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Don Mazzi: “Fabrizio Corona va curato, non deve stare in carcere”

Don Mazzi sembra essere l’unico che continua a difendere Fabrizio Corona, anche dopo il suo ritorno in carcere e le nuove accuse. “I problemi di Corona non si possono risolvere in galera”, dice il sacerdote a Mattino 5, “Il Corona che va in tv fa ridere, con uno psichiatra sarebbe cambiato”.
A cura di Valeria Morini
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La questione Fabrizio Corona in questi giorni è al centro del gossip e della cronaca giudiziaria. Il nuovo arresto dell'ex re dei paparazzi, dopo il ritrovamento di quasi 2 milioni di euro che sarebbero stati percepiti come pagamento in nero per eventi e serate, sta scatenando dibattiti in tutti i salotti televisivi. Non poteva mancare "Mattino 5", che ha raccolto il parere di don Antonio Mazzi. Fu proprio il sacerdote ad accogliere Corona dopo la scarcerazione nella sua comunità Exodus. Ancora una volta, don Mazzi ha sostenuto la necessità di aiutare Corona lontano dalle sbarre di una cella:

Nei quattro mesi, in cui è stato nella mia comunità, si è comportato come tutti gli altri. Non ho dovuto fare nessuna fatica. I problemi di Corona, come tanti altri, non si possono risolvere in galera. Va curato. Con l'aiuto di uno psichiatra, avremo tirato fuori un Corona diverso. Quello che va in tv, che ostenta sicurezza che non tornerà più in carcere, fa ridere anche i pali del telefono.

Don Mazzi accolse Fabrizio Corona nell'estate 2015, fino all'ottobre dello stesso anno, quando il tribunale ha stabilito la semilibertà e l'affidamento ai servizi sociali. Un anno dopo, incredibilmente, Corona è tornato in carcere. Eppure, il sacerdote ne è convinto: Fabrizio non è irrecuperabile. Dopo le gravi accuse della ex moglie Nina Moric, Mazzi sembra così l'unico che continua a difenderlo:

Io l'ho seguito tanto tempo in cella. Si può rieducare delle persone in maniera più umana, positiva, civile. Fuori dal carcere. Lui è entrato subito nel clima della comunità, si alzava, faceva un'ora di educazione fisica. Lavorava cinque ore, puliva i cessi, ha fatto il suo dibattito e la riflessione. Pensavo che potessimo lavorare di più. Ci vuole pazienza perché sono ragazzi che devono ricostruire la propria identità.

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