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Claudia Tranchese e l’addio a Gomorra: “Grazia Levante è stata una donna vera”

Claudia Tranchese a Fanpage.it racconta il riscatto del personaggio di Grazia in Gomorra: “Ha scelto di morire pur di non accettare un nuovo padrone”
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Claudia Tranchese è stata l'attrice che ha interpretato uno dei personaggi femminili più interessanti dell'ultimo arco narrativo di "Gomorra – La Serie". L'evoluzione di Grazia Levante si è conclusa ribellandosi all'ennesima possibilità di un "passaggio di mano", di un "cambio di proprietà", da una famiglia all'altra. Uccisa per mano del Munaciello (Carmine Paternoster) nel quarto episodio, da una settimana Claudia vive il distacco circondata dall'affetto dei suoi fan: "Sono inondata da messaggi in cui si ribellano, come se io fossi direttamente responsabile. Dicono: "Ma non potevi ammazzarlo tu a lui?". 

Claudia, il personaggio di Grazia però si chiude nell'unico modo possibile, si direbbe anche in maniera positiva rispetto a quello che è stato il suo vissuto. Questo il pubblico lo ha capito?

Sì. E mi fa piacere che, mentre una parte di pubblico è affezionata all'ascesa al potere, c'è un'altra che ha ben compreso come l'ambizione di Grazia, che poteva evidenziarsi in questi sguardi forti ma sempre trattenuti, quest'atteggiamento molto contrariato verso la famiglia, questa insofferenza non era perché voleva prendere potere, ma era proprio dovuta al fatto di sentirsi in un ambiente in cui probabilmente non sarebbe mai voluta nascere. La scelta di morire da parte di Grazia è stata una scelta precisa, una volontà di entrare in possesso di un suo potere. Non diventare un giocattolo nelle mani di un nuovo padrone ha spiegato bene la sua ambizione. Decidere di non accettare una condizione è un messaggio altrettanto forte, è una presa di potere. Ci tenevo tanto che al pubblico arrivasse tutto questo perché è stato l'insofferenza e la repressione dei suoi sentimenti sono stato il motore nella mia costruzione di Grazia.

Hai fatto parte di un progetto così importante nelle sue stagioni finali. Cosa vuol dire per te?

Tantissimo. Anche se, in realtà, ho fatto provini a ogni stagione e ogni volta tornavo a casa sentendo di non essere giusta. Per me è stato un aspettare, un sentire che prima o poi sarebbe arrivato il momento giusto.

Quali ruoli avevi provato prima di Grazia?

Il primo anno per Noemi (Elena Starace, ndr), il secondo per Patrizia (Cristiana Dell'Anna, ndr), il terzo per Maria, la fidanzata di Sangueblu (Gina Amarante, ndr). Mai e poi mai, però, sono tornata a casa come dopo il provino per Grazia. Tornai con dei lacrimoni che la gente per strada probabilmente mi prese per pazza.

Quale scena hai interpretato?

Il dialogo con Patrizia, prima del matrimonio con Michi. Era una scena molto emotiva dove Grazia per la prima volta si apriva a Patrizia, dicendole "non mi sposerò mai perché ho già i miei padroni". E lì spiegava anche tutto il suo amore per Michi, un uomo che profumava di libertà e che era qualcosa di completamente diverso dai suoi fratelli e dalla sua famiglia. In quella scena del provino ho proprio percepito che c'era qualcosa di autentico, che doveva andare e così è stato.

La scena che hai citato prosegue poi con l'unica che sequenza che ha un po' di luce (e di mare) in tutta l'intera serie, se non sbaglio. 

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Sì, eravamo ad Atrani e c'era un infinito tra mare e cielo. Ne abbiamo parlato anche noi con il regista, Enrico Rosati. È stato lui che ha voluto questa scena, con queste due donne fronte mare e quest'azzurro meraviglioso. In quella scena, entrambe sono mosse da sentimenti contrastanti e senza dirsi nulla si sono sentite molto vicine. Girare quella scena è stato fantastico.

Hai girato l'ultima stagione di Gomorra in contemporanea con la serie dei The Jackal, Generazione 56K. Come si fa a portare avanti due progetti agli opposti?

Sì, è stato abbastanza complesso. C'è stato un momento in cui avevo da girare una delle prime scene tra Grazia e il Munaciello, quella dove vengo utilizzata come merce di scambio e alla fine di quella giornata, la produzione mi chiama – era sempre Cattleya – e mi fa: "Devi andare a Napoli perché c'è una scena da girare per Generazione 56k". È stato stranissimo. Nel mio percorso non mi ero mai ritrovata a girare due cose così opposte e lontane in contemporanea. All'inizio, avevo paura di contaminare l'una dell'altra e invece mi sono abbandonata al pensiero che se fosse accaduto non sarebbe stato così drammatico. Penso che un po' dell'una e dell'altra si siano mischiate ed è stato anche bello alternare sentimenti così opposti su progetti così lontani.

E come è stato interpretare Ines? 

Ines è stata una boccata d'aria. Mi sono proprio divertita tantissimo. Penso ci sia una nota, una sfumatura che Ines condivide con Grazia ed è una malinconia di base. Ines è la donna brillante su cui puoi fare sempre affidamento, ma per umanizzarla ho giocato dandole l'ossessione di mettersi sempre i capelli dietro le orecchie, per sentirsi sempre a posto. E questo denota un'insicurezza, un bisogno di sentirsi perfetta che forse comunica con i sentimenti repressi di Grazia. E nei consigli che Ines dà a Matilda, c'è anche il rimpianto di aver avuto un figlio troppo giovane e tutto quello che magari lei vorrebbe fare e non può fare più.

Claudia Tranchese in Generazione 56K (Netflix)
Claudia Tranchese in Generazione 56K (Netflix)

Ines e Grazia, donne agli opposti ma entrambe in cerca di affermazione e di libertà. Veniamo da una brutta settimana se penso a quello che è successo a Greta Beccaglia. Tu cosa ne pensi? 

Penso che più che proteggere le donne, dovremmo cominciare a educare gli uomini. C'è un problema culturale, anche abbastanza grave. Di fronte a delle mancanze così grandi, il problema più grande è la base culturale. Se non abbiamo gli strumenti per decodificare la realtà e la società, sarà complesso uscirne senza scene come quelle della giornalista. Se si investisse maggiore attenzione sulla formazione e la sensibilizzazione, da certe famiglie potrebbero crescere uomini e donne migliori.

Puoi dirci di più sul tuo futuro? Cosa stai girando?

Sto girando una serie Rai tutta nuova e purtroppo non posso dire nulla. La cosa che posso dire e di cui sono molto contenta è un personaggio ancora nuovo, completamente opposto rispetto a quanto fatto finora. Poi, magari, ne riparleremo però è un altro campo e sono felice. Se penso al mio percorso, sono contenta di aver avuto sempre la possibilità di esplorare personalità completamente differenti l'una dall'altra.

Sei giornalista, iscritta all'albo dei pubblicisti.

Sì, lavoravo per un giornale che si chiamava "L'ambasciatore". Mi occupavo di cronaca locale per il mio paese, Brusciano.

Però hai sempre voluto fare l'attrice.

Ho iniziato facendo danza e un laboratorio teatrale. Dopo un problema fisico, ho abbandonato tutto e per me il teatro era una fatica fisica ed emotiva troppo pressante. Finito il liceo, mi sono iscritta a Sociologia pur sapendo di voler fare da sempre l'attrice. Questo è stato il periodo in cui ho scritto per il giornale. Poi, ho terminata l'università e sono rientrata a Roma. Ho cominciato a inviare curriculum per fare da spalla ai provini.

E lì è arrivata l'occasione?

La prima volta che ho fatto spalla è stato per "L'amica geniale". Poi ho cominciato a fare da spalla in "Gomorra" e mi è stato sempre precisato che non c'era spazio. Molti attori rifiutano il ruolo di spalla ai provini, perché hanno paura di restare confinati in questo ruolo specifico. Per me, però, era una palestra. Alla fine, come ti ho raccontato, è arrivata Grazia. E l'ho fatto provinando anche altre attrici per quel ruolo e giocandomela fino alla fine. Ho fatto tutta la trafila: primo provino, call back e fase finale.

Ci vuole la perseveranza per fare questo lavoro?

C'è stato un momento in cui ho pensato di aver perso troppo tempo. I cinque anni di università, università che poi ho finito prima proprio perché pensavo sempre e solo a fare l'attrice, le energie sprecate per fare la giornalista. Alla fine, sì, bisogna crederci e io ci ho sempre creduto.

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