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Veronica Gentili: “Nel mio programma le opinioni di tutti, ma il surreale è vietato”

Intervista alla giornalista e conduttrice di Stasera Italia Weekend, reduce da un’estate di ottimi ascolti e volto di una Rete 4 indifferente agli echi sovranisti: “Non propongo un’opinione da sposare -racconta – ma provo a fornire gli elementi affinché le persone possano formarsi un’opinione propria”.
A cura di Andrea Parrella
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A dispetto di un mezzo che è consuetudinario, di recente la Tv che informa sta cambiando, nei format e nei volti. Molto fermento, ad esempio, ha caratterizzato la Rete 4 degli ultimi anni, che dopo una svolta informativa traumatica sta trovando i suoi punti fermi. Tra i quali c'è sicuramente Veronica Gentili, volto del fine settimane di Rete 4 con Stasera Italia Weekend e reduce da una stagione estiva di lavori straordinari durante la quale ha condotto in solitaria anche la versione quotidiana, affidata in autunno a Barbara Palombelli. Da questa intervista emerge un'idea chiara e soprattutto diversa di Rete 4, aperta e libera, soprattutto alternativa a quella del megafono sovranista.

Stasera Italia Weekend è reduce da un'estate di ascolti ottimi. Quanto credi incida la tua conduzione in solitaria?

Credo lo stile di conduzione sia decisivo in una televisione in cui i talk show di vario tipo proliferano. In questo mare il taglio che si dà ad una trasmissione diventa inevitabilmente fondamentale e incide su tutto, dalla scelta degli ospiti, ai tempi di conduzione, al lavoro con la redazione. 

In base alle tue esperienze precedenti, immagini evoluzioni del programma che ti possano portare, ad esempio, fuori dallo studio?

Non so se lo immagino in ottica esterna allo studio, io immagino più che altro una contaminazione di registri, cosa che mi riporta un po' alla cifra precedente del mio percorso, quella da attrice. Posso pensare alla possibilità di alternare i toni di serietà per l'argomento politico a temi che possano avere sfumature più sociali e culturali, o a momenti di maggiore leggerezza che mi portino anche verso l'infotainment. 

Infotainment, questa parola magica che è spauracchio di tutti i talk show in questo momento.

La prima serata è molto diversa dall'access (la fascia che precede la prima serata, ndr), all'interno di un format di 50 minuti come il nostro, che si lega molto ai temi dell'attualità politica, il margine d'azione è relativo. Conta più che altro come tagli i temi, quanta libertà lasci al punto di vista, quanto sei equilibrata. Un accenno di esperimento lo abbiamo fatto con gli speciali di tre ore andati in onda quest'estate al sabato sera, parlando di famiglia, amori e sessualità ai tempi del Covid. Temi come questi mi interessano molto, ma sono cose che puoi fare quando lo spazio va a dilatarsi.

Tempo dilatato che costringe anche a soluzioni per trattenere il pubblico, Giordano dice che i suoi ingressi in monopattino nascono da questa esigenza. Da quello che dici deduco che è come se la durata inferiore di un talk politico favorisse il rigore giornalistico.

Sì, è assolutamente così. Le prime serate sono molto divertenti, belle sfide, ti permettono un punto di vista più personale, ma contemplano anche il cosiddetto allungamento del brodo. Si è costretti a trovare temi che siano appetibili, che funzionino, c'è la necessità di esplorare campi che abbiano più presa sul pubblico. In un format come quello di Stasera Italia Weekend, più breve, tutto ciò conta molto meno. Devi certamente trovare un tuo stile e una tua cifra, ma la scena se la prendono i fatti, ciò che accade. Il problema, spesso, è capire cosa devi lasciare fuori per mancanza di tempo. Una prima serata è una potenziale prateria di idee, ma è anche una possibile trappola enorme, perché rischi di perderti nelle insidie del già detto, le cose meno interessanti. 

Il tempo, insomma, può essere tiranno in entrambi i sensi, sia se troppo sia se troppo poco.

Io associo il programma che faccio a quella sensazione di alzarsi da tavola e avere ancora un po' fame. Con 5 ospiti in 50 minuti hai ritmo garantito, ma se non li gestisci nella maniera migliore non fai parlare tutti allo stesso modo. Se ti riesce bene, la sensazione è che tu abbia messo un po' di tutto di quello che è accaduto nella giornata.

Come se il tuo programma fosse una zona franca di Rete 4 disponibile ad accogliere tutti. 

La frenesia degli ascolti l'abbiamo tutti, ma non abbiamo l'urgenza di doverci inventare la cosa strana e sui generis, urgenza che può avere la prima serata. La brevità rende in un certo senso più liberi e non posso dirti, dovendo preparare una prima serata domani, che approccio adotterei, non sarei certa di questo stesso rigore. Non è la stessa cosa. 

Lavori in una rete che appare fortemente connotata e orientata da un punto di vista politico e che guarda fondamentalmente a destra. 

Personalmente lavoro affinché nel mio programma ci siano tutti i punti di vista e ho lavorato perché fosse una trasmissione plurale. In un tempo in cui la parola ‘pluralismo' ci esce dagli occhi io credo sia fondamentale anche perché, come dicevo, lì dove la prima serata di Rete 4 si struttura anche per essere quasi volontariamente un po' di parte, l'access lo deve fare meno, è più un racconto propedeutico, dopo il quale scegli la tua prima serata. Per questo io cerco di creare uno spazio in cui ci sia cittadinanza per tutti i punti di vista.

Quello del dare spazio a tutti i punti di vista è un terreno scivoloso, c'è un limite invalicabile per la opinioni?

Il confine è quello della serietà e il Covid, in questo senso, è stato importante: noi lavoriamo in un perimetro in cui ci possono essere tutte le opinioni, tranne quando si entra nel surreale. 

Rete 4 ha un pubblico molto definito, il pericolo è parlare a qualcuno nello specifico più che a tutti.

Mi fregio di dirti che l'esperienza della mia conduzione estiva racconta che non è veramente così. L'estate è certamente anomala e un esperimento di questo genere andrebbe messo alla prova nel contesto invernale, però vedendo i risultati dei mesi scorsi ho imparato ad andare oltre l'idea secondo cui ci sia un pubblico statico che guarda solo quello che rafforza le proprie convinzioni. 

Volendo menzionare il principale competitor, è come se mi stessi dicendo che il pubblico di Rete 4 e quello di La7 non sono poi così distanti. 

Al pari della mobilità e fluidità di elettorato di cui si parla tanto oggi, c'è una grandissima parte di persone che vuole vedere. E questa è una maggioranza silenziosa che ha voglia di informarsi, conoscere, ma non avverte l'esigenza di dirti ogni minuto come la pensa. Io non propongo un'opinione affinché tu possa sposarla, ma provo a fornirti gli elementi affinché tu possa formare una tua opinione. Certo, devi avere la credibilità di riuscire a fare un programma che informi in maniera seria, ma anche dal punto di vista aziendale io non ho mai subito pressioni, nessuno mi ha mai detto "ma che stai a fa'?".

Nel mondo esterno siamo tutti d'accordo che il vero problema della Tv sia non riuscire ad attrarre pubblico giovane. Il problema è ugualmente sentito da chi la Tv la fa, oppure l'idea che il pubblico adulto sia più numeroso in un paese anagraficamente vecchio prende il sopravvento?

La preoccupazione c'è ed è anche uno di quei discorsi continui che ci facciamo. Del fatto che poi questo si traduca in politiche realmente competitive dal punto di vista televisivo per risolvere il problema, non ne sono totalmente sicura. Il problema lo sento molto vicino anche dal punto di vista generazionale, sono in una zona un po' ibrida tra la modalità televisiva e digitale. Credo ci sia un po' di desistenza a priori perché nell'immaginario si pensa che la Tv la guardi solo chi è più grande, ma ritengo che si dovrebbe cercare di unire il mondo dei social network con il mondo televisivo, cercando personaggi che possano fare da ponte.

Eppure la televisione sembra uno di quei mezzi che meglio è riuscito a resistere alla rivoluzione digitale.

C'è tutta una serie di mezzi, comportamenti e usi che, ancora oggi, non sappiamo se si reinventeranno o saranno destinati a diventare preistoria. Ma questa è una questione antropologica che andrebbe approfondita anche in relazione alla modalità di fruizione del mezzo e la televisione fino a questo momento ha resistito perché permette una fruizione domestica, in solitaria. I tempi che viviamo ci dicono, ad esempio, che il cinema è in grossa difficoltà proprio perché la fruizione collettiva è limitata. Ad esempio io penso che il solo mezzo destinato a sopravvivere in eterno sia il teatro ed è la storia a dimostrarlo. 

Come nelle conversazioni al bar, il Covid ha monopolizzato tutto in Tv, parlare d'altro appare fuori contesto, secondario, superabile. Come si può evitare di diventare monotematici?

Oggi siamo tutti travolti dal qui e ora, qualsiasi argomento approcci, dall'economia alla salute, è dominato dalla pandemia, che è prevaricante come una boccetta di colore più forte degli altri. Però è anche chiaro che lo sforzo sta nel cercare di isolare temi e argomenti che restino a prescindere, cercando di dar loro una vita e una dignità. Dare per scontato l'elefante nella stanza, ma girandogli intorno, guardando ciò che c'è dietro. 

Sei una delle conduttrici più giovani in Tv in questo momento con un programma di politica tutto suo. Chi sono i tuoi punti di riferimento? 

Difficile rispondere, qualunque persona citi, non sto menzionando le altre. Sono circondata da colleghe e colleghi molto diversi tra loro e tutti molto interessanti per approccio e stile. Ad esempio è curioso che le donne nei talk stiano spesso sedute, mentre gli uomini spesso in piedi. Se vuoi un nome dico Michele Santoro, che un caposaldo giornalistico innegabile per quello che ha fatto. La sua capacità di inclusività e di racconto, o galvanizzazione di una certa parte, è senza eguali. 

La striscia quotidiana di Stasera Italia con Barbara Palombelli è una cosa alla quale aspiri?

C'è un equilibrio di alternanza tra noi che è stato molto efficace e funzionale. Se mi chiedi del mio futuro in azienda non so dirti, mi sembra ci siano tante cose belle, che siamo tutti molto contenti di come sia andata quest'estate e credo ci siano novità che verranno. Quali, in questo momento, non lo so. 

Il weekend è un limite o una possibilità?

Entrambe. Da un lato sei fuori da quella che è la settimana, ti confronti con la necessità delle persone di cercare un po' di leggerezza. Dall'altra la politica nei weekend piazza i suoi eventi, dalle elezioni alle convention. Di sabato e di domenica c'è la sfida di immaginarsi come raccontare le cose, in quei due giorni devi fare questo sforzo in più.

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