38 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Cobra Kai 3, la recensione: come nel terzo capitolo di Karate Kid, si è perso il fascino e la magia

La terza stagione, la prima interamente prodotta da Netflix, alza l’asticella dei dialoghi, della narrazione e degli scontri e lascia scoperti – come un karateka alle prime armi – tutti i suoi punti deboli. Il primo è Ralph Macchio: le totali inabilità di Daniel-san nel campo delle arti marziali non sono soltanto comiche, ma oltre a rappresentare una macchia nella fluidità delle scene d’azione, mancano di rispetto all’epica e alla mitologia di Karate Kid.
38 CONDIVISIONI
Immagine

Per parlare di Cobra Kai 3, disponibile su Netflix da capodanno, dobbiamo necessariamente partire dall'inizio. Cioè, da come materialmente nasce la serie. Cobra Kai è il primo vero tentativo da parte di YouTube di mettere le mani su un possibile pezzo da novanta da promuovere come YouTube Originals; il tentativo di YouTube di entrare nel mercato della serialità in streaming dalla porta principale. E quell'idea audace di sviluppare nuovi contenuti parte proprio dal grande vantaggio che hanno costruito nella loro casa: le ricerche degli utenti. Viene fuori che milioni di fan in tutto il mondo continuavano a guardare a ripetizione le clip dei film di Karate Kid. Letteralmente: milioni. Così siamo arrivati a Cobra Kai.

Josh Heald, Jon Hurwitz e Hayden Schlossberg, creatori della serie, capovolgono la prospettiva di Karate Kid e ci fanno guardare cosa è diventato oggi Johnny Lawrence (pensate a una storia simile con Draco Malfoy, la figata che sarebbe). Il bullo che 34 anni prima perse la finale del torneo di karate contro Daniel LaRusso, è precipitato in una spirale di fallimenti. Questa mossa, unita all'effetto nostalgia di quei milioni di utenti e a una scrittura capace di attrarre nuovo pubblico è stata assolutamente vincente. Ma una serie che mette al centro di tutto il fallimento, poeticamente, fallisce: perché il progetto dei contenuti YouTube Originals per le serie tv si arena. La piattaforma cambia il suo modello e subentra così Netflix.

E qui arriviamo alla terza stagione, la prima interamente prodotta da Netflix con YouTube fuori dai giochi. La produzione prova ad alzare l'asticella dei dialoghi, della narrazione e degli scontri e lascia scoperti – come un karateka alle prime armi – tutti i suoi punti deboli. Uno su tutti? Ralph Macchio. Arrivati alla terza stagione, le totali inabilità di Daniel-san nel campo delle arti marziali non sono soltanto ridicole, ma rappresentano una macchia nella fluidità delle scene d'azione, sporcando l'immagine e il ricordo dell'epica di Karate Kid. Anche perché la terza stagione – pur mantenendo intatti i toni comici, tutti sulle spalle del grande protagonista, William Zabka – comincia a prendersi di più sul serio affrontando tematiche più complesse. Non è un caso che gli episodi migliori sono i centrali, quelli che spingono Daniel a Okinawa sulle tracce del suo passato con il Maestro Miyagi; e cioè lontano dai colpi proibiti e improbabili e più vicino a un delicato e innocuo sentimentalismo. Ma anche lì, in un due episodi che rendono omaggio a Karate Kid II, dopo essersi riunito con la sua Kumiko, spunta fuori lo scontro che ha il sapore della rivincita con il suo nemico dell'epoca Chozen, qui nelle vesti di nuovo alleato-maestro, pronto a insegnarli le tecniche segrete che il Maestro Miyagi non gli ha mai rivelato. Tra le vecchie glorie che ritornano dal passato c'è anche il personaggio di Ali Mills, interpretato da Elizabeth Shue. Per lei, biondina contesa tra Johnny e Daniel nel primo Karate Kid, c'è uno spazio importante nel finale di stagione.

Hawk/Falco (Jacob Bertrand)
Hawk/Falco (Jacob Bertrand)

Sul fronte dei giovani allievi delle due scuole, dopo i fatti conclusivi della seconda stagione, si vanno delineando nuovi equilibri. E nuove complicazioni, anche al pari di quanto accade tra i tre sensei. Molto meglio le scene d'azione quando ci sono loro, i giovanissimi, se non altro più credibili. Una menzione speciale per il personaggio di Hawk/Falco (Jacob Bertrand) che sotto l'influsso del Maestro John Kreese (Martin Kove), cambia definitivamente diventando con lui, il vero cattivo di tutta la stagione. È proprio Falco, il personaggio che compie forse la parabola più interessante fino al sorprendente atto finale. Sul personaggio di John Kreese, la sceneggiatura ci mostra le origini dell'uomo che, molto banalmente, ha formato la sua mente cinica e senza scrupoli sopravvivendo agli orrori del Vietnam. Poca roba, onestamente. Che abbiamo già visto sublimata in un altro John: Rambo.

In definitiva, la terza stagione di Cobra Kai – pur pescando con flashback continui nel passato di Karate Kid – perde molto di quella genialità iniziale seguendo l'esempio proprio di Karate Kid, che con il terzo capitolo iniziò a perdere i pezzi per diventare tutt'altro. Purtroppo, il fascino e la magia dei primi due capitoli qui non ci sono. Ma per chi la ama e proprio non vuole perderla, tranquilli: è già stata annunciata la quarta stagione, inevitabile per la resa dei conti finale tra le forze rimaste in gioco.

38 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views