Ossi di seppia, su RaiPlay c’è una docuserie che dovreste guardare
Sembra successo ieri e nemmeno me lo ricordo. Il metodo Di Bella, le dimissioni di Ratzinger, il delitto di Cogne, la tragedia di Rigopiano, l'uccisione di Giulio Regeni. Quanti eventi degli ultimi anni sono riusciti a divorare l'attenzione pubblica per un periodo di tempo limitato, prima di essere digeriti e riposti in un cassetto remoto della nostra memoria? È questa la sensazione che si prova guardando Ossi di Seppia – Il rumore della memoria, disponibile su RaiPlay. Non è esattamente una docuserie intesa in senso classico, perché non c'è una vicenda che si sviluppa in più episodi, ma una serie di documentari che di settimana in settimana si arricchisce di un nuovo episodio, puntate brevi da 20 minuti circa (26 in tutto), con l'ambizioso tentativo di rievocare alcuni fatti epocali della storia più o meno recente d'Italia abbandonando lo schema della mera ricostruzione.
Ossi di Seppia sceglie di ripercorre le vicende tramite una voce, quella di chi le ha vissute, direttamente o indirettamente. Rosy Bindi, all'epoca ministro della Sanità, racconta come la pressione dell'opinione pubblica sul suo operato la obbligò a prendere in considerazione una sperimentazione del metodo Di Bella, nonostante allora fosse contestato dalla quasi totalità della comunità scientifica. A ricomporre la vicenda di Cogne è invece Stefano Balassone, che racconta dal punto di vista dell'esperto e studioso dei mass-media un tremendo caso di cronaca nera ipertrofizzato dal racconto della televisione. E ancora la commovente testimonianza di Giovanna Chirri, la vaticanista dell'Ansa che per prima al mondo intuì le dimissione di Benedetto XVI da un suo discorso pronunciato in latino. Che il tempo sedimenti le cose è una verità, perché una volta messa alle spalle la sensazione nauseante per qualcosa di cui parlano tutti, quel qualcosa ci appare in una luce diversa che ci racconta come mai tutti ne parlassero.
Un commento su Ossi di seppia, prodotta da 42° Parallelo, non può prescindere da un discorso sul valore della documentaristica video in questo preciso momento storico, nonché sul ruolo che la Rai è chiamata ad avere. Il caso del doc SanPa ha sollevato enormi polemiche che partivano da una semplice domanda di base: come è possibile che un documentario del genere non lo abbia fatto la Rai? La polemica può apparire sterile, oltre che già esaurita ma il successo di SanPa, col senno di poi, potrebbe fare bene al servizio pubblico. La partita per l'egemonia culturale che si gioca in questo momento è tutta qui e vede la docuserie in cima alla lista dei formati potenzialmente più influenti. Se Netflix e le altre piattaforme sorelle vantano certamente una marcia in più in termini di marketing, appeal e struttura, la Rai ha dalla sua il patrimonio storico, l'immenso archivio delle teche da riscoprire, spolverare, mettere a nuovo e valorizzare. Questa è la sfida dei prossimi anni e Ossi di Seppia sembra andare nella giusta direzione.