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Domenico Centamore e il successo di Màkari: “Abbiamo dimostrato che non c’è solo Montalbano”

Intervista a Domenico Centamore, protagonista di Màkari, la fiction di Rai1 tratta dai romanzi di Gaetano Savatteri. Nel ruolo di Piccionello, l’attore ha conquistato il pubblico televisivo: “Ero molto nervoso anche per il possibile paragone con Montalbano”. E ancora: “La Sicilia per alcuni è ancora uomini coi baffi e donne vestite di nero, ma non è più così da molto tempo”.
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Il grande successo di Màkari, la nuova fiction di Rai1 tratta dai romanzi di Gaetano Savatteri (editi da Sellerio), ha dimostrato che c'è vita oltre Montalbano per la Sicilia. Più di 6 milioni di spettatori anche per il finale di stagione. Lo abbiamo commentato con Domenico Centamore, interprete di uno dei personaggi più importanti della saga, quello dell'estroverso Piccionello, ne è sembrato consapevole nel corso dell'intervista che ha rilasciato a Fanpage.it: "Montalbano è un'istituzione, ma noi abbiamo mostrato una Sicilia tutta nuova. È una ventata di freschezza". E sulla seconda stagione di Màkari, Domenico Centamore si è detto ottimista: "Prevedo che si faccia. Non c’è nulla di certo, ma le voci e i numeri ce lo dicono". La dedica alla moglie: "Stiamo insieme da trent'anni, abbiamo vissuto gioie e dolori del mio mestiere e mi è stata sempre vicino". 

Domenico, ti aspettavi tutto questo successo?

Un successo assolutamente inaspettato. Anche nella migliore delle ipotesi, io non mi aspettavo di mantenere questa media così alta. Sono sorpreso e sono anche felice, perché girare in piena pandemia non è semplice. Poi c’era questo paragone con Montalbano che ci rendeva nervosi.

Perché? 

Montalbano è un’istituzione, noi eravamo quelli nuovi, portatori di un linguaggio completamente rinnovato. Poi, nel nostro caso, eravamo un cast tutto alla siciliana rispetto a quello di Montalbano. La sceneggiatura tiene, i romanzi hanno un proprio pubblico e tutto questo mix, ha permesso alla fiction di funzionare.

Piccionello raccontato da Domenico Centamore. Prego. 

Io dico sempre che Domenico Centamore si è innamorato di Piccionello e Piccionello si è innamorato di Domenico Centamore. Mi interessava dare un’anima a questo personaggio e sapevo di avere una grossa responsabilità, perché tutti i lettori di Savatteri lo amano particolarmente. Lo amano perché è scritto meravigliosamente, lo amano perché è la Sicilia. È libero ed essere liberi in Sicilia è una vittoria.

Lo scrittore, Gaetano Savatteri, è stato molto felice della sua interpretazione.

Sì e anche la Sellerio mi ha detto: “Ora abbiamo la faccia di Piccionello, finalmente”. Per un attore, è una grande soddisfazione.

Tra le cose che funzionano, certamente l’intesa con Claudio Gioè. Cosa ne pensi?

Io e Claudio siamo riusciti a fare una coppia che non si vedeva da anni. Quello che passa in tv, in genere, o è un protagonista oppure è una coppia maschio-femmina. Lamanna e Piccionello, invece, sono una coppia all’inglese, all’americana, senza fare troppi paragoni con nomi che hanno fatto la storia.

La Sicilia occidentale è una grande protagonista della fiction. 

Io alcuni posti – da siciliano – non li conoscevo. L’Isola di Mozia, per esempio, io non la conoscevo. La Sicilia è oro per il cinema. Si può girare qualsiasi cosa, qui. La regia ha sfruttato tutti i posti egregiamente ed esce un territorio e un paesaggio stupendo. Ci ha allietato il fatto di dover girare in piena pandemia.

Ecco, a proposito di girare in pandemia. Ce l’hai un aneddoto da raccontare?

Negli ultimi cinquanta giorni abbiamo fatto una bolla e ci siamo chiusi in albergo. Ci sentivamo come militari, tutti chiusi, si scendeva per l’ora d’aria e non sapevamo più cosa fare. Nel tempo libero, siamo rimasti sempre insieme. Questo probabilmente ha giovato al clima e alla costruzione della serie.

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Tu lo sai che chi legge quest’intervista vuole sapere una cosa, che per uno spettatore è fondamentale: Màkari 2 si farà?

Prevedo che si faccia. Non c’è nulla di certo, ma le voci e i numeri ce lo dicono. Ben venga, perché è un bel prodotto.

Ne sei molto orgoglioso, vedo. 

Sì, perché è stata una ventata di freschezza, vuoi forse il periodo che è cupo. C’è anche una Sicilia nuova, moderna, completamente diversa dagli stereotipi. Una Sicilia che si trasforma, è un prodotto dove si recita pochissimo in siciliano perché è così, oggi. Se parli con i miei figli, non lo conoscono il dialetto. Anche il ruolo di Ester Pantano (Suleima, ndr) è completamente diverso da quello che si è sempre visto. È indipendente, lavora per mantenersi gli studi, cerca il trasferimento, non vuole dipendere da un uomo. La Sicilia per alcuni è ancora uomini con i baffi e donne vestite di nero, ma non è così da molto tempo.

Domenico, lasciamoci con dolcezza. A chi dedichi questo momento? 

A mia moglie. Mi è stata vicina sempre. Trent’anni che stiamo insieme, abbiamo vissuto gioie e dolori di questo successo. Lei mi è stata sempre accanto al sogno di diventare attore. Mio padre pensava che io avessi una malattia quando gli dissi che volevo fare l’attore, lei invece ha sempre creduto in me. A lei, come ai miei fratelli e alla mia famiglia, dedico ogni successo.

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