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Non sarà che Caressa è meglio come scrittore?

Il noto telecronista di Sky, in giro per la presentazione del suo libro, dimostra di avere buone considerazioni da esporre in merito all’argomento di cui si occupa. Il suo piglio è analitico e profondo, non resta in superficie, il che pare in netta controtendenza con l’indole tipica di un cronista.
A cura di Andrea Parrella
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Da più di un mese Fabio Caressa è impegnato in un enorme tour per presentare il proprio libro sul calcio dal titolo "Gli angeli non vanno mai in fuorigioco". Ieri è stata la volta buona per farsi vedere sulle sponde di La7, ben note al suo impianto familiare essendo stata Benedetta Parodi, sua consorte, ingaggiata nell'ultimo anno dalla rete di proprietà Telecom per riproporre, in una versione più ragionata e di sicuro più soft, i suoi manicaretti divenuti celebri per la rubrica di cucina che realizzava a Studio aperto: Cotto e mangiato.

Caressa era ospite di Lili Gruber, chiamato a parlare di calcio in un paese in cui c'è sempre molto bisogno di parlarne, che pure se non ce n'è di bisogno, il bisogno si trova. La programmazione delle vicende calcistiche ed extra-sportive è così palesemente programmata da non lasciarci mai senza calcio. Quando ci sono le manifestazioni calcistiche estive, come ora accade per gli Euro 2012, l'occasione per non arrestarsi mai è ancor più ghiotta. L'impostazione è quella solita e più appetibile: che farà la nostra nazionale? riuscirà a smarcarsi dalle vicende che ne macchiano la purezza, ad avere una reazione d'orgoglio? A Otto e mezzo non si parlava che di questo, oltre a Caressa era ospite Tito Boeri, docente alla Bocconi, prestato anche lui alla causa del calcio per la stesura di un libro. Il duello fra i due è piuttosto improponibile, essendo la visione di quest'ultimo abbastanza lontana dalla realtà delle domeniche calcistiche italiane.

Parlare di "governance" dei tifosi meritevoli è un concetto anglosassone superficiale e distante anni luce dalla semilibertà che i tifosi per bene vivono, di fatto, all'interno degli stadi italiani, presidiati in buona parte dei casi da soggetti presunti supporters, non sempre immacolati in quanto a fedina penale. Caressa glielo dice proprio in faccia, accusandolo di parziale populismo, in quanto dire che il calcio vada riconsegnato ai tifosi meritevoli è una frase bella che fatta: ma a quali tifosi? Con quali criteri? Il telecronista di Sky sta decisamente a suo agio nel ruolo di commentatore sportivo, o forse di scrittore, più che di cronista. Sembra avere delle cose da dire, dei concetti da esprimere, molti di più di quelli che vantano, messi insieme, i sodali che presenta in qualità di commentatori nei pre e post partita infrasettimanali. E' stato interessante aver fatto luce su una questione centrale che potrebbe dare un input all'inversione di tendenza del pallone dalla base.

Il pubblico del calcio è molto più ampio di quello della politica: per una decisione presa nel mondo del calcio, ci sarà l'occhio vigile di molti più soggetti che per un decreto legge qualsiasi. E' importante che l'occhio sia vigile per davvero, che il tifoso che si definisce tale prenda una posizione, svolga un ruolo attivo in questo senso, affinché sia egli stesso, con la vigilanza, a veicolare l'operato di chi dovrebbe decidere per lui. Se il calcio si vive a trecentosessanta gradi, senza sosta, durante tutto l'anno, è bene che si liberi del suo aspetto da pagina rosa, che scarica di responsabilità chi lo segue come un semplice passatempo. C'è bisogno, evidentemente, che divenga il primo vero campo in cui si pratichi una democrazia partecipativa. Caressa diceva semplicemente che fosse quello con più possibilità di riuscita in questo senso e, probabilmente, non aveva assolutamente torto.

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