Cory Monteith è morto, “Glee” non deve più parlare di Finn: ma non andrà così
Cory Monteith è morto, lasciando un vuoto incolmabile in tutti quei fan che lo seguivano. Ma, seguendo la cinica logica del "the show must go on", attualmente questo vuoto lo sentono soprattutto i produttori e gli sceneggiatori, gli stessi che avevano deciso per la sua uscita di scena alla fine della quarta stagione. I suoi guai con l'alcool e la droga erano diventati un problema abbastanza grosso da gestire, dunque meglio farlo stare un po' in panchina e rimandare il matrimonio tra Finn e Rachel all'ultima stagione. Ecco qual'era l'idea di base della produzione. Adesso è la "Abc" a gettare benzina sul fuoco, con alcuni rumors che non faranno piacere a tutti "Gleeks": la produzione potrebbe sfruttare la morte di Cory Monteith per far risollevare gli ascolti, peraltro già in calo dalla terza stagione.
"Glee" è soltanto un business. Basti pensare a come la serie si è approcciata con i grandi fatti di cronaca americani, utilizzando sceneggiature spicciole, costruite al momento e mandate in onda, quasi, in tempo reale. Dalla morte di Whitney Houston alla pericolosa escalation di violenza nelle scuole, tra sparatorie e atti di bullismo contro i disabili. A tutto questo, gli sceneggiatori di "Glee" hanno sempre attinto a piene mani e, adesso, tutti hanno ragione di credere che, sulla morte del personaggio chiave della serie, vero collante per tutte e quattro le stagione con la storia nella storia (Finn/Rachel e Cory/Lea), la produzione speculerà eccome.
Vi prego non fatelo. Alcuni fan, giusto o sbagliato che sia, hanno già chiesto la chiusura dello show. Non è questo quello che deve fare uno show, non è questo che vogliamo. Ma vi prego, non fate di Cory Monteith una bandiera per i vostri ascolti.