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Ad Amore Criminale la storia di Adriana, vittima di violenza per dieci anni

Per dieci anni non ha denunciato il marito, Pasquale, colpevole di averla trattata in modo spregevole, maltrattandola nel peggiore dei modi, urinandole addosso e minacciandola di morte.
A cura di A. P.
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Ad Amore Criminale, nella terza puntata, è andata in onda la storia di Adriana Di Colandrea, donna di Bacoli, duramente maltrattata dal compagno, impossibilitata nel fare qualunque cosa di propria sponte, impaurita di fare il minimo movimento a causa dell'imprevedibilità della reazione del marito, Pasquale. Per dieci anni, la storia di una donna che non riesce ad uscire dal ruolo di vittima che torna dal suo carnefice. Adriana si fidanza con Pasquale nonostante il volere contrario dei genitori e accetta di sposarlo. Adriana subisce un abuso da bambina, da parte di un amico di famiglia. Aveva solo otto anni quando fu vittima di un'esperienza che ne segnerà la vita, ecco perché Pasquale, l'uomo che sceglie di sposare, rappresenta per lei l'occasione di scappare da quel passato. Adriana è costretta però a trovarsi subito in una situazione invivibile, costretta a convivere a Roma con le sorelle di Pasquale nella stessa casa, vivendo di fatto come una Cenerentola costretta a svolgere tutte le mansioni di casa. Sempre sotto osservazione e ansia da prestazione per qualunque cosa facesse, vede Pasquale reagire in maniera rabbiosa a qualunque minimo sbaglio.

Il marito che le urina addosso

La donna racconta anche di quando, nella massima dimostrazione di sadismo, Pasquale le urina sulla schiena per semplice scherzo. I rapporti sessuali sono ridotti a giochi di ruolo nei quali lei subisce l'uomo, ma nonostante questo Adriana pensa che una soluzione a questo inferno possa essere un figlio, che il bambino possa cambiarlo: non è così. Il giorno del parto Pasquale si presenta con notevole ritardo in ospedale e, dopo il parto, il maltrattamento psicologico di Pasquale la porta quasi all'anoressia. Il peggio arriva una sera, quando Pasquale, una sera, si accorge che Adriana, per stanchezza, non ha lavato i denti, cosa che scatena la sua rabbia: Pasquale le dà un pugno che le tumefà un occhio per circa un mese. Le vicende portano la donna a pensare al gesto estremo del suicidio, rientrato proprio per la consapevolezza dell'esistenza del figlio. Un'altra buona notizia, un lavoro che concede a Pasquale di avere una casa tutta per loro, il che dà impressione ad Adriana, di una libertà nuova e una serenità in arrivo. Comincia a lavorare in una scuola e tuttavia le libertà e l'autonomia della moglie diventano per Pasquale uno spettro, qualcosa che lo porta ad esplodere. Fino all'aggressione che è di fatto il culmine di questa vicenda, che Adriana racconta così: "L'ho guardato, aveva degli occhi che non avevo mai visto prima, degli occhi neri, lucidi. Ho pensato che mi avrebbe ammazzata. Non ho osato dire una parola, pensavo che un niente avrebbe portato a darmi quella coltellata".

L'ultima aggressione

Le percosse subite portano i medici a diagnosticare una quasi perdita dell'olfatto. Nonostante ciò, per paura, non denuncia Pasquale. Ma dopo qualche tempo, un giorno Adriana subisce l'ennesima aggressione da Pasquale, che le rompe il naso con un pugno, ma lo fa davanti ad un vicino di casa, che lo allontana da lei e la porta in ospedale. Dopo dieci anni di violenze inaudite, Adriana esce dal suo ruolo di vittima. Il marito sarà condannato a sei anni per aggressioni, percosse e violenza sessuale.

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