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E’ scontro tra Mediaset e Financial Times

Il giornalista Tony Barber aveva accusato Mediaset di produrre contenuti politicizzati, privi di immaginazione e zeppi di veline “svestite”. Sky in crescita al +4%
A cura di Fabio Giuffrida
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All'estero non abbiamo una buona reputazione, questo è risaputo. I corrispondenti in Italia dei principali quotidiani esteri non hanno mai parlato bene dell'Italia, e forse non si sbagliavano, anche se spesso hanno finito per ergersi a deus ex machina, quasi a voler bacchettare il nostro paese, dimostrando la loro superiorità. Con gli scandali dello scorso anno, primo fra tutti il bunga bunga e poi le dimissioni del Premier Silvio Berlusconi che hanno chiamato a raccolta tv da tutto il mondo, l'Italia non ha più una buona reputazione. E' Tony Barber, noto giornalista del Financial Times, a scatenare la reazione del Presidente di Mediaset Fedele Confalonieri. L'offerta televisiva del Biscione era stata definita "priva di immaginazione", zeppa di programmi con "veline svestite" e con un'informazione "politicizzata". Eppure sia Giovanni Toti alla guida del Tg4 sia Alessio Vinci conduttore di "Matrix" hanno rivendicato la loro libertà di stampa, asserendo di non aver mai subito pressioni, anzi.

Mediaset in caduta libera, questo ne esce fuori dall'articolo del giornalista del Financial Times che dà spazio anche a dati finanziari. E' l'occasione giusta per ribadire l'ascesa di Sky Italia con la sua pay tv che in termini di qualità ha sbaragliato ogni concorrenza, offrendo un bouquet di contenuti, dai match calcistici ai film in prima tv, di ottima qualità. Peccato che Sky sia indirizzata ad un target di telespettatori paganti e quindi agiati. Sky dunque può contare sull'appoggio economico dei suoi telespettatori attraverso un abbonamento mensile, oltre che sugli investimenti pubblicitari; stesso discorso può valere per la tv di Stato che si sostenta anche con il canone annuale, purtroppo assai evaso in Italia.

Mediaset deve far affidamento soltanto sulle pubblicità. Eppure, anche se la qualità dei programmi a volte lascia a desiderare, ha segnato una svolta nel nostro paese con un imprenditore che, seppur a volte per far valere le proprie convinzioni politiche, ha osato sfidare la Rai per creare un'offerta televisiva "alternativa". Fedele Confalonieri infatti non ci sta e ribatte con una breve lettera per difendere Mediaset, i contenuti prodotti dal Biscione e quindi per valorizzare l'immagine della sua azienda anche all'estero. Facile parlare da una scrivania di redazioni giornalistiche distanti dal territorio italiano:

La tv generalista italiana, pubblica e privata, ha una ricchezza e una completezza di offerta superiore a quella media dei broadcaster mondiali. Basta guardarla per prenderne atto. Oltre alla massiccia produzione domestica – fiction, intrattenimento, tg e programmi d’informazione – acquistiamo e trasmettiamo tutti i principali format d’intrattenimento internazionali, tutti i grandi eventi sportivi, tutti i film e le serie tv delle major anglosassoni. Non c’è praticamente successo televisivo offerto nel mondo che non arrivi ai telespettatori italiani della tv generalista gratuita, grazie al lavoro di migliaia di dipendenti e professionisti italiani del settore […] Qui non c’entra la politica, l’economia o la cultura. C’entra un’arroganza che sfiora un razzismo simile a quello de “Il fardello dell’uomo bianco” di Rudyard Kipling. Il signor Kipling parlava dell’Inda del 1899, ma il signor Barber invoca la civilizzazione dell’Italia nel 2012 ed ha un’idea precisa di chi la porterà: la tv di Rupert Murdoch.

Mediaset che risponde al Financial Times fa capire come tutti i colossi tv in questi mesi cerchino di salvaguardare la propria baracca perchè con l'arrivo del digitale terrestre tutto cambierà (e sta cambiando). E presto la situazione potrebbe evolversi con la vendita delle frequenze televisive nazionali ai grandi gruppi editoriali anche se Mediaset potrebbe non partecipare all'asta: avrebbe preferito di gran lunga il beauty contest. A svuotare le casse degli editori anche la crisi economica che ha causato un calo notevole degli introiti pubblicitari, oltre che la frammentazione degli ascolti dovuta alla proliferazione dei canali. Dal monopolio all'oligopolio dunque. Sky, che potrebbe essere interessata all'asta delle frequenze, ha registrato nel terzo trimestre un utile in crescita di 23 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il fatturato è cresciuto del 4% anche se gli abbonati sono 86 mila in meno.

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