Chi guarda 1992 – La serie per trovare nella ricostruzione del nostro passato tracce del presente ha avuto più di una soddisfazione nella messa in scena della reazione popolare all’inchiesta Mani Pulite. Antonio Di Pietro trattato come un eroe e un salvatore (anche se a lui la serie non piace), il godimento del pubblico nel vedere i miliardari, gli imprenditori e i politici soffrire negli interrogatori ed essere sbattuti in carcere… La serie di Sky ci ricorda come la violenza antipolitica e il livore contro chi governa non siano una caratteristica moderna, ma affondino le radici ben più lontano.
Le manifestazioni di piazza con i cori che incitavano Di Pietro a metterli tutti in galera e non fermarsi, la riconoscibilità per le strade, la stima dei passanti (si vede anche Tatti Sanguineti, grandissimo storico del cinema italiano, in un piccolo cammeo proprio nel ruolo di un incitatore di Di Pietro), tutto vero. Nei mesi che anticipavano l’estate del 1992, gli stessi dell’omicidio Falcone, Antonio Di Pietro raggiungeva la sua massima popolarità sancita da una copertina dedicatagli da Newsweek con il titolo Clean Sweep che nella serie diventa “Italian Revolution” (quel numero che raccontava cosa accadesse in quei mesi in Italia vendette il 30% in più della media).
Nell’affresco che Sky fa dell’anno in cui è cominciato il più grande cambiamento della storia della Repubblica Italiana, sono molti i riferimenti alla maniera in cui l’opinione pubblica viveva l’inchiesta. È molto chiaro per Leonardo Notte, il consulente di Publitalia interpretato da Accorsi, come l’eccitazione del pubblico per le disgrazie dei politici vada cavalcata dai TG dei canali Fininvest, alza lo share e fa vendere meglio la pubblicità perchè il pubblico vuole sentirsi raccontare la rovina dei privilegiati. Magliette con le manette, saponette “Mani pulite”, menù dei ristoranti a tema e un gioco da tavola simile al monopoli, anche il leghista interpretato da Guido Caprino va a dormire con una maglietta con scritto Tangentopoli usando lo stesso font del logo di Topolino.
E proprio la Lega, il terzo filone di racconto di 1992 – La serie, è uno dei legami più forti con l’attualità. L’ascesa di un partito che si proponeva di cambiare tutto, formato da neofiti della politica che non sanno quasi niente e si devono documentare su tutto, che si vendono come quelli onesti e inneggiano alle forche per la vecchia classe politica ricorda qualcun altro. Visti così i leghisti, come una massa che cavalca la disonestà della restante classe politica, sembrano i grillini di oggi (al netto del razzismo), eccitati anch’essi dal giustizialismo e determinati a non essere come gli altri, addirittura con una lista di posti da non frequentare per non essere mischiati ai vecchi politicanti.
In controluce infine, dietro la passione per la carcerazione dei politici, dietro il giustizialismo, la fine di una classe politica, il bisogno di rinnovo espresso nel trionfo leghista e i proclami sul pubblico votante di Leonardo Notte (“Gli elettori non vogliono la moderazione, gli elettori sono arrapati, vogliono essere eccitati”) si intravedono le immagini di repertorio delle interviste di Silvio Berlusconi, allora solo presidente del Milan e grande imprenditore italiano. È lui la parte più raffinata di 1992 (per ora), il grande villain che tutti aspettano e che la serie dosa e centellina solo in immagini di repertorio (e una sineddoche mostrandone solo i tacchi), l’incrocio tra la storia di Accorsi (Publitalia), quella di Miriam Leone (lo spettacolo), quella dell’inchiesta Mani Pulite e infine quella dell’imprenditoria italiana collusa con il potere.