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Piero Angela: “Come Molière morì in scena, vorrei che tutto finisse mentre lavoro”

Caterina Balivo chiude la stagione di “Vieni da Me” con una lunga intervista a un’istituzione della Tv, Piero Angela, pronto a tornare in prima serata con “SuperQuark” il 26 giugno. E tra una confessione e un aneddoto, l’uomo più amato della Tv italiana esprime un desiderio per quando arriverà il suo momento.
A cura di Andrea Parrella
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Ovunque vada, un gigante come Piero Angela non può che lasciare il segno. Quello che in televisione chiameremmo giornalisticamente un "colpaccio", vista la caratura del personaggio in questione, si è tradotto in un delizioso momento di televisione, probabilmente il punto più alto della prima stagione di "Vieni da me", chiusa con la puntata del 14 giugno.

Caterina Balivo ha ospitato il decano della Rai, pronto a tornare in prima serata con il suo "SuperQuark" dal 26 giugno prossimo. 92 le sue primavere. "Non mi sono mai laureato – racconta Angela parlando del suo approdo nella Rai dei primordi – mi ero iscritto a ingegneria, ma dopo un paio di anni mi è capitato di iniziare a lavorare per la Rai. Come capitato a molti giovani di quel tempo, la laurea non fu portata a termine". 

Angela racconta quindi di quegli inizi su piccolo schermo, che fece irruzione nella sua vita come una rivelazione: "Ho iniziato per caso, perché in realtà all'epoca studiavo musica, la mia vera vocazione. Però è successo che per caso io ero anche appassionato di jazz e un collega della radio mi invitò a partecipare a un programma di jazz. Da allora iniziai a spratichirmi con montaggi e scrittura dei testi. Un giorno mi chiese se volessi fare dei servizi, provammo e funzionava. Non tutto fu immediato, la mia assunzione in Rai avvenne otto anni dopo". 

Una scelta, quella di fare Tv, che la famiglia non accolse con grande entusiasmo: "Mio padre non era molto convinto del mio percorso, perché la televisione non aveva la stessa reputazione che ha poi avuto. Tutto cambiò quando passai al telegiornale, la prima edizione con dei conduttori perché fino a quel momento c'erano stati solo annunciatori".

C'è spazio per parlare d'amore e di quell'unica volta nella sua vita in cui abbia sentito quella "scossa elettromagnetica" (cosa ci aspettavamo, che Piero Angela lo chiamasse "colpo di fulmine"?), quando incontrò colei che sarebbe diventata sua moglie, la donna che gli sta vicino da 64 anni: "Oro, argento, diamante, non sappiamo più a cosa siamo arrivati". E poi delle nuove leve della dinastia Angela, con un piccolo dispiacere:

Ho cinque nipoti, tutti maschi. Purtroppo, perché avrei voluto delle nipotine. Con le ragazze si comunica meglio che con i maschiacci.

Nel parlare di suo figlio Alberto Angela, che "ha cominciato in fondo prima di me a fare queste cose", Piero Angela rimarca l'importanza di seguire, nella vita, la propria strada:

Sono rigido sui valori, ma molto aperto per quel che riguarda le vocazioni personali. Ognuno deve seguire ciò che sente. Io l'ho visto nel mio caso: non avrei mai voluto fare l'ingegnere e appena ho trovato altre occasioni mi sono lanciato.

Al pari di Pippo Baudo, Renzo Arbore, Maurizio Costanzo e pochi altri nomi del piccolo schermo, Piero Angela è una colonna assoluta della nostra televisione, e al momento vanta il record di personaggio con più anni di carriera alle spalle ancora in video. Racconta a Caterina Balivo della prima puntata di Quark, un aneddoto che fa riflettere anche in relazione a come siano cambiati i tempi:

A quell'epoca Quark fu qualcosa di nuovo, aprì una strada e infatti da allora abbiamo fatto un grande cammino. Bisogna pensare che all'epoca noi andavamo in onda, in seconda serata, alle 9 e mezza. Dopo, iniziando la competizione tra le diverse reti, Mediaset in particolare, ci si rese conto che non si poteva cambiare pubblico. E allora si iniziò a fare dei programmi che durassero tutta la serata.

C'è spazio, infine, per un pensiero finale su un desiderio e le parole che leggerete sono indice di come Angela, dall'alto della totale trasparenza d'animo e sincerità che lo contraddistinguono, si elevi anche oltre la sua enorme caratura quando parla del rapporto che ha con l'idea della morte:

Per chi fa questo mestiere e lo ama, come me, forse il miglior augurio è poterlo continuare a fare come Molière, che è morto sulla scena. E allora il miglior premio per me sarebbe che a un certo momento c'è un fermo fotogramma e la cosa finisce lì, mentre lavoro. Oppure no (aggiunge ridendo, ndr).

E Caterina Balivo scoppia in lacrime, per la commozione naturale del momento e perché consapevole della fortuna avuta nel poter assistere a un momento di televisione di una sconfinata grazia e tenerezza.

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