91 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

ULTRAS, la recensione: coerenza e mentalità secondo Francesco Lettieri

La recensione di ULTRAS, il primo film di Francesco Lettieri. È un lavoro che mostra i codici del tifo organizzato senza filtri e ammiccamenti e senza rischiare di scivolare nel ‘gomorrismo’. Visivamente perfetto, c’è tutta l’estetica del regista di LIBERATO e del suo storico team. Il film però poggia su una sceneggiatura debole e didattica, dove il destino di ognuno sembra già essere scritto in partenza.
91 CONDIVISIONI
Immagine

Finalmente ULTRAS. Il primo film di Francesco Lettieri, opera originale Netflix prodotto da Indigo Film in associazione con Mediaset, arriva sulla piattaforma on demand a partire dal 20 marzo ma uscirà prima in alcuni cinema selezionati il 9, il 10 e l'11 marzo 2020. Un'opera molto attesa perché di un regista che – almeno a queste latitudini – abbiamo imparato ad apprezzare sin da "Le cose che invento non le so raccontare" fino al boom di LIBERATO, che firma anche le musiche originali del film.

La trama senza spoiler di Ultras

Scritto dallo stesso Lettieri insieme a Peppe Fiore ("Non uccidere" e "The Young Pope"), ULTRAS è la storia del cinquantenne Sandro detto Moicano, capo degli Apache, costretto a non vivere più la curva a causa di un Daspo. Interpretato da Aniello Arena, Sandro ha l'occasione di redimersi e finalmente affrancarsi da una vita fatta di epiche passioni, tranne la più comune tra tutte, quella di provare ad avere una relazione stabile. Sul suo percorso quindi troverà Terry (Antonia Truppo), una ragazza dal vissuto complicato, e Angelo (Ciro Nacca), un sedicenne che nel gruppo degli Apache ha preso il posto del fratello Sasà, morto anni prima in seguito a degli scontri in trasferta. A minare i piani di una vita tranquilla, ci saranno Pechegno (Simone Borrelli) e Gabbiano (Daniele Vicorito), giovani e ambiziosi leader di un gruppo interno agli Apache, gli NNN, che costringeranno Moicano a prendere delle drastiche decisioni.

La recensione di Ultras

ULTRAS è distante anni luce da uno dei riferimenti più immediati solo perché mainstream. Quell’Ultrà di Ricky Tognazzi con Claudio Amendola e Ricky Memphis non c’entra assolutamente nulla con l’opera prima di Francesco Lettieri. Questo per sgombrare il campo da possibili equivoci che possano portare il film Netflix a essere considerato un derivato diretto dal cinema sul tema. Così come non c’entra la ‘Febbre a 90°’ anglosassone di Nick Hornby, tantomeno l'action ‘Hooligans’ di Lexi Alexander. C'è un'opera che ha provato in passato a raccontare la curva, "E.A.M. – Estranei alla Massa" di Vincenzo Marra (2001), ma anche in questo caso il film del regista di LIBERATO sembra essere a distanza di sicurezza.

Francesco Lettieri non dà giudizi di merito sulla sub-cultura del tifo organizzato, ma ne mostra i codici senza filtri e ammiccamenti. Senza rischiare di scivolare nel ‘gomorrismo’, il film ci mostra la ‘coerenza’ e la ‘mentalità’ del tifo organizzato. Non sorprende che non ci sia mai nessuna menzione per le squadre di calcio, ma solo la radiocronaca di Carlo Verna – regolarmente accreditato e registrate per l'occasione – a scandire il tempo che passa tra una giornata di campionato e l'altra. Questo perché essere un ultras significa essere ‘al di là del risultato’, e quindi anteporre l’ideologia agli idoli: i Cristiano Ronaldo, i Leo Messi e i Lorenzo Insigne sono considerati alla stregua di ‘soubrette’ da chi vive il mondo degli spalti.

‘Nord o Sud, siamo sempre noi'

Una sequenza interessante, che dice molto sulla logica dello ‘scontro leale’ tra ultras – appuntamenti programmati, niente ‘infamate’ e niente pistole o coltelli – vede Sandro Moicano raccontare al giovane Angelo delle ‘mazzate coi bergamaschi’ e di un invito successivo da uno dei loro capi “per la festa della Dea” (il soprannome dell'Atalanta). E alla fine Sandro : “Ho capito che nord o sud, alla fine siamo sempre noi”. Se c’è un momento in cui il film rende onore alla mentalità Ultras e alla sua epica è proprio questo. A suggerircelo è lo stesso Lettieri che allontana la sua camera sulle ultime battute del monologo – in un movimento che ormai sembra davvero solo suo – per mostrare la tranquillità del mare nella zona portuale della città.

Uno stile e una estetica che è appunto quella di Francesco e del suo team, che tutti hanno imparato ad apprezzare con i video di LIBERATO e, prima ancora, con quelli di Calcutta e dei Thegiornalisti. Gianluca Palma, il suo direttore della fotografia, si muove ormai in simbiosi con lui, come ha ammesso lo stesso Francesco in conferenza stampa. Menzione speciale anche ai costumi di Antonella Mignogna, altro membro storico del team, che rappresentano un ulteriore valore aggiunto a questo film visivamente perfetto.

Non solo estetica, però. La sceneggiatura sui cui poggia il film è debole e didattica. Senza anticipare nulla di quanto accade, basterà dire che ULTRAS viaggia a una velocità che è sempre la stessa e che consente allo spettatore di stare un passo avanti rispetto a quanto accade sullo schermo. È una storia dove il destino di ognuno sembra essere già scritto in partenza. L'attesa verso la scontata risoluzione del conflitto si spezza solo grazie a quel codice isolato in maniera autentica e senza cliché. Ai veri ultras piacerà.

91 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views