Saviano assolve Vespa e analizza l’intervista a Salvo Riina: “Ha portato un messaggio”
Roberto Saviano è l'ospite speciale della puntata di domenica 10 aprile 2016 di Che tempo che fa. La presenza del giornalista e saggista napoletano è legata all'intervista che Bruno Vespa ha fatto al figlio del boss Totò Riina, Salvo. Dopo una breve introduzione in cui si fa una premessa sul fatto che non si contesteranno i modi e i metodi del giornalista di ‘Porta a Porta', Fabio Fazio lascia completamente il palco al giornalista che prende così la parola.
Quando un mafioso va in tv va perché vuole lanciare un messaggio. L'esposizione mediatica è sempre un pericolo per l'organizzazione criminale, perché significa pressione dell'opinione pubblica. L'intervista a Salvo Riina è forse la comunicazione più forte che Cosa Nostra ha dato negli ultimi vent'anni. Se non hai gli strumenti per capire, quell'intervista ti sembra una cosa normale. Era tutt'altro.
Quali sono i messaggi che Salvo Riina ha inviato? Roberto Saviano alterna spezzoni di quella intervista ad altri di una realizzata nel 2012 da ‘Servizio Pubblico' ad Angelo Provenzano, figlio del boss Bernardo.
Il primo messaggio è che non sta parlando da capofamiglia. Salvo non si sta sostituendo al padre, lui non risponde mai, non dà mai una sua opinione su quelle vicende. Perché nelle logiche criminali, dare una sua opinione significa sostituirsi al padre. I figli non stanno sostituendo i padri, si tirano fuori dalla logica eppure ne stanno dentro.
Perché Salvo Riina, così come Angelo Provenzano, rifiutano di parlare di ‘mafia'? Rifiutano di associare alle azioni dei loro genitori la parola ‘mafia? Per Roberto Saviano ‘la visione mafiosa è il comportamento, è la loro realtà".
Quello che tendono a suggerire è molto semplice: ‘Siete una banda di ipocriti perché se volete governare e avere successo, non potete non comportarvi come ci comportiamo noi'. Loro questo pensano: ‘Che cos'è la parola mafia?'. È una prassi di potere, che per loro ce l'hanno tutti.
"Non parlano di mafia neanche per Falcone e Borsellino"
Non sono in grado di pronunciare la parola mafia nemmeno in riferimento alla strage di Capaci, né prendono le distanze. Non potevano farlo. Rinnegare avrebbe creato empatia, ma sarebbe andato contro il messaggio che vuole portare.
Roberto Saviano ipotizza che l'intervista a Salvo Riina abbia avuto una duplice motivazione, scambiare le responsabilità di suo padre per togliergli il 41bis, il regime di carcere duro.
Perché stai facendo questa intervista? Questa era la domanda che mi ponevo. Secondo me lui vuole aprire alla dissociazione. Secondo me questa intervista è fatta per iniziare a dire: ‘Permetteteci di fare questo'. Cosa trattano i figli? Vorrebbero trattare, preparare un percorso culturale permettendo una negoziazione con lo Stato: ‘Noi vi diamo qualcosa e voi ci date questo'. L'obiettivo dell'intervista erano due entità: l'una, la Magistratura. Suggerire questo: la vecchia Cosa Nostra non è la nuova Cosa Nostra. Noi non siamo più una Cosa Nostra che esiste. Noi non ci pentiamo però noi non vogliamo più il 41bis. Salvo vuole che Totò Riina non sia più al 41bis. Cosa darebbe in cambio? Prendersi le sue responsabilità. Regalare allo Stato la sua responsabilità senza fare altri nomi.
Un messaggio duplice, allo Stato ma soprattutto alla nuova Cosa Nostra:
Il secondo messaggio è a Cosa Nostra: ‘Noi non c'entriamo più e non fateci pagare più le vostre colpe'. E soprattutto: ‘Non osate interferire in questo nuovo scambio che vogliamo fare'. E soprattutto: ‘Non lo stiamo facendo da pentiti'.