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Don Antonio e Rita, moglie del Boss delle Cerimonie: un matrimonio durato più di 50 anni

La storia del matrimonio tra Don Antonio Polese e sua moglie Rita Greco, dal loro primo incontro ai festeggiamenti per le Nozze d’Oro registrate proprio all’interno del programma di Real Time. CInquant’anni vissuti nella felicità e nella gioia ma anche nelle complesse vicende giudiziarie che hanno visto protagonista il Boss delle Cerimonie.
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I funerali di Don Antonio Polese si sono svolti quest'oggi, come lui desiderava, nella cornice del celebra Castello de La Sonrisa, teatro a cielo aperto, location della popolare trasmissione diventata un cult negli ultimi tre anni, seguita da tutta Italia su Real Time. Ma la trasmissione non era solo incentrata su quanto accadeva nelle cerimonie de La Sonrisa, ma era anche una sorta di collegamento con quella che era la vita privata, la routine quotidiana del Boss e dei suoi familiari. Di quelli più in vista sappiamo, come del suo braccio destro, il genero Matteo Giordano, ma in quella che è stata l'economia di uno show che potrebbe essere a rischio, la moglie, la signora Rita Greco. 

Le nozze d'oro durante il Boss delle Cerimonie

Un amore grandissimo che abbiamo avuto modo di apprezzare proprio in una puntata de "Il Boss delle Cerimonie", nel primo episodio della seconda stagione in cui si festeggiano le fatidiche nozze d'oro, cinquant'anni d'amore tra i due. In quella puntata, che consigliamo di recuperare sul portale dPlay a questo link, Don Antonio Polese e la signora Rita Greco raccontano come si sono conosciuti. A parlare è prima il Boss:

L'amore è nato dopo quattro, cinque anni di gestione della macelleria. Mia moglie era la figlia del proprietario dei locali della macelleria. Di lei mi ha colpito molto la sua simpatia, la semplicità. Io mi ricordo sempre del mio matrimonio, non mi sfugge niente. È stato un matrimonio ricco di gioia, di felicità e quindi non si può mai dimenticare. Il segreto per far durare un rapporto così a lungo è la fedeltà.

La signora Rita poi ammette:

Stavamo sempre vicini ed è nato l'amore. È un uomo caritatevole, amato da tutti perché veramente si fa volere bene. Per me, è sempre un bell'uomo. Quando il prete mi disse: ‘Vuoi tu prendere Antonio come tuo legittimo sposo?'. Io dissi due volte sì. Nel bene e nel male, siamo stati sempre uniti.

Quello che colpisce sono le loro parole, sempre misurate, i modi cortesi e anche davanti alle telecamere, Don Antonio si guarda bene da baciare sulle labbra sua moglie. Alla vecchia maniera, i baci in pubblico non sono certo alla francese.

I figli di Don Antonio Polese

Don Antonio Polese e sua moglie hanno avuto tre figli: la prima, la più nota alle telecamere, è Imma, una vera e propria donna manager che al Grand Hotel La Sonrisa gestisce con severo rigore e professionalità unica ogni aspetto amministrativo. Poi altri due figli, Antonio e Pasquale. Nutrito è il reparto dei nipoti che, tra figli diretti e altre discendenze, si fa davvero fatica a contare ma tra questi c'è Tobia Antonio Polese, figlio maschio di Imma e Matteo Giordano, che porta proprio il nome completo del nonno.

I guai giudiziari del Boss delle Cerimonie

Il buon nome di Don Antonio Polese è sempre stato viziato da luci e ombre nel corso della sua attività. Partendo proprio dal suo castello, confiscato secondo una sentenza del tribunale di Torre Annunziata perché costruito nell'ambito di una lottizzazione abusiva risalente al periodo 1979-2011. Non è l'unica vicenda, dato che a lui sono stati attribuiti più volte vicinanze a Raffaele Cutolo come quando, nel marzo 2014 il giornalista Claudio Pappaianni per l'Espresso pubblicò un reportage all'interno del quale si dava conto d'un colloquio intercettato in carcere tra l'ex capo della Nuova Camorra Organizzata Raffaele Cutolo e la nipote. In queste registrazioni, si parlava di un investimento fatto su un luogo dove per anni si è tenuto anche il "festival di cantanti napoletani". Questi riferimenti portavano direttamente al castello di Don Antonio. In una intervista all'emittente Piùenne, Don Antonio replicò di essere stato condannato solo per favoreggiamento e non associazione a delinquere perché implicato nella compravendita del Palazzo del Principe di Ottaviano, il castello appartenuto a Cutolo, confiscato dallo stato nel 1991.

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