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Daniele Bossari: “Youtube ha distrutto il Festivalbar, ma io lo rifarei domani”

Da Mtv a Popstar, da Top of the Pops al GFVip, l’amicizia con Franco Battiato, Maria De Filippi e l’esperienza al Festivalbar quando era ancora l’evento simbolo dell’estate. Daniele Bossari si racconta in un’intervista a Fanpage.it ripercorrendo tutta la sua carriera e non escludendo il ritorno: “Se Andrea Salvetti mi chiamasse domani, ci sarei”.
A cura di Andrea Parrella
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La carriera di Daniele Bossari è un viaggio a tappe che percorre la recente storia del costume e della televisione in Italia. Gli albori di Mtv, l'epopea di Italia 1 come Tv generalista giovane, i primi talent show. Ma soprattutto il Festivalbar, che come poche cose riesce a solleticare la vena nostalgica di molti di noi. Storie che Bossari ha vissuto da protagonista, con quell'espressione da eterno ragazzo che ancora oggi conserva. In circa vent'anni la televisione ha subito una rivoluzione copernicana, il mondo non gira più intorno a lei, è regressa allo stadio di satellite, seppure tra i principali. Bossari lo sa ed è nel solco di questi stravolgimenti che continua a reinventarsi televisivamente, come racconta in questa intervista a Fanpage.it.

Bossari, le cose sono cambiate più per chi la Tv la guarda, o per chi la fa?

È cambiata completamente la fruizione e, di conseguenza, la mentalità della fruizione. Io in generale sono estremamente curioso verso le novità in termini di forme espressive, però una volta che ho smontato la scatola e l'ho capita, se non mi tocca corde emotive particolari, passo ad altro. Nella mia esperienza utilizzo molto gli occhi di Stella, mia figlia. Almeno una volta alla settimana io le chiedo di propormi contenuti per rimanere nel flusso delle cose che lei guarda. 

Su Dmax sei diventato un divulgatore con Il Codice del Boss, è la tua ennesima veste televisiva.

Sorprendentemente ha riscontrato molti consensi. Dico sorprendentemente perché si tratta di argomenti che potrebbero essere un po' ostici, parliamo di civiltà antiche, di storia, di capire come ci siamo evoluti nei secoli. Cercavamo una soluzione alla Indiana Jones e c'è questo elemento narrativo che è portante. Quello che mi piace molto è aver doppiato tutto, mi ha riportato un po' alle origini. Io ho iniziato così, agli esordi facevo la radio cercando di ripulire un po' gli accenti, ma poi mi è stato consigliato di restare attaccato alla mia pronuncia.

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Andiamo un po' indietro nel tempo. A memoria: Fuego, Wozzup, Popstar, Top of the Pops, Saranno Famosi, Mistero, Grande Fratello Vip. La tua carriera è un susseguirsi di titoli iconici che hanno segnato un'era della Tv. 

Difficile sceglierne uno, sono tutti espressione di tutte mie inclinazioni. Forse questo è stato un errore della mia carriera, se vogliamo, quello di non distinguere l'aspetto lavorativo dalla vita. Le due cose si compenetrano, lavoro in ogni istante e mi piace. C'è l'anima musicale di Mtv che mi ha segnato, con un linguaggio rivoluzionario, contenuti creati per un pubblico più giovane. Questa cosa si è trasformata, evoluta, io sono passato dal 4:3 al 16:9, le cose cambiano e mi sono aperto a un pubblico più ampio e trasversale. Ho portato la musica nella Tv generalista, al tempo era una fortuna di cui non mi rendevo nemmeno conto.

Presenti due edizioni del Festivalbar, vinsero prima Vasco e poi Ligabue. Negli anni successivi la manifestazione ti avvii verso il declino. Cosa è successo?

È arrivato Youtube. Sono subentrate altre dinamiche legate ai nuovi mezzi che non hanno reso più necessario un evento del genere per poter vedere tutti quegli artisti insieme. Il senso del Festivalbar era questo e ora la possibilità di vedere un video in qualsiasi momento ha reso superata quell'idea. 

Qualcuno però ci sta riprovando, penso a Battiti Live. Effetto nostalgia?

L'elemento nostalgico c'è, è inevitabile che la collocazione estiva di queste manifestazioni canore richiami al Festivalbar. Però non credo sia solo quello, fortunatamente la musica va avanti e c'è un bisogno da parte della gente di ascoltare i propri beniamini.

Oggi vedresti le condizioni per riproporre il Festivalbar?

Si tratta di cicli, quello si era esaurito ma non è detto che non possa tornare. Io stesso tornerei molto volentieri a occuparmi di musica, intervistare gli artisti. Quel mondo mi manca. 

Se domani Andrea Salvetti ti chiamasse per rimettere insieme la banda ci staresti?

Non ci penserei un secondo, sarebbe una cosa splendida. Anche perché negli anni le persone che ci lavoravano sono diventate amiche e un pezzo del mio cuore è legato a quello. 

Sembrare un eterno ragazzo può rappresentare una gabbia per la carriera televisiva?

Direi di no. Si invecchia dentro, si accumula esperienza, ma per quel che mi riguarda l'anima rimane la stessa. Ho realizzato tutti i miei sogni, ma lo spirito è ancora quello di un giovane che si guarda attorno con curiosità. Poi c'è un discorso laterale da fare, che è più che altro un'ammissione. 

Quale?

Io con questa testa credevo che non sarei mai invecchiato, mentre mi rendo conto che tante cose dei ragazzi di oggi risultano per me complesse, richiedono l'essere nati in un'altra era. Il tempo ti presenta sempre il conto. 

Saranno Famosi, Popstar, hai tenuto a battesimo i talent show in Italia. 

È stata una rivoluzione i cui risultati si vedono oggi. Popstar partiva dalla curiosità di vedere cosa potesse accadere nel costruire un gruppo a tavolino, commettendo errori, scoprendo che le diverse personalità non si mettono insieme. Questo sistema però si è evoluto così tanto da portare al fatto che oggi l'industria discografica non può fare a meno dei talent. Pare un'ovvietà, ma la qualità è aumentata tantissimo e se pensiamo a quello che è successo ai Maneskin, è la prova evidente di questa evoluzione. 

Inizialmente nei confronti dei talent c'era un indiscutibile pregiudizio.

Sì, ovviamente c'era pregiudizio verso l'idea di creare un prodotto commerciale di quel tipo, che puntava ai modelli Spice Girls e boy band al tempo già affermati nel mondo. Questa cosa faceva storcere un po' il naso, ma alla fine parlavano i numeri: le stesse Lollipop hanno raggiunto vendite che oggi sono quasi inimmaginabili. Era oggettivamente un'altra epoca. 

Vent'anni fa inauguravi Saranno Famosi con il pomeridiano. Dopo pochi mesi la produzione passava in mano alla Fascino di Maria De Filippi e tuuscivi dal progetto. Cosa accadde?

Ricordo quel periodo come molto impegnativo, perché si stava creando un mondo nuovo. La mia fortuna era avere una scuola come quella di Maria De Filippi che in quel momento cercava di capire la formula giusta e quando tutto si è rodato lei ha preso in mano la situazione. 

Un po' di dispiacere?

Beh sì, un po' di dispiacere nel sapere che non avrei più seguito i ragazzi quotidianamente. Però è andata così, ha preso in mano la situazione la regina indiscussa della televisione. La mia funzione era un po' quella del collaudatore, sapevamo che sarebbe andata così. 

Era il 2001, Fioretta Mari racconta che eravate in riunione quando arrivò Roberto Cenci per avvisarvi delle Torri Gemelle.

Una cosa incredibile, ero in crisi totale. Fu una giornata caotica e non avevamo la minima idea di cosa avremmo dovuto fare, se fosse stato il caso di proseguire oppure no. La situazione era delicatissima. 

Pescando nella tua biografia si scopre che hai scritto un libro con Franco Battiato. 

Sì, l'ho conosciuto nel 2007 perché era in promozione in radio con il suo nuovo album. Aveva la fama dell'ospite difficile e io non lo avevo mai conosciuto dal vivo. Ero in soggezione, mi rispondeva quasi a monosillabi. Poi durante il disco messo in onda ci siamo scambiati alcuni codici sulle letture comuni e da quel momento è nata una sintonia totale. Abbiamo iniziato a sentirci, mi ha chiesto di presentare alcune sue cose in libreria e ad appuntamenti vari. A quel punto gli chiesi di poter raccontare il suo aspetto spirituale. Tutti lo chiamano maestro, ma per me lo è stato davvero, perché mi ha insegnato le tecniche di meditazione che metto in pratica ogni giorno, aiutandomi a superare anche delle crisi esistenziali. 

Quindi non era affatto un burbero?

Quello che posso dire è che da fuori non si capiva la sua grandissima ironia, la simpatia che lo contraddistingueva. Una cosa che ho visto nei momenti di convivialità, con gli amici. Era estremamente piacevole e divertente. 

Come hai vissuto il lutto della sua scomparsa?

Era un pilastro della mia vita, nei giorni successivi alla sua morte mi sono messo a riascoltare decine di ore di registrazioni in cui stavamo lì a chiacchierare, ascoltare musica. È stato straziante sentirlo riparlare, ma anche molto intenso. 

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E arriviamo al GFVip, che è stato per te un momento di riabilitazione personale e professionale. Sono stati bravi gli autori o è accaduto davvero?

Gli autori sono eccezionali, ma tutto quello che si è visto è vero. Sono andato lì pronto agli sbandamenti, convinto di durare tre giorni, annunciando a Filippa di prepararsi a raccogliere i pezzi. Io una corazza non ce l'ho, basta un soffio per ferirmi perché mi apro completamente. Lì ho affrontato questo mio aspetto radicale, combattendo la riservatezza. Ero totalmente insicuro di me, ma lì dentro, senza un libro, televisione e internet, hai una infinità di tempo a disposizione per guardarti dentro. Non è stato solo terapeutico, quell'esperienza mi ha salvato. 

Dopo il GFVip ci si aspettava una rinnovata collaborazione con Mediaset, invece dopo l'Isola si è chiusa lì. Cosa è successo?

È andata esattamente così, devo ringraziare Alessia (Marcuzzi, ndr) che mi ha voluto all'Isola nonostante qualche mia incertezza. Le feci presente che non ero esattamente il tipo di persona incline ai commenti ficcanti, alle critiche, a generare polemiche. Mi disse che era esattamente ciò che cercava. Anche io mi aspettavo una continuità di rapporti con Mediaset, ma dopo non ho più avuto proposte, cosa che invece è accaduta con Discovery. 

In autunno torni con il Boss del Paranormal, dopo la svolta di Mistero l'occulto resta il territorio in cui ti senti più a tuo agio?

Non è solo questo, il mio percorso è così psichedelico che è difficile inquadrarlo e dovrei invitarti a una delle mie sedute per farti capire cosa intenda dire. Però va detto che si tratta di passioni, sfaccettature del mio carattere, mi diverte interpretare la parte dell'indagatore dell'incubo perché sono cresciuto con queste cose.

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Tu e tua moglie Filippa Lagerbak, coppia nella vita ma mai sul lavoro. Immaginate di fare qualcosa assieme, oppure non volete che la Tv contamini il vostro rapporto?

All'inizio, parlo di vent'anni fa, ci dicevamo che non avremmo mai potuto lavorare assieme per i diversi approcci, anche perché io sono un rompipalle, uno preciso e molto rigoroso. Per me la televisione è questo, non riesco a farla diversamente. Con il passare degli anni e la crescita non nascondo che mi piacerebbe molto.

Filippa è d'accordo?

Ma penso di sì, anche perché ormai abbiamo mondi complementari e una complicità diversa.

Anche perché a Che tempo che fa sembra che sia il suo ruolo ad aver fatto il suo tempo. No?

Ha un ruolo specifico che va avanti da tantissimi anni e credo sia un record, è una famiglia bellissima e uno dei programmi più belli della Tv. Detto ciò Filippa ha trovato la sua via espressiva anche sui social, dove riesce a trasferire la sua essenza, il suo attivismo. Le due cose non si escludono.

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