Costantino Della Gherardesca: “Pechino Express apre la mente, in tv ormai c’è solo gossip”
L'ignoto, l'imprevisto, la lingua sconosciuta, le prove difficili e non avere alcun tipo di certezza. Su questi sentimenti si basa il successo di Pechino Express – Le stagioni dell'Oriente, prodotto da Banijay Italia, giunto all'ottava edizione e condotto da Costantino Della Gherardesca su Rai Due. Già schierate le tifoserie per le coppie in gara e c'è chi dice che i vincitori saranno i “Wedding Planner” Enzo Miccio e la sua assistente Carolina Gianuzzi, tra le rivelazioni di questa edizione. Ascolti più che soddisfacenti per Rai Due, la scorsa puntata è volata oltre due milioni di spettatori con il 9.42% di share, picco di share al 15.34%.
Ma molto del successo dipende anche dall'ironia tagliente di Costantino Della Gherardesca che ha alle spalle una lunga gavetta televisiva, iniziata con Chiambretti c'è nel lontano 2001. Nel frattempo il conduttore in primavera pubblicherà il libro La religione del lusso, mentre il 13 marzo sbarcherà su Amazon tra i protagonisti di Celebrity Hunted. Però su tutto il resto Costantino non si è risparmiato a Fanpage.it: dalla paura da concorrente vissuta nella prima edizione di Pechino Express al body shaming, dal suo essere ragazzino precoce a quella volta che cadde in una piscina vuota. Strano, ma vero, ma dopo quell'incidente, è iniziata la grande avventura televisiva di Costantino.
Ottimi ascolti, ci dica subito qual è il segreto di questo successo?
Quando sono andato al Festival di Sanremo per fare un po' di campagna promozionale, avevo spiegato che avevamo, in un certo senso, aggiornato il programma, rendendo le situazioni più faticose , più difficili e quindi accentuato l'aspetto competitivo. Questo cambiamento strutturale, dopo le dovute ricerche di mercato, assieme ad un upgrade tecnico evidentemente è piaciuto. Certo, c'è anche da dire che c'è anche il fascino di un Paese come la Cina che fa la sua parte con la sua geografia immensa, il fatto di essere una potenza mondiale con provincie diversissime…
Ha partecipato nel 2012 a Pechino Express – che ha toccato l'India, il Nepal e la Cina – come concorrente con suo nipote Barù, conduceva Emanuele Filiberto. Com'è stare dall'altra parte?
Il motivo per cui ho fatto il concorrente e ho scelto di fare un programma come Pechino era perché volevo vedere la Cina, all'era era proibitivo e aveva iniziato da poco ad aprirsi al turismo, i biglietti per andarci poi costavano tanto. Mi ricordo che abbiamo avuto momenti molto difficili. Abbiamo vissuto una situazione particolare nel nord dell'India, dove si è verificata un'ondata di calore eccezionale, in una zona del mondo dove di base c'è già tanto caldo. Abbiamo toccato punte di 48 gradi/50 un concorrente è tornato in Italia per malore, anche diversi operatori e autori sono caduti come mosche uno dopo l'altro. Ci siamo tutti ammalati, io ho avuto varie malattie, mio nipote era peggio di me, mi sono preoccupato molto per lui ed ero terrorizzato dalla reazione di mia sorella! Ma è stata una esperienza che mi ha fortificato moltissimo dal punto di vista televisivo e personale. Dopo aver dormito per terra in India sono diventato più flessibile e accomodante. Io, che andavo in vacanza solo in posti come San Francisco.
Qual è la missione di Pechino Express nell'affollato panorama televisivo italiano?
Intercettare i desideri del pubblico, che non va mai sottovalutato. Non esiste più la ‘casalinga di Voghera' che accetta qualsiasi cosa, bisogna fare tv di qualità. Se questa signora vede prima una fiction americana realizzata con milioni di dollari, di qualità, e poi gli proponi uno studio televisivo di plastica con persone messe lì, così, la prima cosa che pensa è ‘cos'è questa m**da?!” (ride, ndr).
Perché vi differenziate rispetto agli altri reality?
Una cosa molto interessante, per cui non mi prendo il merito, è che i concorrenti vedono nuovi mondi, per loro è un'esperienza di arricchimento, di stimoli intellettuali. Tanto che anche quando finisce la trasmissione e tornano a casa, i concorrenti sono entusiasti anche per molti giorni dopo. Contrariamente ai concorrenti degli altri reality, qui si gioca sul piano psicologico. Un cane chiuso in canile, non vuole tornare in un canile. Se invece esplori Paesi nuovi sei sempre stimolato. Non che io abbia alcun giudizio morale su altri reality delle tv commerciali, però non si può negare che non esistono programmi italiani che guardano al di fuori dai confini del nostro Paese. Invece è fondamentale che ci siano perché viviamo in un mercato globale fatto di commercio, relazioni politiche e geopolitiche. Se non conosci le dinamiche degli altri Paesi, non puoi conoscere quello del tuo a fondo.
C'è una chiusura netta, secondo lei, nella nostra tv?
I giornalisti spesso raccontano il gossip e non il mondo. Secondo me, il dramma è nato negli Usa e si è propagato anche in Italia. Il giornalista ha smesso di fare informazione ed è diventato una celebrity quindi è partita la cultura del ‘like' con la voglia di diventare più famoso possibile. La fama non la ottieni parlando dei fatti del mondo, ma di gossip e politica interna italiana.
Le sono piovute critiche in passato perché troppo buono, quest'anno invece è più distaccato. È un caso?
No. Con l'invecchiare e con gli anni sono diventato più buono e non perché sono buonista. Mi è capitato di confrontarmi non solo con alcune ricerche di mercato, ma anche con alcune persone e tutti mi dicevano che rivolevano il Costantino ironico, per non dire stro**zo. Ho accolto il suggerimento e ho cominciato a divertirmi anche più, è bello prendere in giro i concorrenti con la loro complicità, il nostro rapporto è sempre di rispetto reciproco, ma anche di ironia intelligente.
Enzo Miccio, ma anche Vera Gemma e Soleil, ognuno di loro vuole vincere, senza esclusioni di colpi. Il fine giustifica i mezzi?
Assolutamente sì. Partendo sempre dalla Cina abbiamo visto una società dura e competitiva, lì non ci si può permettere di avere a anche fare con questioni morali o stare in poltrona a pensare. Verso la fine del programma ci sposteremo in Corea Del Sud, dove è c'è una società molto affascinante, più ricca rispetto all'Italia e c'è una richiesta di orari di lavoro e di impegno maggiore. Io personalmente da filo-Mediterraneo non so se ce la farei. In Giappone è successo che un autore tv si è suicidato per via degli orari di lavoro, la scuola è molto competitiva con gli alunni che tornano a casa e studiano fino all'1 di notte. Poi non dobbiamo stupirci se ci hanno superato brutalmente dal punto di vista economico. A me danno fastidio i concorrenti dei reality che vogliono recitare un copione da brave persone. In Paesi molto poveri, come le Filippine, giusto apprezzare la gente che accoglie anche se non ha la possibilità economica, è commovente certo. Ma in Cina la situazione è ribaltata, così come in Corea Del Sud, siamo noi i poveri. Per questo ho pregato i nostri concorrenti di non dire le solite frasi fatte e buoniste.
A proposito di Cina, avete voluto sottolineare all'inizio del programma che quando avete girato il Coronavirus, non era ancora scoppiato…
Vero. Ho fatto amicizia con le cinesi del luogo con cui abbiamo lavorato e a una di loro ho chiesto recentemente come fosse la situazione al momento lì. Mi ha detto che è stata a casa in quarantena e ha rispettato le regole imposte. Certo da un lato mi è dispiaciuto per la situazione, dall'altra invece ho notato la loro grande dignità e soprattutto non si sono fatti trascinare dal panico.
Il prossimo Pechino Express che vorrebbe realizzare?
Amo molto l'Iran e amo molto l'India. Mondi con storie e culture più antiche ancora della nostra. Paesi con mille sfumature di grigio, molto più complesse e barocche dell'Europa. E poi sono sono molto colorati e c'è di tutto, secondo me dal punto di vista televisivo funziona.
È vero che il suo ingresso nella tv italiana lo si deve ad una sua caduta in una piscina vuota?
Verissimo! Ho lavorato per alcuni servizi fotografici in Gran Bretagna, poi sono andato in Australia, a Melbourne. Parliamo di tantissimi anni, quando la vita lì costava pochissimo ed ero molto contento di viverci. Insomma praticamente, durante un servizio, sono caduto in una piscina vuota, mi sono frantumato una gamba, la stessa che peraltro già finita sotto una frana cinque anni prima. Quando ho visto il sistema sanitario australiano mi si sono rizzati i capelli e sono tornato in Italia per fare degli accertamenti. Mentre mi trovavo lì mi ha chiamato Piero Chiambretti per parlare in tv dei no global, il tema che all'epoca era sulla bocca di tutti. Lì ho ottenuto il primo contratto in Rai…
Era il 2001 e la trasmissione era Chiambretti C'è. Com'era Costantino a quei tempi?
Parlavo male e poco in italiano, avevo e vissuto molto in Inghilterra. Anche i miei amici mi prendevano in giro per come parlavo in italiano. Insomma, ad un certo punto, volevo tornare all'estero, ma Piero mi ha trattenuto e mi ha convinto. Sono venuto a vivere a Milano, sempre grazie a Piero…
In che rapporti siete con Chiambretti?
Lavoriamo entrambi tanto, sono molto affezionato a lui e ho dei ricordi molto belli. Sa, in quegli anni ci si divertiva un po' di più in tv, sotto molti aspetti. Potevamo dire e fare quello che volevamo, cosa impensabile oggi perché per ogni battuta si griderebbe allo scandalo ogni due secondi.
A quei tempi lei era anche in sovrappeso, ha perso tanti kg per motivi di salute… Oggi si parla molto di body shaming, ossia la derisione del corpo altrui, cosa pensa di questo fenomeno?
Quando sono andato in tv sono ingrassato brutalmente, anche perché prendevo psicofarmaci, dicevo delle cose scomode e impopolari, fottendomene delle conseguenze. Ricevevo all'inizio messaggi pesantissimi, c'era mi scriveva ‘frocio, ciccione di merda, muori'… Diciamo che ho pelo sullo stomaco e sono meno sensibile rispetto ai ventenni di oggi, forse, sul tema che esiste e c'è. Io sono dimagrito per ragioni di salute perché soffrivo di apnea nel sonno, cosa che succede a chi è in sovrappeso. Se un mio famigliare dovesse pesare 300 kg non gli farei un discorso estetico, quanto di salute perché nuoce dal punto di vista endocrinologo ed espone una persona a ictus, diabete e altre cose negative. Lo stesso sarebbe se avessi un figlio obeso e lo vedessi mangiare merendine per tutto il tempo. Lo amerei per com'è ma sicuramente lo metterei in guardia per la sua salute.
Lei è stato un ragazzino precoce. È andato in collegio quando aveva 9 anni. Le è stato utile nella vita questo distacco famigliare?
Mi ha aiutato molto. Quando ancora lavoravo con Piero Chiambretti ed ero a Milano c'erano autori più grandi di me, sulla trentina, e sono rimasto sconvolto perché vivevano ancora con i genitori. Questo non esiste assolutamente nella cultura anglosassone, dove i ragazzi lasciano la famiglia dopo gli esami a 16 anni, considerati minorenni secondo gli standard italiani.
In primavera uscirà il suo nuovo libro “La religione del lusso”, cosa può anticiparci?
È realmente una religione e non ha a che fare con i soldi. Parlo, tra le altre cose, di grandi artisti che magari non erano ricchi, ma erano delle icone, non seguivano il gregge e andavano controcorrente. Il più grande lusso è non seguire le regole. Pensiamo agli anni di Visconti anni, dove c'era molto più grandeur, ora è tutto votato alla mestizia.
Due ultime domande di "gossip", me le concede?
Certo!
Lei è sempre il “monaco della tv”?
Sì, se si intende il lato sessuale, e anzi ho delle nuove fobie. Recentemente mi trovavo in una caffetteria a fare i fatti miei, un tipo (non era nemmeno brutto) d'un tratto ci ha provato con me. Io, invece, di fare conversazione mi sono sentito aggredito, violato e sono arretrato. Ecco diciamo che tutto questo non aiuta…
Chiudiamo una volta per sempre il capitolo con l'ex direttore di Rai Due Freccero. Quando annunciò che voleva affidare Pechino Express a Simona Ventura, si è fatto scivolare la cosa di dosso?
Me la sono fatta scivolare addosso. Non ho diritti su un programma tv, è una cosa che mi devo guadagnare sul campo e professionalmente. Alla fine Freccero ha dato l'ok per la mia conduzione. C'è stato un grosso casino per nulla. Nella scelta di un conduttore ci sono molte contingenze che pesano a partire dalle ricerche di mercato e dalle richieste pubblicitarie.