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Claudio Lippi da giudice a concorrente di Tale e Quale Show 2017: “Mi sono pentito”

Claudio Lippi racconta com’è avvenuto il suo passaggio da giudice a concorrente di Tale e Quale Show. “Mi sono pentito un minuto dopo avere accettato” scherza, per poi rendere note le vere ragioni del suo cambio di ruolo.
A cura di Stefania Rocco
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Claudio Lippi figura quest’anno tra i concorrenti dell’edizione 2017 di Tale e Quale Show. Il noto conduttore, ex giurato del talent show condotto da Carlo Conti, scherza con Tv Sorrisi e Canzoni cui confessa il suo cambio di rotta: “Oddio, sembro uno zombie: ho ancora i resti della pelle di Elvis Presley sul viso… il trucco fatica ad andare via. In realtà mi sono pentito un minuto dopo aver accettato”. In realtà la scelta di passare da giudice a concorrente avrebbe una motivazione ben precisa:

Ero perplesso, ma poi mi sono detto: “Avere emozioni nuove è fondamentale per sentirmi vivo”. Ed eccomi qua. Più vivo che mai. Ai miei ex colleghi dico di stare molto attenti con me.

Lippi torna alla domenica con Domenica In

Si tratta di un buon periodo per Lippi. Oltre alla partecipazione a Tale e Quale Show, il conduttore tornerà presto alla domenica con Domenica In insieme alle sorelle Parodi. Si tratta di un ritorno in piena regola per lui che ha condotto per 10 anni Buona Domenica insieme a Maurizio Costanzo:

Io sono uno che ha i piedi per terra nonostante le mie ingenuità e le botte che ho preso per buona fede e fiducia nel prossimo. Capisco che è un bellissimo momento: a “Tale e quale” mi metto in gioco, è un programma fatto di sacrificio, di forza fisica, del superamento dei propri limiti e per fortuna non è vincolante sul futuro professionale e di vita. Quelle con Buona Domenica erano forse tra le più belle domeniche pomeriggio della storia televisiva. La trasmissione di Costanzo era ricchissima di momenti diversi: serietà, riflessione, ma anche divertimento puro… Ora a “Domenica in” io sarò “quello con esperienza”. Ho detto: “Fidatevi di me, affidatemi le modalità per il sorriso, per il disimpegno che abbia sempre una regola: il buongusto”. È una partecipazione che un po’ di gratificazione me la dà

La truffa al padre e i debiti ereditati

Lippi ripercorre i suoi esordi, all’epoca in cui sognava di fare musica contro il parere dei suoi genitori. Racconta di venire da una famiglia benestante e che il padre avrebbe tentato con ogni mezzo di dissuaderlo. Fino al momento in cui, a causa di una truffa subita, fu costretto ad accettare l’aiuto di suo figlio:

Mi volevano dottore commercialista, per seguire la strada del babbo che era consulente finanziario di un’importante società americana. Per loro era impensabile che un Lippi andasse in giro a cantare per i locali. Mi arresi ma nel 1964, io ero ripetente al quinto anno di liceo, mio padre fece una enorme cavolata. Investì tutti i suoi risparmi, ed erano anni in cui si stava bene quindi tanti soldi, in una società con un suo conoscente che aveva un burrificio a Masnago, una frazione di Varese. Quindi ci siamo trasferiti lì e mi hanno iscritto in un liceo prestigioso. Andavo a scuola con l’autista con i guanti bianchi, come pure i miei compagni. Un giorno esco da scuola e non vedo né la macchina, né l’autista, ma un po’ distante un camioncino con l’insegna “BurPanna”, che era la società di mio padre. Mi avvicino, lui apre il finestrino e cereo in viso, tra pianti e disperazione, mi dice: “Non abbiamo più una lira”. Non solo. Il socio era scappato con tutti i soldi, lasciando pure un debito di tre miliardi di lire. Fu una truffa, come nei film. Da quella brutta vicenda mio padre ha cominciato a morire. Il mio ricordo è di una enorme tristezza e allo stesso tempo di una grande gioia Perché a quel punto serviva tutto, anche le 1.000 lire guadagnate cantando in giro per i locali. Io avevo la possibilità di un piccolo ingaggio in un night club di Alassio e mio padre fu costretto a dirmi: vai. Così da un momento tragico realizzai il mio sogno: cantavo dalle dieci di sera alle quattro del mattino. E tutto è cominciato. Poi mio padre si è ammalato e si è spento qualche anno dopo lasciandomi in eredità tutti i debiti che nel frattempo erano diventati una cifra incalcolabile. Ma ho deciso, silenziosamente e senza dirlo a nessuno, di accettare il debito e di provare a risanare il buco. Ci sono riuscito dieci anni fa. Una bella soddisfazione, ma che mi ha lasciato delle cicatrici.

Il rapporto con Corrado

A condizionare la vita di Claudio traghettandola verso il successo in tv fu l’incontro con Corrado che decise di affidargli Il pranzo è servito. Sono rimasti amici per anni anche lontano dalle scene, tanto che Lippi ricorda oggi sia il professionista che l’amico perduto:

Lui aveva deciso di smettere con la conduzione di “Il pranzo è servito” e aveva detto: “O lo fa Lippi, o chiudo il programma”. Figuriamoci, io Corrado lo seguivo da prima ancora di fare questo mestiere: da ragazzino lo andavo a vedere in via Monte Zebio a Roma a “La Corrida” radiofonica. Mi affascinava la sua capacità di ironia, di leggerezza, il rispetto dei concorrenti, pur apparentemente massacrandoli. Corrado e Raimondo Vianello erano i miei fari. E la mia prima puntata di “Il pranzo è servito”, quella del passaggio di consegne da Corrado a me, fu, manco a dirlo, un disastro. Abbiamo passato molte serate a giocare a scopone scientifico. E lì lui si trasformava come dottor Jekyll e mister Hyde: era un essere insopportabile. Nessuno voleva giocare con lui in coppia. Sua moglie Marina Donati e Vittorio Marsiglia, l’attore che faceva il maggiordomo di “Il pranzo è servito”, si coalizzavano e alla fine toccava sempre a me. Durante le partite mi insultava: “Non capisci niente!”. “Ma che fai? Hai il cervello di una gallina!”. Poi finita  la partita ritornava con la sua voce e i suoi modi affettuosi: “Dai, la prossima volta ci rifacciamo”. Perdevamo sempre perché mi terrorizzava, entravo in ansia e non ne azzeccavo una.

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