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Semi Servizio Pubblico

Michele Santoro si occupa del terremoto con un saggio inno alla prevenzione. Il sismologo Giampaolo Giuliani fa un’affermazione pesante sulle alte sfere, il che spiazza il conduttore che glissa ed evita di approfondire: quando sta per arrivare ad una svolta fa marcia indietro, è il male di Servizio Pubblico.
A cura di Andrea Parrella
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Ieri sera ho avuto la possibilità di assistere alla diretta in studio di Servizio Pubblico. C'era una buona atmosfera, tra i volontari del pubblico dati anagrafici variabili, indubbia prevalenza giovanile. E' un dato positivo. La puntata era incentrata, doverosamente, sul terremoto. Il dovere è un'estensione di sensibilità, del senso di reponsabilità di cui il giornalismo si fregia, forse sempre squilibrato nel proprio uso. Ma a questo squilibrio contribuisce anche il pubblico stesso che, al pari del giornalismo, si preoccupa dei disastri che non accadono a casa propria solo durante l'emergenza, un classico. D'altronde non credo sia un vizio solo italiano, è umano in generale, o almeno dovremmo augurarci sia così per non ritenerci troppo deplorevoli.

In sostanza, del terremeto ne hanno parlato e parleranno tutti, era importante il modo. E come ne ha parlato ieri quello che fu Annozero? Tirando le somme, il lavoro è stato fatto alla perfezione, ma solo per metà. Rientra nei canoni di Servizio Pubblico tentare di dare un servizio pubblico alternativo e indipendente, mantenendo un'impostazione semi-istituzionale nascosta. E' il motivo per cui uno su tutti, Grillo, si rifiuta di parlare con loro. La metà buona schierava i silenzi raccolti da Sandro Ruotolo nelle zone disastrate, i centri storici sventrati dove non si percepisce più la minima presenza di vita. E ancora gli ospiti, tutti competenti e preparati sull'argomento, con Fuksas chiamato per dare sfoggio dei suoi lavori antisismici, Philippe Daverio che meriterebbe piccoli spazi tv a intervalli regolari di mezz'ora, visto che dice cose sensate ogni qualvolta apra la bocca (e se non sono sensate le dice bene comunque). Poi Rizzo e Stella, coppia celebre per l'attenzione dedicata ai costi esorbitanti della politica, impegnati a rafforzare il peso, con buoni contenuti, delle circa quindici pagine dedicate al terremoto dal Corriere della sera di ieri.

Infine c'era Giampaolo Giuliani, uno scienziato di valore (almeno per la sua apparente preparazione che non si hanno le competenze per confutare) ridotto a santone dalla scienza convenzionale per aver preteso di prevedere il terremoto de L'Aquila. La metà negativa consiste tutta nel modo di approcciare agli ospiti, che si crede ieri sera sia stato totalmente errato. A Daverio non è stata data facoltà di parola fino a metà puntata, quando poi si è percepita la sua ansia di dire tante cose, tutte insieme. Ma ancor peggio è stato fatto con Giuliani. Michele Santoro ha interagito con lui paragonandolo a se stesso per la posizione scomoda assunta verso i poteri; ha scherzato facendo leva su questo punto ed impedendo, di fatto, al sismologo di esporre davvero le proprie questioni: Giuliani vorrebbe solo poter effettuare le proprie ricerche senza essere osteggiato, a proprie spese e questo è un suo diritto, torto o ragione che a bbia in merito alle sperimentazioni.

All'improvviso Giuliani, adirato per delle morti che lui ritiene fossero evitabili, interrompendo Santoro, pronuncia una frase forte, dice che esponenti delle istituzioni gli abbiano confidato che il suo lavoro, l'ipotesi di previsione dei sismi, fosse sgradito in relazione alla quantità di PIL che una catastrofe come un terremoto possa muovere se rapportata alla spesa di pochi funerali (minuto 8:40). Il silenzio cade in studio. Santoro viene indubbiamente colto alla sprovvista, tergiversa con gli altri ospiti dando tutta l'impressione di indirizzare altrove la questione. Di certo non la approfondisce. Giuliani trova serio appoggio solo in Marco Travaglio, che scredita i sismologi istituzionali. Durante la pausa pubblicitaria un meritevole membro del pubblico chiede a Santoro di domandare a Giuliani chi gli avesse detto questa cosa, ma il risultato in diretta è un glissare per "non infierire", probabilmente per rispetto alle vittime del sisma in collegamento dall'Emilia.

E' chiaro che  questa non sia un'accusa di censura a Servizio Pubblico e a Michele Santoro, che il lettore non lo creda. Rientra solo nella questione del tutto fatto a metà: quando la discussione poteva divenire davvero importante, dare l'impressione di essere giunti a qualcosa che non fosse il pur sempre valido ma ritrito appello alla prevenzione, ecco che ci si blocca per non infierire, come se il proprio dovere sia stato già portato a compimento. Qualche settimana fa Michele Santoro disse saggiamente, ospite a TvTalk, che di sicuro non era stato fatto abbastanza per rivoluzionare le dinamiche televisive canoniche, che c'erano buone basi. E' una frase sacrosanta che gli fa onore e che lui stesso dovrebbe porsi come limite da superare.

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