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Porta a Porta non è un programma d’informazione

Questo ha stabilito il Tribunale del lavoro di Roma che ha dato ragione alla Rai per non aver pagato l’Inpgi. Bruno Vespa? Solo un anchorman.
A cura di Fabio Giuffrida
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Porta a Porta non è un programma di informazione, Bruno Vespa è un anchorman più che un giornalista. Non è dunque il "direttore responsabile" di quella che una volta era considerata la terza Camera, dove si riunivano le personalità più in vista del mondo della politica, dell'arte e della cultura. Un talk show che ha fatto la storia e che continua a far parlare di sè grazie alla conduzione di Bruno Vespa con i suoi plastici, i collegamenti in diretta e anche con alcune sue sfuriate. Il Tribunale del lavoro di Roma ha stabilito infatti circa un anno fa, ma la notizia è saltata fuori solo questa settimana, che le prestazioni rese dal conduttore di Porta a Porta non sono affatto di natura giornalistica. Si tratta quindi di spettacolo, di televisione.

Tutto nasce dalla pretesa dell'Inpgi, a seguito di un'ispezione eseguita nel 2004, ovvero della cassa di previdenza dei cronisti: la Rai non avrebbe pagato i contributi per la pensione di Vespa dal 2001 al 2003. Il giudice Paolo Mormile scrive questo nella sentenza, di cui in questi giorni è in corso l'appello:

Nulla è emerso che convinca della natura ontologicamente giornalistica del programma ‘Porta a porta’, chiaramente appartenente al genere dei programmi di intrattenimento e approfondimento culturale e politico, realizzato come vero e proprio talk show (imperniato sulla carismatica figura di anchorman del noto conduttore) per mezzo di una scenografia, di un tema musicale e di un canovaccio tipici di un format televisivo, del tutto diverso, come tale, dai notiziari o dai servizi giornalistici in senso stretto.

La Rai ha versato i contributi all'Inps e all'Enpals, ente nazionale previdenza e assistenze dei lavori dello spettacolo. l'Inpgi non avrebbe nè "provato la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra la Rai e Vespa nè la natura giornalistica delle prestazioni di Vespa". Dal 2001 il conduttore di Porta a Porta non è più un lavoratore subordinato, la sua è un'attività autoriale e consulenziale. E' d'accordo ovviamente anche il cofondatore e coordinatore di Porta a Porta Claudio Donat Cattin che ribadisce come dal 2001 Vespa sia diventato libero professionista, basti pensare ad esempio alle sue attività di conferenziere piuttosto che di scrittura di libri, oltre che alle collaborazioni con giornali e riviste. Per Franco Abruzzo, Presidente dell'Odg della Lombardia fino al 2007, non c'è alcuna differenza tra la trasmissione prima e dopo il 2001:

Una sentenza che sovverte solidi principi. Vespa è un giornalista e il suo ruolo è paragonabile a quello di un direttore responsabile. E anche se il suo lavoro non fosse di tipo subordinato, come collaboratore fisso dovrebbe versare i contributi all’Inpgi 2 […] Fare le interviste è una chicca della nostra professione. E Vespa fa interviste a persone importanti. […] Il conduttore di Porta a Porta ha la convenienza a fare spendere meno alla Rai, così guadagna di più lui.

La Rai ha vinto questa battaglia, non ha pagato l'Inpgi ma si è dovuta sottomettere ad un responso imbarazzante: Porta a Porta non è un programma d'informazione. E' innegabile però come Vespa (definito "venduto del servizio pubblico" da alcuni contestatori, ndr) più volte sia sceso in campo in prima persona a dare notizie fresche ed esclusive ai suoi telespettatori, basti pensare a quando si recò a L'Aquila per raccontare in prima persona il terremoto o quando sorvolò il Costa Concordia. Vespa in ogni puntata "incalza" i suoi ospiti con domande che hanno sicuramente valenza giornalistica e che difficilmente possono essere fatte da un semplice conduttore o autore. E' come voler paragonare Pomeriggio Cinque a Porta a Porta e dire che le loro finalità siano le stesse.

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