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Saverio Raimondo, Netflix e CCN: “La Tv affidi più programmi ai comici, non siamo intermezzi”

Dal 17 maggio su Netflix con il suo special “Il Satiro Parlante”, dal 24 maggio di nuovo con CCN su Comedy Central. Saverio Raimondo racconta a Fanpage.it lo stato della stand up comedy e rivendica la centralità che i comici dovrebbero avere in televisione, come accade in America e altri paesi, non risparmiando da critiche la Rai e le reti generaliste: “Stanno andando in una direzione antistorica”.
A cura di Andrea Parrella
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La stand up comedy italiana è definitivamente sbarcata su Netflix da alcune settimane. Dopo Edoardo Ferrario e Francesco De Carlo, è il turno di Saverio Raimondo, che con il suo spettacolo "Il Satiro Parlante" approda sulla piattaforma dal 17 maggio. Contemporaneamente, dal 24 maggio prende il via la quinta stagione di CCN su Comedy Central (canale 128 di Sky), a dimostrazione di come Raimondo sia riuscito, negli anni, a modulare il suo linguaggio comico in modo tale da adattarlo a circostanze e modalità diverse. Lo incontro a pochi minuti da un suo monologo di stand up a Napoli e, descrivendomi lo show di Netflix, mi regala una frase che è già termometro della conversazione che sarà: "è qualcosa di completamente inedito, registrato nel 2017, quando eravamo Repubblica di Weimar e non ancora Terzo Reich". Ogni riferimento a cose o vicepremier realmente esistiti è puramente casuale.

Saverio, con l'atterraggio della stand up italiana su Netflix la sensazione è quella di un obiettivo raggiunto. È così?

Il fatto che arrivino su Netflix i primi spettacoli di stand up comedy è la certificazione che la stand up esiste anche in Italia. Iniziata dieci anni fa con quel primo esperimento, quasi pirata, di Satiriasi, e poi è uscita da lì. Molti degli stand up comedian che oggi fanno spettacolo in Italia sono una generazione addirittura nuova. Secondo me il fatto che ci sia stata questa evoluzione è stato il primo segnale che un germe c'era, che non fossimo un manipolo di matti, ma che rappresentavamo qualcosa arrivato finalmente anche qui. Grazie a internet.

Già, internet, che in questo contesto sembra antagonista della Tv. Per questo la stand up comedy in Italia è ancora nicchia?

Sì, lo è. Ma perché no? Cioè, è anche giusto e salubre così. Tutto sommato stiamo parlando di un corpo estraneo alla nostra cultura. Però la nicchia non vuol dire non esistere e non avere mercato. Oggi in tutto il mondo vediamo che le nicchie sono il vero mercato, molto più del generalista e del mainstream.

Eppure l'hai detto tu, in quanto "categoria" esistete da dieci anni. Netflix non poteva pensarci anche prima?

Avrebbe potuto, ma esistono delle ragioni al fatto che ci siamo arrivati solo adesso. Dazzle e Aguilar (le due case di produzione che hanno prodotto i tre show di stan up su Netflix, ndr) sono state coraggiose, hanno registrato i nostri spettacoli senza sapere che Netflix li avrebbe presi. Nessun produttore in Italia è arrivato prima a dirci di filmare uno spettacolo e poi venderlo. Quindi il ritardo, più che di Netflix, è semmai dei nostri produttori, che non hanno percepito questa urgenza. Anche perché registrare uno spettacolo dal vivo ha dei costi piuttosto ridotti, non si tratta di un film o una serie. Il rischio di impresa è relativo.

Me lo chiedo da un po' e giro a te la domanda: non trovi assurdo che la Rai si sia fatta scappare un'occasione lasciando a Netflix la paternità della stand up comedy in Italia?

Certo che è assurdo. Lo dico da persona che ci lavora in Rai, dalla Tv alla radio. La Rai è un'azienda che cerca ancora di portare avanti il concetto di Tv generalista e secondo me è un errore editoriale, perché oggi il generalista non esiste ed esisterà sempre meno. Cercare ancora di portare gli estremi in un unico omogeneizzato è sbagliato.

Come si inverte la tendenza secondo te?

Bisognerebbe diversificare. La seconda serata, luogo di una Tv differente, che consentiva un linguaggio più eccessivo e che la Rai ha coltivato nel trentennio Settanta/Ottanta/Novanta, dal 2000 è di fatto sparita. La televisione sta andando in una direzione antistorica.

Penso anche al fatto che ai comici, generalmente, la Tv generalista dedica uno spazio laterale.

A differenza di quanto accade in America, ma anche in Gran Bretagna, Francia e Germania, in Italia c'è un solo programma televisivo affidato interamente a un comico, che è quello di Crozza. Fino a che i comici non verranno messi alla guida dei programma un'evoluzione è impossibile. Con cinque minuti in una trasmissione, resterà sempre un intermezzo. 

Cosa serve alla stand up per uscire definitivamente dalla sua bolla?

Secondo me il fenomeno si allarga nel momento in cui riesce a raggiungere un pubblico più vasto, cioè con la distribuzione. Oggi la stand up comedy inizia ad avere un circuito, ma sono tagliate fuori intere aree. A Roma manca ancora un locale di riferimento, nonostante sia la capitale. 

Ed abbiamo capito ampiamente che il canale per allargare questa nicchia non può essere quello della Tv tradizionale.

Non credo, non ho molte speranze. Certo, può succedere che a un certo punto qualcuno si svegli e dica: "Signori, ma forse stiamo lavorando male, forse alle 11 di sera, a mezzanotte, possiamo permetterci di osare, forse su RaiPlay potremmo mettere dei contenuti che sulla Tv generalista non possiamo mettere". Ovviamente sappiamo che il ritardo editoriale Rai è dovuto a tanti fattori, soprattutto politici ed economici. 

Perché poi qualche mese fa Freccero annuncia la sua nuova Rai2, parla di stand up comedy e il solo nome che fa è quello di Luttazzi. 

E ti cascano le braccia. Ma scherzi a parte per la mia generazione è un po' scontato, non ci sorprendiamo di dover andare a cercare altrove. E infatti è quello che stiamo facendo. Non a caso io da 5 anni faccio un programma tutto mio su Comedy Central, che mi ha affidato uno spazio da condurre. 

Volevo arrivare proprio a CCN, perché tu in Tv hai portato anche prodotti trasversali, diversificati, che poco hanno a che fare con lo schema  classico dello show di stand up comedy.

Ma infatti io televisivamente sono poco interessato alla stand up, che secondo me è bella dal vivo. Va bene uno special, ma vedere uno spettacolo live è tutt'altra cosa. Lo spettacolo di stand up filmato è come il porno: figo, ma non è il sesso vero. Aspiro a fare un certo tipo di comicità, a farla in un certo modo. Quando me ne danno possibilità in Tv vado a fare altro, qualcosa che sia anche più efficace e adatto a quel mezzo. 

Anche perché il mezzo televisivo è di per sé poco compatibile con uno spettacolo di stand up comedy. Pensiamo alle risate finte, i tagli, i piani di ascolto, tutte cose alle quali siamo abituati e che stravolgono uno show che andrebbe fruito dal vivo. Vero?

Ma infatti io credo che uno special non vada realizzato seguendo le regole televisive. E ti dirò di più, da due anni CCN su Comedy Central lo facciamo con un pubblico vero e senza figuranti. 

Facciamo un piccolo passo indietro: 4 anni fa tu fai un ottimo Dopofestival, non in Tv ma solo in streaming online, che pare essere prologo di progetti importanti, se non altro di una prosecuzione. Poi che è successo?

Beh è successo che è andato benissimo. A livello streaming ricevemmo complimenti da Rai Pubblicità, perché avevamo fatto cinque volte il ricavato pronosticato. Abbiamo completamente riverniciato il marchio del Depofestival, finito in soffitta, che l'anno dopo è stato riportato in televisione. La cosa curiosa è che il ritorno in Tv venne annunciato e glorificato come se la nostra edizione nemmeno ci fosse stata. La Rai nega che sia mai avvenuto. 

Come mai credi sia andata così?

Non ne ho idea. Nessuno si è lamentato, non ci troviamo di fronte a un contenuto che ha avuto critiche della politica. Ammesso che il contenuto non piacesse a qualcuno, bastava fare buon viso a cattivo gioco. 

Prima del vostro sbarco su Netflix il solo spettacolo era quello di Grillo, per molti l'esempio di comico italiano più vicino allo stile della stand up. Mi dici tu che ne pensi?

Grillo ha giocato in maniera molto disonesta e ambigua col suo ruolo. Il comico è tale nel momento in cui non viene preso sul serio e non chiede di essere preso sul serio. Nel suo caso è accaduto esattamente il contrario, perché Grillo non ha mai fatto autoironia su se stesso. La legge della stand up comedy avrebbe obbligato Grillo a parlare delle persone uccise in un incidente stradale. Oggi se Louis C.K. tornasse sul palco mi aspetterei parlasse delle cose che ha fatto, perché altrimenti per me sarebbe un errore enorme. 

E invece Grillo che ha fatto?

Grillo è salito su un pulpito, che è il contrario di quello che fa un comico. La prima cosa da fare per uno stand up comedian è delegittimarsi. Solo a quel punto, quando sei privo di autorità, puoi permetterti di fare battute su qualsiasi cosa. Grillo ormai è un'autorità, al punto tale da veicolare un consenso politico. Non parla mai di sé, fa accenni superficiali alla sua vita, ma per questo basta Wikipedia. Dimmi il tuo marcio, dimmi quanto non sei autorevole, altrimenti non sei più un comico. 

Quanto siamo lontani, in Italia, dall'idea che uno spettatore di uno show comico, sia pronto ad ascoltare una battuta che metta in discussione le sue certezze e che non lo porti semplicemente a ridere?

Abbastanza lontani. Ma anche perché il pubblico disposto a ridere in un certo modo non cerca quella risata sulla Tv generalista, la cerca altrove. Un pubblico che vuole altro c'è: Netflix, Comedy Central, rispondono a questa domanda. Se la Tv generalista dovesse avere intenzione di tornare a parlare a questo pubblico, che ha abbandonato da anni, dovrebbe iniziare a ragionare in una maniera diversa. Oggi tutti i canali generalisti hanno dei siti online: non sarebbe il caso di iniziare a investire di più su quelli? Molte persone nel mondo, oggi, non ci stanno più ad avere un appuntamento fisso al martedì sera.

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