Preferire Bonolis alla Ghigliottina per sentirsi meno ignoranti
E tu quale gioco preferisci? Il quiz show, specie quello preserale, ha molte possibilità di proporsi come un'inesauribile forma di intrattenimento. Le due reti ammiraglie Rai e Mediaset hanno scelto questa modalità, senza che niente e nessuno sia realmente riuscito a scalfirla (diciamoci la verità, ad essere capace di scalfirla potrebbero essere l'una o l'altra, che invece rispettano la reciproca concorrenza optando per programmazioni speculari). Sino allo scorso anno la Ghigliottina imperava, penetrata nel linguaggio comune si proponeva oggettivamente come una delle migliori idee venute alla Rai negli ultimi anni. L'Eredità, inteso interamente nella sua struttura, vive solo in funzione del suo gioco finale. Altrettanto vale per il gioco finale di Avanti un altro, un trionfo del Bonolismo in assoluto, un'infernale macchina complice del rincoglionimento totale del concorrente e pure di chi lo sta guardando da casa.
Dove sta la differenza sostanziale? Come riesce Bonolis a compensare lo scarto esistente tra il suo format, ancora pienamente da rodare, e quello di Conti, consolidato da un decennio? Anzitutto va detto che i due quiz non hanno, nella loro essenza, nulla a che fare, essendo l'Eredità programma dalle caratteristiche standard, basilare nel suo grado di spettacolarizzazione. Al contrario Bonolis fa di questo elemento una cifra caratteristica di Avanti un altro, portando in studio i personaggi tipici della sua carovana, complici del gioco stesso. Ma più che altro è differente l'approccio dello spettatore da casa, il suo grado di partecipazione. La Ghigliottina gli permette di mettersi alla prova, ogni sera, misurandosi con le proprie capacità: non si gioca con il concorrente, al massimo il concorrente lo si prova ad anticipare.
Il gioco finale di Avanti un altro è diametralmente opposto, è votato allo spettacolo, impone allo spettatore di assistere, elemento tipico ed essenziale perché un personaggio come Bonolis possa esprimersi a pieno: non si gioca da soli, non si gioca con il concorrente, semmai si attende che il concorrente sbagli. Da una parte può essere un fattore limitante, rischiando di annoiare chi assiste, di logorarsi come format. D'altra parte tuttavia, c'è un elemento esplosivo che favorisce lo sguardo disimpegnato: il gioco, che costringe il concorrente a rispondere a delle domande scontate nel modo sbagliato anziché in quello giusto, non crea mai l'imbarazzo della brutta figura; perché se il concorrente risponde bene, è stato bravo, se risponde male può celarsi dietro la confusione di non essere riuscito a non rispondere nel modo giusto. E così, insieme a lui, lo spettatore. Insomma, per dirla in poche parole, potrei preferire Bonolis a Conti per sentirmi meno ignorante.