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Alessandro Bonan: “Il calciomercato è una cosa seria. Messi all’Inter? Difficile ma non impossibile”

Il primo calciomercato post-Covid, l’addio di Leo Messi al Barcellona, la liturgia televisiva del rush finale in collegamento dalle stanze d’albergo e la voglia di raccontare il calcio come una fantastica “Terra di Mezzo”. In una intervista a Fanpage.it, Alessandro Bonan svela i temi più caldi della diciassettesima edizione di «Calciomercato – L’Originale».
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Come ogni anno, è tornato l'appuntamento estivo di Sky con una nuova edizione – la diciassettesima – di «Calciomercato – L'Originale». Il programma è partito subito bene: la puntata di martedì 25 agosto, ha raggiunto 172 mila spettatori medi. In onda fino al 5 ottobre, da lunedì al venerdì alle 23 su Sky Sport Serie A e su Sky Sport 24, Alessandro Bonan, Gianluca Di Marzio e Fayna, insieme a tutta la squadra mercato di Sky, raccontano tutte le trattative, gli affari conclusi e quelli sfumati del calciomercato estivo che partirà ufficialmente il 1° settembre.

L'intervista ad Alessandro Bonan

Alessandro Bonan a Fanpage.it ha raccontato le sue impressioni sul calciomercato di quest'anno: «Una partenza scoppiettante con il caso Conte, il caso Ibrahimovic, l'arrivo di Pirlo alla Juventus e il Napoli che ha preso Oshimen». E su Leo Messi: «Stento ancora a pensare che Messi possa giocare lontano dal Barcellona, prossimamente. Se va all'Inter? Difficile, ma nel calcio tutto è possibile».

È la diciassettesima edizione di Calciomercato – L’originale, siete partiti il 24 agosto, un’edizione che sta raccontando il primo calciomercato post-Covid. Come sta andando?

Sta andando fortissima. C'è stata subito una partenza scoppiettante con il caso Conte, il caso Ibrahimovic, l'arrivo di Pirlo alla Juventus e il Napoli che ha preso Oshimen. Ci sono un sacco di notizie e gli ascolti stanno andando bene. Siamo molto contenti anche della formula che abbiamo scelto quest'anno di presentare il programma.

Una nuova sigla, «Io voglio», che hai scritto durante il lockdown, e il nuovo momento intimo della trasmissione, il «juke-box». La nostalgia è il valore positivo da cui possiamo ripartire? 

La sigla è sempre un modo interessante di comunicare il programma, ogni anno la cambio e per questa edizione ho pensato di scrivere un pezzo come quello nel quale si afferma la volontà di essere liberi. Questo Covid ci ha costretto alla prigionia per due mesi, abbiamo sofferto e quindi ho voluto esporre quelle azioni che non si potevano più fare. Correre, stringere, vivere ed essere noi stessi in tutto e per tutto.

Questi elementi di leggerezza restano il contorno per la concretezza della redazione e la disciplina del lavoro giornalistico. 

È la piacevole condanna del giornalista. Possiamo mettere dentro tutti gli aspetti comunicativi che vogliamo, ma se non siamo credibili dal punto di vista delle notizie, il programma crolla. Quello è il nostro telaio: la verità delle notizie. Per fortuna, è una cosa che noi abbiamo grazie a Gianluca Di Marzio e alla squadra mercato che lavora con lui.

Ecco, hai parlato di Gianluca Di Marzio, ma penso anche a Fayna (Valerio Spinella). Siete un po' come quelle squadre che sul campo da gioco danno l'impressione di trovarsi a memoria. 

Con Gianluca siamo insieme praticamente dall'inizio, dal 2004. Fayna è arrivato un po' dopo e il segreto di questo programma è proprio l'intesa che c'è tra di noi. Ho lavorato in programmi dove un'intesa del genere non c'era e mentre si consumava il programma, io capivo che non saremmo mai andati lontani. Puoi essere un bravo giornalista, un bravo conduttore, ma se non c'è armonia, se non ci sono gli stessi interessi e lo stesso modo di vedere le cose e di intendere la televisione, il programma ne risente. Noi invece siamo un gruppo dentro e fuori (la regia creativa di Roberto “Popi” Montoli e il coordinamento giornalistico di Davide Bucco, insieme a Bonan coautori del programma, ndr), siamo tutti molto uniti. E questo si vede nel programma.

Il giocatore più importante e forte del mondo si è messo sul mercato: dove andrà Leo Messi?

Dire dove andrà è difficile. Perché stento ancora a pensare che Messi possa giocare lontano dal Barcellona, prossimamente. Può essere che accadano cose dal punto di vista politico che rimetterebbero Messi al suo posto. Se dovesse andar via solo il Manchester City e il Paris St Germain hanno il potere e la possibilità di pagare uno stipendio così alto. Certamente finisce un'era, perché se Messi va via dal Barcellona finisce un periodo storico del calcio che si è identificato con lui e con una squadra che ha proposto un calcio irripetibile e spettacolare. Era una squadra meravigliosa con il più grande giocatore del mondo.

Hai parlato di Manchester City e Psg. E l'Inter? 

Mi affido a quello che dice Gianluca. Ritiene Messi all'Inter un affare molto difficile. Però, niente è impossibile nel calcio. A ruota libera ti dico che un affare del genere è un affare talmente grosso che, per quanto riguarda l'Inter, o è la Cina che decide di acquisire Messi per portare il giocatore in Italia, altrimenti la vedo proprio difficile.

Con il rush finale del calciomercato avete creato una vera e propria liturgia televisiva. Come si costruisce quel momento e come si gestiscono le fasi concitate degli ultimi minuti?

Di scritto c'è sempre molto poco, ma ci sono delle situazioni che si possono favorire, come il momento Juke-box appunto. Nello specifico, la liturgia dell'ultimo giorno di mercato è un momento molto difficile, il più difficile della trasmissione. Perché dall'albergo riferiscono le notizie e dallo studio è complesso gestirle, perché con l'avvento dei social tu arrivi a quel momento che già tanto si è saputo. Per me, come conduttore, è complesso tenere alto il ritmo del programma e dare un peso alle notizie perché capita anche spesso che le notizie non ci sono.

E in quel caso, che succede?

Dobbiamo avere la sensibilità di un accento ironico in più, di scoprire il personaggio all'apparenza minore che però ti può raccontare una storia interessante. Un presidente di Serie B, di Serie C, un giocatore che si presenta lì in albergo e ha una storia suggestiva. Tutte cose che si presentano sul momento, a volte ci sono colpi di scena che non sono mai facili da gestire.

Ecco, a proposito di colpi di scena all'ultimo momento: da tifoso del Napoli ricordo perfettamente la rabbia per l'affare Soriano

Si, era il 2015. Con Soriano sembrava tutto fatto e poi saltò tutto all'ultimo momento. Capita anche questo, purtroppo.

«La giusta parte», il tuo romanzo uscito nel 2019 per La Nave di Teseo, costringe il lettore a mettersi nei panni di chi calcia un rigore decisivo e, dall’altra parte, di chi quel rigore deve a tutti i costi pararlo. Basta questo innesco a spiegare la drammatica bellezza del calcio e anche il senso del lavoro di un giornalista sportivo?

Non basta, però aiuta tantissimo. L'immagine del calcio di rigore è un'immagine strepitosa. Per l'aspetto metaforico che porta con sé mi sono affidato proprio a questa immagine per tutto il romanzo. Ricordo Fabio Genovesi («Chi manda le onde», finalista Premio Strega, ndr) che mi disse: «Ho cominciato a leggere e ho pensato: non è che mi vuoi raccontare in 150 pagine un calcio di rigore?». Andò alle ultime pagine e capì che avevo fatto proprio questo tipo di operazione. È stato difficile, ma mi è venuto talmente spontaneo perché dentro ci sono immagini strepitose di vita e di calcio. Mi sono divertito a raccontare questa storia, nella quale mi sono ben guardato da dare un giudizio morale. Noi cerchiamo sempre di schierarci da una parte o da un'altra, ma «La giusta parte» appunto non esiste. Esiste una fantastica Terra di Mezzo nella quale si riesce a stare anche bene.

Serie tv e libri: cosa ci consigli? 

Gangs of London, sicuramente. L'ho cominciata a vedere per distrarmi un po', quando stacco dalla trasmissione. Una serie avvincente, molto forte e violenta, però bella. La consiglio. Da leggere mi è capitato sottomano «Fra la Via Emilia e il West» di Paolo Talanca, racconta la vita di Francesco Guccini. Ci sono cose di lui che non conoscevo e che ho letto volentieri perché lui è quasi un mio concittadino.

Giusto, perché lui è di Pavana (provincia di Pistoia). 

Sì, è al confine tra la Toscana e Reggio Emilia e ho scoperto che è anche un grande tifoso della Pistoiese, come me.

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