Da Mr. Wrong a Love is in the Air, ecco perché da anni le serie turche dominano la TV
La Tv dei pomeriggi estivi a persiane chiuse per scongiurare il calore e le prime serate torride hanno un sapore esotico da qualche anno a questa parte. Il fenomeno viene da Istanbul ed è quello delle serie TV turche, il cui successo presso il pubblico non è il solo dato che le accomuna. Se ne saranno certamente accorti i telespettatori di Canale 5 appassionati di Bitter Sweet, Daydreamer, Come Sorelle, da giorni bombardati dagli spot di Mr. Wrong, novità con il divo Can Yaman, e Love is in the air, entrambe in partenza il 31 maggio. L'estetica occidentale e quella orientale che si mescolano, la Turchia e i suoi paesaggi sono al centro delle storie, i sentimenti genuini che lottano contro meschinità e cattiveria senza mezze misure, una netta distinzione tra bene e male. Ma perché si parla tanto di serie TV turche come se fossero un genere a parte?
Si chiamano dizi, non sono soap opera né telenovelas
Ci dicono di non chiamarle soap opera, né telenovelas. Le serie TV turche che da qualche anno si distinguono anche in Italia, tra Mediaset, Fox e Netflix, in effetti un nome specifico ce l'hanno: si chiamano dizi. È questa l'abbreviazione di televizyon dizileri, nient'altro che la traduzione turca di "serie televisive", l'etichetta con cui i prodotti circolano nel mondo dell'audiovisivo, dettando una nuova tendenza nel panorama televisivo internazionale che procede a passo spedito da inizio anni duemila. Sono circa 150 le dizi esportate in più di 100 paesi esteri ogni anno, una mole che ha portato la Turchia al secondo posto dopo gli Stati Uniti nella classifica dei principali esportatori di serie TV all'estero, superando i paesi sudamericani. La mole d'affari è di enorme rilievo, si parla di 500 milioni di dollari nel 2018 e, secondo le stime del governo turco, dal 2023 si potrebbe raggiungere il miliardo di dollari di introiti annui.
Le dizi costano meno?
È anche una questione di costi e di risparmi, ovviamente: comprare serie TV turche conviene. Qualche mese fa il Corriere stimava un confronto di costi di produzione tra una dizi – che prevede un budget di 300mila dollari per 130-140 minuti – mentre una puntata di una serie TV americana da 45 minuti può arrivare anche a costare 7 milioni di dollari. Costi che, naturalmente, si ripercuotono molto su quelli di vendita all'estero e rendono l'affare turco estremamente redditizio.
Che interesse ha Erdogan nelle dizi
Il governo turco ha intuito il peso dell'affare serie TV non solo in termini economici, ma anche di influenza. In principio le serie turche hanno ammaliato gli altri paesi del Medio Oriente, sostituendosi alle tradizioni egiziane e siriane, la cui egemonia è stata interrotta da guerre civili e sconvolgimenti interni che hanno permesso alla Turchia di infilarsi in questo spazio, rivendicando il proprio ruolo di ponte tra oriente e occidente. Le dizi sono divenute arma essenziale nel progetto di egemonia culturale turca sui paesi nordafricani e mediorientali, quello che in gergo si chiama soft power: persuadere, convincere, sedurre tramite la cultura e i valori, di cui le dizi possono essere un efficace vettore.
Come arrivano in occidente le serie Tv turche
Poi qualcosa è cambiato, quando l'Egitto, l'Arabia Saudita e le petromonarchie hanno imposto nei primi anni Duemila un embargo nei confronti dell'industria audiovisiva turca, colpevole di esaltare un sistema di valori, usi e costumi insidiosi per la tradizione, dal consumo di alcol alla figura della donna centrale e paritaria nella coppia. Le dizi finiscono praticamente per sparire nel mondo arabo .
La questione, insomma, assume tratti geopolitici molto complessi e ben riassunti qui, che hanno costretto Ankara a cercare un altro sfogo di mercato per compensare alle perdite dovute a questa forma di boicottaggio, che prevedeva lo stop all'acquisto delle serie turche (l'Arabia Saudita e gli Emirati stanno provando negli ultimi anni a rispondere con delle loro produzioni). Ed è qui che il mercato televisivo occidentale diventa una soluzione alternativa per la Turchia. Le dizi si affacciano in Russia, in Cina e Corea, invadono l'America Latina e approdano anche in Europa passando dai Balcani, per poi approdare in Grecia e conquistare il Mediterraneo, sfondando in Italia e Spagna.
L'icona Can Yaman
L'Italia, appunto, sembra ammaliata dal genere, grazie alla fiducia delle emittenti private italiane, complici nell'aver foraggiato una formazione televisiva seriale fortemente incline al melodramma e a questo genere di prodotti. L'importazione di telenovela e soap è stata massiccia dagli anni ottanta ed è durata più di tre decenni. Anzi, forse non è mai finita, se consideriamo che Il Segreto, novela spagnola che si è chiusa solo di recente e che si inserisce nella scia di una serialità popolarissima, è stato un enorme successo per la Canale 5 degli ultimi anni.
Da Pepa a Francisca, passando per i molti attori delle vicende di Puente Viejo più volte ospiti a Verissimo negli anni del successo de Il Segreto, oggi la grancassa Mediaset punta tutto su Can Yaman, protagonista di Daydreamer e di altre dizi arrivate in Italia in questi anni. Prima le ospitate dell'attore a Live – Non è la d'Urso, poi il gossip con Diletta Leotta che impazza da mesi, sono i segnali della costruzione di un idolo dai tratti esotici, epigono di volti della scuola Kabir Bedi. Un caso? Difficile pensare che sia così. L'importazione di serie turche in Italia è piuttosto recente, ma la fisionomia sembra essere ben precisa e questi prodotti stanno avendo grande risonanza mediatica proprio in virtù del successo riscosso su Canale 5.
Gli ascolti registrati quotidianamente da Daydreamer nel primo pomeriggio di Canale 5 dello scorso anno non hanno fatto rimpiangere quelli di Uomini e Donne, che in inverno occupa la stessa fascia. Allo stesso tempo Come Sorelle, proposto in prima serata, aveva avuto un ottimo riscontro di pubblico. Il lancio in pompa magna di Mr. Wrong e Love is in the air è solo l'ultimo passaggio di una dinamica chiara. Sono solo numeri, si penserà, che non stanno necessariamente a significare un buon prodotto.
Le serie turche sono un prodotto di serie b?
Fa però riflettere la facilità con cui il pubblico della principale emittente privata italiana recepisca le dizi, il cui elemento di novità sta anche nel rappresentare una miscela di elementi pescati dall'universo fiction-soap opera- telenovelas (il melodramma, la centralità della famiglia, amori, intrighi, tradimenti), e da quello delle serie TV (su tutto una certa cura dell'immagine). Un lavoro di mediazione tra diversi riferimenti che ha il valore di tenere insieme diversi riferimenti e renderli comprensibili a pubblici molto diversi tra loro, ma allo stesso tempo, come scrive Giacomo Natali su Il Tascabile, può procurarsi detrattori perché alimenta "un rimescolamento al minimo comune denominatore, come in una cucina fusion che mantenga gli elementi più blandi di ciascuna tradizione culinaria per essere palatabile per ogni gusto". Una considerazione che spiega il posizionamento delle dizi presso il pubblico, come prodotti di grande successo, irrimediabilmente destinati a dover riscattare la connotazione di prodotti di serie b.