. Magari Federer smetterà presto di giocare a breve, ma per il pubblico c'è l'augurio di identificarsi in qualcuno che parli la nostra lingua.

In uno sport individualista come il tennis credi sia possibile un affetto patriottico?

Ogni partita di tennis è un romanzo, l’aspetto della nazionalità conta meno. Per quanto riguarda l'Italia, credo ci sia una generica tendenza alla scarsa pazienza e all'incapacità di guardare le cose nella loro complessità. Si vive molto di istinti, si critica e ci si affeziona in modo troppo affrettato. Secondo me dovremmo educarci ad un approccio più obiettivo e meno da tifoseria, distaccarci da quella superficialità che molto ha segnato l'era Federer-Nadal-Djokovic

Eppure siamo abituati all'idea che senza tifo non ci siano margini di successo per uno sport.

Sarebbe bello se potessimo mostrare sempre la parte migliore di noi.

In questo periodo si parla anche di rivedere le regole del tennis, limitare la durata della partite per attrarre più pubblico. Sei d’accordo?

In parte. È giusto non fossilizzarsi e provare a cambiare, penso alle Next Gen di questi giorni in cui ci saranno molti esperimentni. Però è anche vero che i match che passano alla storia, quelli che tutti ricordano, sono le grandi lotte. Ridurre tutto ai 3 set impedirebbe di vivere quella dilatazione della storia di una partita necessaria in uno Slam. È sensato provare a cambiare aspetti come i 10 minuti per andare in bagno tra un set e l’altro, le polemiche su quello sono legittime ed evidenziano una contraddizione, ma una partita del Grande Slam da 5 set credo incarni lo spirito di questo sport.

Sei a tutti gli effetti la voce del tennis in Italia. Avverti una responsabilità maggiore in questa stagione in cui la portata del tennis si ingrosserà?

Sicuramente se lo sport diventa più popolare è anche per la linfa che dà chi quello sport si incarica di raccontarlo. Io ogni volta che mi ritrovo in contesti come questo delle Finals percepisco sempre una strana sensazione, quasi fosse troppo. Sul peso della responsabilità provo a non pensarci. Ricordo quando ho iniziato nel 1991 a Tele+ e quello che ho imparato dalle persone che hanno avuto la pazienza di farmi lavorare – Rino Tommasi, Gianni Clerici, Roberto Lombardi – è che man mano che si va avanti tutto diventa più facile. 

Il tennis attraverso i sociali si sta dimostrando “parcellizzabile” e distribuibile in chicche, momenti particolari. A dimostrazione che questo sport può essere pop.

Ma lo è certamente, anche perché i suoi personaggi sono ormai pop. Abbiamo parlato solo degli uomini, ma Serena Williams ha uno stuolo di seguaci enorme, così come Naomi Osaka, pur essendo silenziosa e poco espansiva sul campo. Quello che credo resti un privilegio del tennis è che, pur essendoci tifoserie, il racconto di questo sport resta libero e svincolato da condizionamenti. I nostri commentatori possono dire “oggi Sinner ha giocato davvero male”. È una possibilità che non vale per altri sport.

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