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Diletta Leotta: “Quando ho cominciato a lavorare nel Calcio ero vista come un impostore”

Durante un incontro dal titolo “Le donne non sanno fare gruppo. Proviamo a contraddire la vecchia storia”, Diletta Leotta, conduttrice per DAZN e uno dei volti più conosciuti del mondo del giornalismo italiano, ha parlato della sua esperienza in un mondo che era visto come prevalentemente maschile.
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L'idea che tra donne sia sempre in atto una competizione agguerrita a differenza di quanto avviene tra gli uomini è un luogo comune difficile da scardinare. E il tema è stato uno degli argomenti affrontati durante un panel a Il tempo delle donne, festival organizzato dal Corriere della sera in cui si è tenuto un incontro dal titolo "Le donne non sanno fare gruppo. Proviamo a contraddire la vecchia storia" a cui ha partecipato tra gli altri anche Diletta Leotta, conduttrice sportiva e uno dei volti più noti del calcio italiano. Proprio lei è partita dalla propria esperienza e dalle difficoltà iniziali che ha dovuto affrontare per spiegare quanto sia importante l'unione tra donne.

Durante l'intervista, Leotta, che ogni settimana commenta il calcio per DAZN, ha detto: "Sono sempre una spugna quando mi confronto con la mia squadra di lavoro. Quando ci metti la faccia trasmetti anche il 100% che hanno fatto anche gli altri". La conduttrice ha parlato, facendo esempi dei gruppi di lavoro in cui si trova, dalla radio al Cinema, passando per la tv, di quanto l'unione sia la forza per ottenere i risultati migliori: "Il mio ruolo è quello di trasmettere dei contenuti, messaggi, di raccontare l'emozione di una partita o di una storia in radio, per questo è fondamentale che dietro di te ci sia un team che lavora con te".

Parlando del luogo comune dell'invidia negli ambienti di lavoro con varie donne, Leotta ha raccontato di aver chiesto ad alcune amiche di invidia chiedendo: "Come vi trovate nel vostro ambiente di lavoro?" e la parola che è uscita più spesso è stata "invidia", almeno prendendo in considerazione quelle più negative ("Perché io sono un'ottimista e spero che anche noi donne un giorno potremmo essere in grado di fare gruppo quanto gli uomini o anche di più"). Il motivo per cui quella sia la parola più usata è che "Forse perché siamo allenate a dover sempre emergere, fare qualcosa in più rispetto agli altri per riuscire ad avere la stessa credibilità di un collega uomo. Questa pressione che ci sentiamo addosso ci impedisce di essere un po' più serene, più consapevoli del nostro ruolo, della nostra professionalità. Se fossimo un po’ più rilassate saremmo in grado di fare gruppo, di condividere un po’ di più".

"Più donne riescono ad avere ruoli forti e importanti, giusti per il merito e più si riuscirà ad andare avanti in questo processo di uguaglianza" ha spiegato ancora la presentatrice. Parlando della sua esperienza personale ha detto delle difficoltà incontrate all'inizio: "Sono cresciuta in una famiglia di donne. Amo le donne perché mi rispecchio completamente in loro. Mi è capitato di incontrare delle belle amicizie a lavoro. Anche se all’inizio ero vista come un impostore, erano poche e agguerrite le donne che lavorano nel calcio. Quando ho iniziato questo lavoro piangevo tutti i giorni, mi sentivo sbagliata".

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