“Videocracy” in tv perché non si smetta di disprezzare un mondo di apparenze
Ieri sera La7 ha trasmesso Videocracy – Basta apparire. Pur sapendo di cosa parli prima ancora che cominci, la visione del film è conturbante, e l'utilizzo dell'aggettivo non pare improprio. C'è una buona fetta d'Italia che si manifesta fortemente anti Berlusconiana, contraria non solo politicamente, ma principalmente ostile alla decadenza morale che il modello culturale imposto dall'entourage Berlusconiano comporti. Sono tutte parole note, che già conosciamo e che Videocracy, come film, non fa che ripetere, senza urlare.
Esiste un "ma" sostanziale, enorme, che si illumina, durante e dopo la visione, dinanzi agli occhi di chi sia in vena di una riflessione. Se la videocrazia esiste ha interesse a passare sottogamba, perché così facendo può coltivare speranze di essere sottovalutata da quella sfera intellettuale che avrebbe il dovere di combatterla. Il pericolo, cominciando a guardare questo film, è che se ne sottovaluti il contenuto perché tutto già conosciuto. La reazione simile ad un napoletano che a sentir parlare di Camorra da un non autoctono si annoia per superbia, perché conosce tutto quello che si stia dicendo.
Il fattore insano è proprio questa assuefazione a seni&sederi, che riduce di fatto la questione a mera quotidianità, norma e prassi irreversibili che, comunque, noi disprezziamo. Ma accettiamo. Il film di Erik Gandini tenta sapientemente di destrutturare questa logica, lascia parlare le immagini, montandole con arte, poche parole ad accompagnare video e dichiarazioni di un'immensa potenza comunicativa. Fabrizio Corona che evidenzia l'illecito e il malaffare come prerogative necessarie per divenire validi imprenditori non è normale; Riccardo Canevali, alias Ricky Rock, talento "incompreso" di XFactor, che fa pesare sulla scelta di accettare o meno un compromesso l'entità della posta in gioco non è normale ("Solo se per caso mi facessero fare un film da protagonista, al cinema, con una bella musica, una bella pubblicità con scritto il Van Damme italiano ce l'abbiamo noi, cose così e parto alla grande, allora ci si potrebbe pensare"); Lele Mora che sottolinea con una certa fierezza il motto "Basta apparire" non è normale (e le sue parole di redenzione all'uscita recente dal carcere lo confermano).
Ecco cos'è Videocracy, un accorato e silenzioso tentativo di convincere i passanti a non ridere superficialmente davanti a queste cose, declassarle dalla normalità, non soprassedere. In una parola: disprezzarle. Cosa c'entra tutto questo con la Tv? Molto semplice: Rai e Mediaset si rifiutarono, al tempo, di trasmetterlo, la prima nascondendosi dietro motivazioni politiche, la seconda celandosi giustamente dietro se stessa. La7 l'ha trasmesso per la prima volta più di un anno fa ed oggi, quando l'impero della videocrazia "pare" in fase di dismissione perché Briatore annuncia la chiusura del Billionaire e perché la Costa Smeralda è in crisi, o semplicemente perché Berlusconi non è più formalmente alla guida del paese, decide di riproporlo per farci stare all'erta, sempre vigili.