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Assurdo, a Marassi non c’è scappato nemmeno un morto!

I due casi che hanno scandito le ultime settimane di “calcio” dimostrano la totale assuefazione ad assecondare qualsiasi evento al naturale prosieguo delle fasi calcistiche del campionato. Le reazioni delle istituzioni rientrano, forse, nello stesso modo di fare che quegli eventi li ha causati.
A cura di Andrea Parrella
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I due casi che hanno scandito le ultime settimane di "calcio" dimostrano la totale assuefazione ad assecondare qualsiasi evento al naturale prosieguo delle fasi calcistiche del campionato. Le reazioni delle istituzioni rientrano, forse, nello stesso modo di fare che quegli eventi l'ha causato.

Ci sono buone probabilità che la tragica morte di Morosini in diretta TV e la vicenda delle accese proteste di Genova, non cambino un bel niente nel mondo del calcio. Si apprezza il tentativo, forse onesto, dei mezzi di informazione e dell'establishment in generale a tentare di caricare questi due accadimenti, diversi ma non casualmente vicini, di una forza rivoluzionaria, o almeno riformatrice. Sappiamo altrettanto bene che gli umori e le budella della gente non vadano sempre di pari passo con quello stesso establishment, specie quando si tratta di dover fare delle rinunce, quando si tratta di ricordare per non ricadere. Ci sono buone probabilità che le sanzioni che si preannunciano per rimediare agli enormi vuoti strutturali, sempre diversi ma sempre non casualmente vicini, siano nulle negli effetti. Che insomma non serviranno a granché.

Da due settimane Giovanni Petrucci, albero secolare installato a Roma, a gravitare tra CONI e altre istituzioni sportive da decenni, brandisce la spada in piedi su una sedia, parlando di soluzioni che si troveranno, di pure casualità incontrollabili da una parte, di punto di non ritorno dall'altra. Da due settimane si presenta nei Tg, rilascia interviste di maniera che, in virtù delle sue sembianze mummificate, e con un'incisività inferiore solo a quella di Enrico Letta, godono degli stessi effetti del Voltaren. Qualunque Daspo, o identificazione, ogni promessa di controllo sanitario aggiuntivo e indagine sul motivo del decesso del calciatore del Livorno, resteranno mine vaganti negli archivi di giornali e TV, saranno tirati fuori in modalità random, quando sarà il caso. Magari quando si verificheranno altre questioni del genere.Ci sono buone probabilità che accada anche questo perché l'informazione è artefice e destinataria dell'assuefazione al pallone. La razza italica è avvezza e abituata (male) a sopportare ben più alte sofferenze, non cederà alle tentazioni della facile indignazione e del comodo compianto. A testa alta ripartirà senza nemmeno sentire il peso della caduta. Siamo figli di Eupalla e si inizia a dubitare che Gianni Brera non parlasse di una dèa così benevola.

Il potere anestetico della routine è micidiale, tale da costringerci a restare, domenica scorsa, davanti alle televisioni oltre il termine naturale delle partite, spinti da un particolare gusto dell'orrido a guardare ciò che restava del silente secondo tempo di Genoa-Siena. Così avvezzi, ci si è quasi domandati con stupore come mai non ci fosse stato nemmeno un morto. La severità che Petrucci annuncia nei confronti della fronda di teppisti di Genova, o nell'impegno a chiarire la vicenda Morosini, sono affermazioni fatte con lo stampino che confermano, più che una linea d'azione educativa e lungimirante, atti che, qualora messi in atto, probabilmente non sfocerebbero in nulla che sia a lungo termine, ma solo in soluzioni temporanee, destinate a diluirsi nel tempo. In sostanza, l'atteggiamento sugli effetti sarebbe in linea con quello applicato sulle cause. Salvo che non sia quella stessa moralità inconsistente ad essere causa degli effetti concretizzatisi, guarda caso, negli eventi estremi delle ultime due settimane. In altri tempi, o in altri luoghi, non fossimo anestetizzati, la settimana scorsa avremmo spento tutti gli apparecchi.

Ma bando alle ciance, oggi c'è il campionato di calcio.

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