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Umberto Smaila: “Colpo Grosso mi ha dato la fama. Vorrei rifarlo, sarebbe un successo”

Umberto Smaila è convinto che “Colpo Grosso” potrebbe riscuotere grande successo anche oggi. Basterebbe apportare qualche modifica al format originale. Se gli venisse proposto di condurlo, valuterebbe volentieri la cosa.
A cura di D.S.
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Adnkronos ha intervistato Umberto Smaila. Oggi compie 65 anni. Il compleanno lo festeggerà lavorando. In questi giorni, infatti, è impegnato in alcune serate. Domenica, però, terrà una festa a Desenzano insieme all'amico e collega Jerry Cala, il cui compleanno sarà il 28 giugno. Umberto Smaila si sta occupando anche della colonna sonora del film Infernet. Parlando di se stesso ha detto:

"Mi sento uno showman completo che può fare qualche battuta divertente, parlare, recitare, intrattenere, cantare, attraversando diversi generi musicali dai Beatles a Gino Paoli".

Ha ricordato, poi, una tappa importante della sua carriera. Quella scandita dal programma "Colpo grosso":

"Ogni momento è stato bello. ‘Colpo grosso', che ho condotto dal 1987 al 1991, mi ha dato una fama imperitura".

Secondo Smaila quel format, con le opportune modifiche,  potrebbe riscuotere successo anche oggi:

 "Potrebbe funzionare ancora oggi, ma con altri criteri, e dovrebbe essere su una rete generalista di primaria importanza. Lo vedrei su un canale come Italia 1 ma fatto in maniera più soft con altre tematiche, qualche ospite, un po' di musica. Forse così potrebbe funzionare, com'era allora no. Presentarlo io? Se mi facessero una proposta la valuterei ma non penso che accadrà".

Smaila ha poi replicato alle critiche che film come ‘Videocracy' hanno mosso contro il suo programma:

"È ridicolo, sono stupidaggini. Mi meraviglio di questa doppia morale e del moralismo retroattivo, in Scandinavia dagli anni '60 in poi c'è una pornografia diffusa eppure guardiamo a quei Paesi come sinonimo di evoluzione".

Infine, ha spiegato:

"Oggi c'è un moralismo dilagante, un ritorno all'Inquisizione da parte di certi organi di stampa. La nostra generazione era quella del ‘vietato vietare', ora si parla del corpo della donna e stiamo attenti al manifesto di Belen ma dov'è il male. Poi accendi il televisore e si vedono i morti ammazzati, sgozzati, quella è la violenza che subiamo non certo Belen".

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