Valentina Romani, Naditza in Mare Fuori: “Spero in un’altra stagione, c’è molto da raccontare”
Romana, 25 anni, Valentina Romani, è una delle giovani attrici più conosciute e talentuose della fiction italiana. Protagonista di prodotti che in questi anni hanno riscosso grande successo da parte del pubblico, come "La Porta Rossa" accanto a Lino Guanciale e Pierpaolo Spollon, adesso la vediamo nei panni di Naditza in "Mare fuori", la fiction di Rai2 ambientata a Napoli e che racconta le storie di alcuni ragazzi rinchiusi nel carcere minorile della città. A Fanpage.it l'attrice ha raccontato di aver amato particolarmente il suo personaggio, dal quale ha imparato ad essere più intraprendente e coraggiosa, soffermandosi poi sull'importanza dell'arte: "Credo che sia una forma di comunicazione potentissima" ed è per questo che ha sempre voluto fare l'attrice.
La prima domanda, forse la più semplice, come stai?
Domanda semplice, ma mai scontata, sto bene. Un po’ di stanchezza, infreddolita perché sono a Trieste, sono sul set de "La Porta Rossa 3".
Dopo la prima stagione di Mare Fuori come è stato rientrare nei panni di Naditza?
Non posso dire che Naditza sia molto diversa dalla prima stagione, l’ho ritrovata dopo aver letto la sceneggiatura: il suo carattere così solare e contagioso è rimasto parte della sua identità. Ho dovuto fronteggiare lo scoglio del dialetto, ci tengo molto a dire che senza i miei colleghi napoletani sul set non sarebbe stato possibile farlo.
"L'hai ritrovata", hai avuto l'impressione di averla persa?
L’ho ritrovata sì, ma non ho avuto la sensazione di averla persa. Ho rivisto ancora una volta il suo coraggio così grande, quel profondo bisogno di sentire, spinta da un motore potentissimo che è l’amore, profondamente legata alle sue amicizie a cui dà un valore enorme.
Eppure ho l'impressione che Naditza affronti un conflitto interiore, sei d'accordo?
Lei è uno spirito libero, non si fa vincere dalla paura, è chiaro che ne abbia, soprattutto perché sa di non poter contare sulla sua famiglia, non ha le spalle coperte come vorrebbe. Però ha delle amiche. Il suo rapporto con Silvia, la sua compagna di cella, le dà molta forza, oltre al suo rapporto con Filippo. In realtà Naditza vuole semplicemente assecondare i suoi sentimenti, ed è secondo me un atto di profondo coraggio, caratteristico di una adolescente che si butta senza pensare troppo alle conseguenze. Andando avanti con gli episodi, poi, usciranno dei lati del suo carattere in modo più forte, più chiaro.
È sicuramente un personaggio molto ricco, c'è qualcosa che ti ha insegnato?
La prima cosa che mi ha colpito è stata l'intraprendenza. Avere l’umiltà di guardarsi dentro è un atto non solo molto faticoso, ma richiede anche molto coraggio, guardarsi senza giudizio, è qualcosa di molto difficile. Credo di aver voluto prendere il coraggio da lei, perché Naditza ti insegna ogni giorno a non avere paura di sentire quello che hai dentro, ed è una cosa molto importante. A volte ci sentiamo costretti a fare una cosa, anche se sentiamo che magari non vorremmo, o non è adatta a noi.
Arriviamo al rapporto con Filippo. La prima cosa che li ha fatti avvicinare è stata la musica, che forse ha reso questo legame ancora più forte
Concordo. L’arte è un mondo che non ha giudizi, non fa distinzioni ed è la massima espressione del loro amore. Si incontrano per suonare, è un appuntamento fisso, anche senza bisogno di dirselo. Questa passione comune è il coronamento di una forte attrazione, di un amore travolgente e necessario. Lei ha il dono straordinario dell'orecchio musicale, ed è una delle prime cose che colpisce Filippo nelle scene della prima stagione al pianoforte, è un lucchetto che chiude la loro catena dell’amore, che lo incornicia.
Però non si può nascondere il fatto che vengano da due realtà completamente diverse.
Vengono da due realtà diverse, ma proprio per questo si incontrano in una parte di realtà che non ha giudizio, l’arte ti permette di essere te stesso al cento per cento, di essere libero, senza avere sovrastrutture. Credo molto nel potere dell’arte, è una potentissima forma di comunicazione e libertà, secondo me questa cosa nel rapporto tra Nad e Filippo emerge moltissimo, guardandoli non ti domandi come sia possibile che si siano incontrati, ma ci credi e basta, é l’arte che ti dà questa possibilità.
Cos'è per te la libertà?
Credo che sia un moto interiore, ti senti veramente libero quando riesci ad essere in perfetta connessione con te stesso e a soddisfare le tue esigenze. La preparazione del personaggio di Naditza mi ha davvero rafforzato molto da questo punto di vista, perché lei proviene da una realtà opprimente, quindi, la libertà è davvero quella che abbiamo dentro.
All'inizio di questa chiacchierata hai parlato di Trieste, sei sul set de "La Porta Rossa 3". La serie è quella che ti ha dato la prima visibilità, che ricordi hai degli inizi?
La Porta Rossa è un progetto a cui io sono molto legata, perché ho iniziato giovanissima, avevo 19 anni sul set della prima stagione e Trieste è una città che io amo moltissimo. All'inizio, leggendo le sceneggiature, ho trovato il personaggio molto complesso, profondissimo, con tanti colori, sapevo che avrei dovuto fare un lavoro di concentrazione e probabilmente di fatica. Sul set, poi, sono stata tranquillizzata da tutto il resto del cast, mi sono trovata benissimo con tutti, Lino (Guanciale ndr.) per me è stato ed è una guida, un attore che stimo moltissimo, una persona da cui imparo ogni giorno.
Faccio l'avvocato del diavolo. Tra Nicolas Maupas e Pierpaolo Spollon chi scegli?
(Ride ndr) No, non voglio litigare con nessuno dei due. Sono stati dei compagni di viaggio strepitosi.
Tu stessa hai detto di aver iniziato a lavorare da giovanissima. Hai sempre voluto fare l'attrice o è capitato?
Ho sempre desiderato farlo. Era ed è tuttora una necessità, sono sempre stata una bambina molto curiosa e nella mia curiosità sono una che pone mille domande e che si fa mille domande, voglio sempre imparare qualcosa e mi metto nella condizione di ascoltare. Credo che fare l’attrice ti dia una possibilità molto importante che è quella di raccontare delle storie, perché ti arricchiscano e ti fanno conoscere qualcosa in più, essere un’attrice si lega al privilegio di fare da portavoce di qualcosa che non tutti possono conoscere.
Quindi insegnare cinema o teatro nelle scuole, è un'iniziativa che condividi?
Assolutamente, il cinema o il teatro ti permettono non solo di raccontare delle vite, ma sono importanti anche sviluppare una coscienza individuale. Ad esempio, andando a scavare nella costruzione di un personaggio, nella sua storia, a volte mi chiedo: ma farei così? Ed è interessante, molto stimolante, penso che sia un importantissimo spunto di riflessione quello artistico, soprattutto nel contesto scolastico.
Tornando a Mare Fuori, quale pensi sia il messaggio che vuole veicolare questa fiction?
È una serie che vuole raccontare la speranza, e già il titolo porta con sé un significato molto profondo, il titolo dice “Mare fuori”, ovvero il mare fuori c’è, la speranza c’è. È una serie educativa che vuole aiutare i ragazzi a reinserirsi nella società, nella versione migliore di loro stessi, e credo che un altro punto di forza sia il fatto che è una serie che abbraccia molti generi. Mare Fuori può essere una serie romantica, può essere un crime, non è univoca quindi prende un pubblico vasto, parla ai giovani ma non solo, può essere uno specchio per loro, ma può essere malinconica per gli adulti.
C'è margine per una terza stagione secondo te?
Lo spero però non voglio sbilanciarmi troppo perché non dipende da me, lo spero. Ci sarebbe tanto da raccontare.