Saviano racconta la Strage di Beslan
Sarebbe dovuto essere il primo giorno di scuola, il più importante dell’anno, quello in cui 32 fondamentalisti islamici e separatisti ceceni fecero irruzione nella scuola più importante di Beslan, in Russia, uccidendo 331 persone, tra cui 186 bambini. Era il 2004 quando la strage di Beslan sconvolse il mondo intero. Saviano, con parole pacate che non vogliono provocare pathos, sceglie di raccontare a Quello che (non) ho proprio quanto accadde quel terribile giorno dal punto di vista delle mamme delle centinaia di bambini che a causa di quell’attacco pregno di vigliaccheria, persero la vita. Bambini dai 7 anni misti ad adolescenti, trascinati in una palestra e tenuti segregati contro la loro volontà da un gruppo di uomini terrificanti, armati di mitra, un gruppo all’interno del quale si nascondono anche due donne, munite di cinture esplosive che, dopo aver trascinato molti degli ostaggi uomini all’interno di una stanza, si lasciano saltare in aria.
Il racconto di Saviano è terribile e riduce lo studio al silenzio. La sua è un’accusa velata contro il Governo dell’Ossezia del Nord, troppo preoccupato di evitare gli strascichi legati alla diffusione mediatica che tale strage avrebbe potuto scatenare per preoccuparsi realmente di quanto stava accadendo là dentro. Per tre giorni, adulti e bambini terrorizzati vengono tenuti prigionieri, in un ambiento tanto caldo da soffocare, senza cibo e, da un certo punto in poi, addirittura senza acqua. Una strage di una crudeltà infinita in cui grandi e piccoli sono costretti a vivere e comportarsi come bestie nella speranza di sopravvivere al massacro. Furono circa 800, però, a uscire vivi da quella scuola. 800 sui 1127 che, quel terribile mattino del 1° settembre 2004, entrarono nell’edificio scolastico del terrore.