Teresa Mannino torna a Zelig: “Differenze tra donne e uomini? Oggi racconto cos’hanno in comune”
Quello di Teresa Mannino sul palco di Zelig ha il sapore di un atteso ritorno a casa. L’attrice comica siciliana, che di recente è sbarcata su Nove con tre dei suoi spettacoli e ha preso parte alla serie di podcast Per John B, torna all’Arcimboldi esorcizzando il tema dell’età che evolve. Passa per i cambiamenti che la pandemia ha imposto al nostro modo di vivere e ai nostri bisogni perché, come spiega a Fanpage.it, “parlarne è difficile, ma non parlarne è impossibile”. E riparte dalle sue gag iconiche sul consumismo, il cliché della siciliana trapiantata al nord e il rapporto che lega gli uomini alle donne, diversi ma col bisogno di riscoprirsi più simili.
Per il 25esimo compleanno di Zelig sei tornata a scaldare l'Arcimboldi, un palco che deve esserti particolarmente familiare. Come hai vissuto questo ritorno?
La cosa bella è che c'erano tanti volti storici e tanti volti nuovi, ma eravamo tutti emozionati allo stesso modo, chi per nostalgia chi perché per la prima volta si è trovato davanti un pubblico innamorato. Chi viene a vedere Zelig non viene per il singolo artista, ma per passare la serata in compagnia di una comitiva. Avremmo voluto poter bloccare quell'istante, come un potente abbraccio a distanza.
In effetti Zelig, con la sua formula immutata, si riconferma come uno dei programmi più amati dagli italiani. Quale pensi sia la sua forza?
Da sempre la potenza di Zelig è quella di far conoscere la nuova comicità, continuando a portare sul palco quella più storica e rodata. Da parte di noi veterani c'era la volontà di accontentare il pubblico e di far incontrare vecchi amici, ma le nuove proposte sono altrettanto centrali per il programma, anche se all'inizio c'è sempre un po' di diffidenza. C'è sempre chi pensa che i nuovi comici non siano all'altezza, ma anche noi siamo stati "nuovi" un tempo. Zelig è così, fa da ponte tra una generazione di comici e l'altra.
Quello di oggi non è di certo il contesto più florido di programmi comici. È ancora possibile fare comicità in tv?
Oggi è complesso, perché viviamo un momento di totale stravolgimento, ma c'è un grande desiderio e bisogno di ridere. Lo abbiamo percepito sul palco: gli applausi e le risate, erano carichi di significato. Credo che in questo momento sia importante più che mai avere tatto, perché siamo ipersensibili per tutto quello che ancora stiamo vivendo. Parlare in maniera diretta della pandemia è difficile, ma al tempo stesso è impossibile non parlarne. Di come abbiamo reagito noi, per lo meno.
Nei tuoi monologhi uno dei temi più ricorrenti è il rapporto tra l'universo femminile e quello maschile. Nell'era in cui la tv dibatte sul politically correct e in cui tutto sembra dover essere calibrato, tu dove ti collochi?
In effetti spesso capita che oggi abbiamo più timore di dire cose che magari negli anni 70, 80 dicevamo liberamente. C'è un maggiore controllo. Io non dico che me ne frego, ma se personalmente sono convinta di non dire nulla di offensivo o volgare, lo dico. Oggi, però, sul confronto tra uomini e donne non rimarcherei più le differenze, piuttosto parlerei di cosa hanno in comune. Le differenze sono bellissime, ma purtroppo contribuiscono a creare discriminazioni. In questo momento facciamo molta fatica a confrontarci con ciò che è diverso, c'è più paura dell'altro rispetto a prima.
So che non è semplice farti ridere. C'è qualcosa in particolare che ti diverte guardare?
Non guardo quasi nulla, ho un rapporto particolare con la tv. Mi capita di vedere ogni tanto qualcosa sui social, sul cellulare. Uno che mi fa molto ridere per esempio è Maurizio Crozza.
Tra l'altro anche tu hai per un periodo hai fatto satira politica, giusto?
Sì all'inizio, ma adesso mi diverte molto di più la satira sociale, è più bello prendere in giro noi che poi eleggiamo certi politici.
Per fare ironia su ciò che ci spaventa serve una buona dose di auto consapevolezza, immagino. In passato hai raccontato di aver intrapreso un percorso di psicoterapia, ti è stato utile per il tuo lavoro?
Ho iniziato un percorso di psicanalisi quando sono arrivata a Milano, perché per me è stato uno choc. Volevo capire cosa ci fosse di sbagliato in me, mi sembrava che tutto ciò che mi riguardava o che facessi non andasse bene. Poi ho capito cosa tenere e cosa trasformare, mi ha permesso di capire meglio i miei meccanismi.
Dopo tanti anni a Milano però, sei tornata in Sicilia. Che rapporto hai oggi con "il Nord e il Sud"?
Ormai sono un'apolide, sono in bilico! In questo momento così particolare sentivo il bisogno di ritrovare il contatto con la natura e Palermo è il rifugio perfetto. Milano rappresenta la libertà di pensiero ed è la città che mi ha permesso di diventare quella che sono. Oggi guardo Palermo con gli occhi da milanese, stupita e innamorata. Non ne vedo più i difetti. Poi certo le differenze ci sono e restano enormi, ma la bellezza sta nel mischiare.