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Rivoluzione Rai, le stelle della tv non dovranno guadagnare più di 240mila euro l’anno

La nuova legge sull’editoria costringe la Rai ad abbassare il tetto massimo di guadagni annuali anche per le stelle della tv, ma a Viale Mazzini si protesta: “La Rai verrebbe privata del potere contrattuale, svantaggiata sul mercato nei confronti della concorrenza”.
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"Il trattamento economico di dipendenti, collaboratori e consulenti Rai, la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate, non può superare i 240 mila euro annui". È quanto scritto nell'articolo 9 della nuova legge sull'editoria, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, un provvedimento che potrebbe riguardare non soltanto i dirigenti del servizio pubblico ma anche le stelle della televisione. Carlo Conti, Luciana Littizzetto, Fabio Fazio, gli ingaggi degli ospiti, da Roberto Benigni agli internazionali, avrebbe un tetto ben preciso. Di questo si parlerà nel cda del prossimo 9 novembre mentre, apprendiamo dal CorSera, l'ad Antonio Campo Dall'Orto avrebbe già scritto al ministero dell'Economia.

Francesco Verducci, senatore Pd che ha partecipato alla legge, ha tolto ogni dubbio in questa dichiarazione:

Il tetto vale per chiunque abbia un contratto diretto con la Rai. Quindi anche per gli artisti. Non è un provvedimento punitivo, ma una regola virtuosa che la uniforma alle altre aziende e che, a caduta, condizionerà virtuosamente tutto il sistema radiotelevisivo.

Ma questa norma costringerebbe la Rai a risultare in svantaggio sul mercato, come spiega l'avvocato Giorgio Assumma, esperto di diritto dello Spettacolo ed ex presidente della Siae:

La Rai verrebbe privata del potere contrattuale, svantaggiata sul mercato nei confronti della concorrenza. Un fatto gravissimo, che potrebbe decretarne la crisi irreversibile. Si ricorrerà sempre di più ad appalti esterni, in cui è il produttore a pagare il compenso dell’artista.

In linea di massima, è una norma che, dietro la logica virtuosa, rischia di mettere in crisi l'intero sistema radiotelevisivo nazionale che si ritroverebbe a puntare su personalità con un cachet sempre meno importante.

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