Elena Capparelli: “RaiPlay non è una succursale della Tv, qui passa la rivoluzione culturale”
La parola RaiPlay ha fatto solo di recente il suo ingresso nel nostro vocabolario. Ma che cos'è? Un nuovo canale? Posso vederci anche Rai1? Ci sono le repliche delle puntate? La piattaforma streaming della Rai ha abbattuto un muro gigante di pregiudizi per farsi comprendere e ci è voluto Fiorello per far capire agli italiani cosa fosse. Oggi non è solo il posto dove vedere la Tv se hai problemi all'antenna, o rivedere l'episodio che avevi perso, ma soprattutto una piattaforma con una sua proposta editoriale e un compito. Ce lo spiega la direttrice, Elena Capparelli.
Direttrice, vi preparate all'estate con lo speciale The Jackal ad Euro 2020 e venite da un anno in cui avete "salvato" i conti di Sanremo. L'Eurovision, inoltre, è stato trionfale in tutti i sensi.
Il 23 maggio, quando i Maneskin hanno vinto, è stato un altro grande giorno per RaiPlay. L’offerta di clip proposta sulla piattaforma è stata molto apprezzata da un pubblico particolarmente giovane, il 50% di età inferiore ai 45 anni, e abbiamo registrato oltre 110 mila ore di visione dell'evento, con 1,2 i milioni di stream on demand per la manifestazione. Il video con la proclamazione dei vincitori ha avuto oltre 340 mila stream, più di 240mila per l’esibizione di Zitti e buoni.
Tutto questo a margine di un anno assurdo, in cui la pandemia ha fatto esplodere definitivamente le piattaforme streaming.
Sì, è un dato di fatto. Il Covid ha moltiplicato il consumo di una piattaforma come la nostra, basta considerare che attualmente il 60% degli italiani dai 2 anni in su si connette ogni giorno.
Lei ha preso il comando di RaiPlay quando era ancora in una fase primordiale, cosa è cambiato oggi?
La svolta importante che ho vissuto da direttrice in questi anni è che l'Amministratore delegato Salini ha voluto una funzione editoriale per RaiPlay. L'operazione fatta con Fiorello e VivaRaiPlay! è stata determinante. I più di 20 milioni di applicazioni scaricate negli ultimi due anni ci dicono tanto, se consideriamo che 10 milioni riguardano le smart Tv. Questo è un dato che testimonia la nostra capacità di intercettare il consumo non lineare e averlo riportato sugli schermi grandi. Secondo me è avvenuta una rivoluzione culturale che ha visto coinvolti tutti, abbiamo creato una possibilità in più per il nostro Paese.
E oggi RaiPlay deve decidere che fare da grande. Cosa si aspetta dai prossimi anni?
L'obiettivo dovrà essere stare al passo coi tempi rispetto alle abitudini di consumo, rendere pervasiva la presenza dei contenuti Rai destinati a un determinato target in quel momento preciso in cui vuole fruirne. E soprattutto occupare quello spazio che non è la fruizione lineare della Tv, per avvicinarci a spettatori più giovani che la televisione la guardano diversamente. O probabilmente non la guardano.
Intercettare e dettare le tendenze, sono i doveri del servizio pubblico. Ma le due cose possono coesistere?
Per RaiPlay sono inscindibili, anzi penso che questo sia esattamente l'elemento che ci differenzia. Come servizio pubblico resto convinta che giochiamo una partita tutta nostra, senza concorrenza. Oggi abbiamo 4200 contenuti su piattaforma, di cui 1200 film, così come tutto l'archivio delle teche. Siamo riusciti a creare una possibilità di intrattenimento oltre la Tv lineare a tutti i pubblici interessati. Abbiamo lavorato sui contenuti originali cercando di portare anche una visione, investendo sul racconto della generazione Z. Vedere che oltre il 50% del pubblico registrato a RaiPlay ha meno di 44 anni è una soddisfazione.
Parla di assenza di concorrenza, però gli ascolti, i chi vince e chi perde, i top e flop sono fondamentali per la vita della Tv. Alle piattaforme streaming manca questa possibilità narrativa perché trovare vincitori e sconfitti è più complicato, visto che i dati non sono lineari.
Oggi gli strumenti esistono, Auditel online misura quotidianamente gli editori. Ma è vero quello che dice, i dati televisivi possono essere letti in modo lineare, in sovrapposizione tra due programmi che vanno in onda alla stessa ora, mentre per i dati delle piattaforme non basterebbero nemmeno le tre dimensioni. Tempo di permanenza in piattaforma, durata, tipo di prodotto, titolo singolo, i parametri da considerare nell'audience digitale sono svariati e difficili da confrontare con la lettura del dato "qui e ora".
Un prodotto che va in onda in Tv, potrebbe avere una vita diversa su RaiPlay?
Sta già accadendo. Penso a Una Pezza di Lundini, tra i casi televisivi dell'anno, operazione splendida di Rai2. Questo programma dimostra che la televisione lineare può essere luogo di contaminazione tra linguaggi. La vita su RaiPlay di Una Pezza di Lundini è parcellizzata, spezzettata, perché è il programma ad essere costruito con quella logica. Non trovo casuale che i fruitori del programma su RaiPlay abbiano per il 60% meno di 35 anni.
Si immagina che la piattaforma, un giorno, possa rimpiazzare definitivamente la Tv tradizionale?
Io penso che la televisione lineare abbia ancora una centralità imprescindibile, ma c'è anche una domanda diversa, restia all'utilizzo della Tv come strumento, alla quale ritengo che il servizio pubblico debba guardare in prospettiva.
Aprire RaiPlay significa ritrovarsi davanti a una varietà sconfinata di contenuti. Nel territorio dello scegli quello che vuoi e quando vuoi può esserci spazio per un'idea di palinsesto, qualcuno che ti dica cosa e quando vederlo?
È quello che proviamo a fare. Conosciamo molto bene i nostri contenuti e l'obiettivo della proposta editoriale è valorizzare l'archivio. Faccio un esempio: nel triste giorno della recente scomparsa di Franco Battiato abbiamo lavorato alla realizzazione di una playlist di sue apparizioni presenti nei nostri archivi, così da mettere a disposizione la nostra conoscenza ad un pubblico che magari non sa quale domanda fare a un motore di ricerca. Recentemente con Ossi di Seppia è stato fatto un grande lavoro di ricerca e valorizzazione del nostro materiale d'archivio. Ha superato il milione di visualizzazioni, che per il genere doc secondo me è un enorme risultato.
Molti prodotti originali Rai Fiction in esclusiva su RaiPlay sono destinati ai giovani. Penso ai casi Mental e Nudes.
Sono due prodotti con i quali siamo stati in grado di raggiungere il pubblico di ragazze e ragazzi. Lo abbiamo fatto parlando di un fenomeno come il revenge porn, che non è affatto semplice. Raccontiamo certe dinamiche senza giudicare, ascoltando carnefici e vittime, che spesso si scambiano. Oltre all'alfabetizzazione digitale crediamo in una alfabetizzazione emotiva dei giovani alla quale vogliamo contribuire.
La Tv è per gli anziani, lo streaming per i giovani. Così RaiPlay non rischia di essere eterna succursale dei tre canali televisivi?
Anche su questo tema un passo in avanti è stato fatto. Prima eravamo soprattutto una piattaforma per vedere in diretta e rivedere. Oggi al nostro ruolo è stato aggiunto il tassello da editore e non è un caso che secondo i nostri dati siamo più forti sull'on demand che sul live, questo ci dice che andiamo nella giusta direzione. Penso che RaiPlay possa dare una nuova vita a ciò che la televisione produce, perché un contenuto diventa pervasivo se assume una forma differente a seconda dello strumento attraverso cui lo stiamo guardando. Per questo penso che RaiPlay sia sempre meno ancillare e il suo ruolo di cerniera tra le generazioni sempre più centrale. Oggi andando in strada e chiedendo cosa sia RaiPlay, la gente non ti guarda più in modo stranito.
Siete il simbolo del rinnovamento di questa azienda invocato da tempo. Di questi tempi si parla molto di Rai e censura. RaiPlay può scardinare questo tabù?
Ho lavorato sia in reti generaliste che in reti specializzate Rai e oggi, con questa opportunità di RaiPlay, tengo conto di quelli che sono i codici del servizio pubblico. Lavoro con grandissima libertà sui contenuti e grande attenzione agli artisti e agli autori. Abbiamo osato in campo comico, penso al caso di Paese Reale con Edoardo Ferrario, o con scelte di serialità che trattano temi molto duri, ad esempio "Pure", che racconta la vicenda di una ragazza affetti da disturbi ossessivo-compulsivi. In tutti i ruoli ho sempre esercitato la totale autonomia senza abdicare al ruolo di editore. Questa cosa con la censura non ha nulla a che fare.