Saviano tenta di rompere il silenzio sulla guerra in Siria a Che Tempo Che Fa
Roberto Saviano torna a Che Tempo Che Fa a poche settimane dalla sua ultima partecipazione al programma di Fabio Fazio, per occuparsi di un tema che sempre più, ma mai abbastanza, fa parte delle cronache quotidiane dei principali tg e programmi delle resti nazionali generaliste, quello dell'assurda e folle guerra in atto da anni in Siria, che sta letteralmente martoriando la popolazione locale, vittima di bombardamenti quotidiani che hanno raso al suolo intere città e tengono in una condizione di costante terrore i siriani. Naturalmente Saviano non è il primo, e il solo, a parlare del dramma siriano, ma va certamente rimarcata la volontà sua e di Fazio di farlo in prima serata, rivolgendosi a milioni di persone.
L'intellettuale napoletano dedica circa trenta minuti di racconto a questo dramma, tentando di riportare al telespettatore il terrore assoluto e le condizioni di sospensione del tempo in cui la popolazione del luogo è costretta a vivere. Lo fa anche trasmettendo immagini durissime, con preavviso ripetuto a più riprese dal conduttore della trasmissione. Saviano si serve di alcune delle immagini che circolano con insistenza, da mesi, sulla rete. Immagini che mostrano prevalentemente bambini, coloro che più di tutti stanno subendo, senza conoscerne i motivi, tutto quanto di irragionevole e folle si stia verificando in terra siriana.
Lo scrittore campano chiude il suo monologo ampliando la questione al tema dell'immigrazione, che ha indubbiamente avuto un peso determinante nell'ultima tornata elettorale: "Diranno che raccontare queste cose sia buonista, termine orrendo" ma, prosegue Saviano:
Non raccontare sia da omertosi, da complici. Chi parla di queste cose non sbaglia, quando si risponde alla questione immigrazione con la questione aiutiamoli a casa loro… beh, vi sembra che li stiamo aiutando?
Per poi insistere sulla convinzione che si debba dare più rilevanza a temi che hanno a che fare con la vita delle persone: "Non possiamo permettere che la solidarietà diventi un reato".