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Beauty Contest cancellato: Di Pietro ci azzecca sempre, o spesso

Il leader Idv commenta positivamente l’addio definitivo dell’idea di assegnare le frequenze tramite il proverbiale beauty contest. Resta l’attesa nei confronti di una gara che dovrà basarsi su criteri paritari per i concorrenti.
A cura di Andrea Parrella
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Ha ragione Antonio Di Pietro quando trae le sue conclusioni sull'addio definitivo al beauty contest televisivo da parte del governo tecnico, ad opera del ministro Corrado Passera. Appare più che giustificato ritenere che questa passaggio fosse il minimo. L'abbandono dell'idea nefasta e antieconomica del precedente governo di assegnare le frequenze televisive ancora "libere" sulla base di valori estetici e qualitativi delle emittenti, non portava che a una conclusione: avrebbe favorito, alla base, solo quelle già esistenti. In una nota, il presidente dell'Italia dei valori afferma:

E' il primo risultato di una battaglia parlamentare visto che l’asta era, in realtà, un regalo per favorire gli interessi personali di Berlusconi, il quale riceveva in dono un bel pacchetto di frequenze per le sue televisioni. Cancellare quell’asta era il minimo che si dovesse fare. Ora il problema è quello di far entrare sul mercato soggetti televisivi e non, diversi dai soliti noti. Le frequenze infatti devono servire a rendere più concorrenziale e più innovativo il sistema radiotelevisivo e della comunicazione. Per questo, devono essere assegnate prioritariamente a soggetti che, rompendo il vecchio duopolio Rai-Mediaset, consentano l’espansione di nuove tecnologie wireless, permettano la moltiplicazione di nuovi canali televisivi digitali terrestri e incentivino la presenza di aziende caratterizzate da forme di azionariato popolare e offrano uno spazio alle tv locali.

E Di Pietro ha ragione proprio a stimolare la perseveranza, affinché non si cada nell'errore di abbandonare adesso, a fronte di una scelta decisa, un percorso lungo del quale questa scelta è solo il primo passo. Urge trovare un sistema di assegnazione che si conformi all'offerta in crescita degli ultimi anni. Occorre provare a rendere omogeneo un ambito nel quale la disparità detta legge, dove, nei tre decenni antecedenti al nostro, l'aggettivo "regolare" è stato un puro optional, a fronte di leggi e decreti che hanno bonificato azioni ai limiti con il lecito. Detto in poche parole, è dovere del governo attuale, tentare prima di tutto un gesto dimostrativo affinché si possa intuire l'inversione di tendenza necessaria ad una metamorfosi. Ed è dovere agire, superando le ipotesi.

La partita delle frequenze TV è ancora totalmente aperta, almeno fino a quando non si attesterà fattivamente che la notizia giunta ieri non sia un mezzo per dilatare il tempo, per prorogare tutto al 2015 (anno in cui, nelle previsioni, l'assegnazione provvisoria di due o tre dei sei multiplex a disposizione dovrebbe concludersi), lasciando a chi succederà il peso della decisione. In tal caso, sarà stata l'ennesima occasione perduta. Il governo e Corrado Passera ci perdoneranno il sospetto prioritario, tra i tanti vizi puramente nazionali è divenuta una delle pratiche nelle quali ci si diletta con più disinvoltura. Di fiducia a priori ne è stata data abbastanza e la conclusione tratta è che, per chi gestisce la cosa pubblica, non funga da stimolante. Si preferisce di gran lunga conservare le energie per un elogio finale sostanzioso anziché prodigarsi in inconsistenti complimenti provvisori.

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