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“Non mi tirerò mai indietro”: il coraggio di Emanuela Loi, morta mentre proteggeva Borsellino

Brandelli di carne umana ovunque, calcinacci, vetri infranti e sangue. Così, i testimoni dell’epoca raccontano la strage di via D’Amelio. La fiction ‘La scorta di Borsellino – Emanuela Loi’ ha ripercorso le tappe che portarono all’attentato in cui perse la vita la poliziotta ventiquattrenne. Emanuela Loi sognava di sposarsi e diventare mamma, ma nello stesso tempo svolgeva il suo lavoro con coraggio e dedizione. Con lei morirono anche Paolo Borsellino e gli agenti Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
A cura di Daniela Seclì
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La terza fiction del ciclo ‘Liberi sognatori‘ è stata trasmessa da Canale 5 domenica 28 gennaio. Il film intitolato ‘La scorta di Borsellino‘ ha reso omaggio a Emanuela Loi, la poliziotta deceduta il 19 luglio 1992 nella strage di via D'Amelio. Nello stesso attentato persero la vita Paolo Borsellino e gli agenti Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Ai genitori che si mostravano preoccupati per lei, la ventiquattrenne rispondeva con coraggio: "È il mio lavoro, non mi tirerò mai indietro". La fiction è diretta da Stefano Mordini, nel cast Greta Scarano, Riccardo Scamarcio, Ivana Lotito, Fabrizio Ferracane e Alice Attala.

La vera storia di Emanuela Loi

Emanuela Loi nacque a Sestu, il 9 ottobre 1967. Studiò presso l'istituto magistrale e, nel 1989, entrò a far parte della Polizia di Stato. Come più volte precisato dalla sorella Claudia, il sogno di entrare in polizia in principio era più suo che di Emanuela. Quest'ultima desiderava diventare una maestra. Nel 1990, la Loi venne trasferita a Palermo. Andò a vivere alle Tre Torri, una struttura che fungeva da alloggio per i poliziotti e i carabinieri che venivano da lontano. Svolse diversi incarichi come scorta e piantonamento. Nel giugno 1992 venne chiamata a unirsi agli agenti che proteggevano Paolo Borsellino, finito nel mirino dei corleonesi. Nel suo privato, intanto, era pronta a convolare a nozze con il fidanzato con il quale contava di costruire una famiglia numerosa.

Emanuela Loi, una ragazza gioiosa: il ricordo di una collega

L'ispettore capo di Palermo Claudia Cogoni, in un'intervista rilasciata a RaiNews24, ha ricordato Emanuela Loi. Ha avuto modo di conoscerla due anni prima che perdesse la vita. Nella sua mente, l'immagine di una ragazza gioiosa e fortemente legata alla sua terra d'origine:

"Io sono arrivata a Palermo nell'aprile del '90. Emanuela è arrivata venti giorni prima di me. Eravamo giovani, io avevo 23 anni, lei 24. Ci siamo conosciute a ‘Le tre torri', l'alloggio dove vivevamo. Siamo entrambe sarde perciò abbiamo fatto gruppo, ricostituendo quella famiglia che era lontana. Emanuela si distingueva da tutti noi. A differenza degli altri meridionali, era bionda con dei riccioli meravigliosi. Aveva la carnagione chiara, era una ragazza solare. Piena di vita. Due giorni prima della sua morte è venuta in ufficio da me, c'era anche una mia collega, e lei ci disse ‘Volevo solo salutarvi'. Quello è l'ultimo momento in cui ho visto Emanuela in vita. Il destino mi ha riservato, poi, di vederla morta. Sono stata io ad accompagnarla all'aero militare – all'aeroporto di Palermo – che la riportava definitivamente a casa".

19 luglio 1992 – La morte nella strage di via D'Amelio

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Il 19 luglio 1992, Paolo Borsellino si era recato in via D'Amelio a casa della madre. La scorta si era disposta attorno a lui per proteggerlo, come prevede la procedura. Erano le 16:58 quando avvenne la deflagrazione. Una Fiat 126 rubata e imbottita di esplosivo saltò in aria causando la morte del magistrato e degli agenti Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli.

Brandelli di carne umana ovunque, parla l'unico superstite

L'unico sopravvissuto alla strage fu l'agente Antonino Vullo, che era andato a parcheggiare l'auto che poi si sarebbe posizionata alla testa del corteo. All'epoca raccontò l'inferno a cui aveva assistito: "Non erano ancora le 17. Io ero alla guida della Croma blindata del dottor Borsellino. Il giudice e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, io ero rimasto alla guida, stavo facendo manovra, stavo parcheggiando l'auto che era alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l'inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L'onda d'urto mi ha sbalzato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina". Quindi ha proseguito:

"Attorno a me c'erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto. Non bisogna mollare. Purtroppo era un attentato annunciato, era prevedibile, si è ripetuta la stessa cosa a distanza di due mesi. Ma non si può continuare a morire così".

La famiglia di Emanuela Loi devastata dalla perdita

Il giorno della morte di Emanuela Loi, la sorella Claudia era in gita. Sulle pagine de ‘L'Unione Sarda' ha raccontato come appresero la notizia in famiglia: "Volevo inviarle una cartolina ma non ricordavo l'indirizzo. Chiamai a casa. Rispose mamma. ‘Pronto Emanuela?' ‘No, sono Claudia. Senti ricordi qual è la via degli alloggi della polizia?' Lei era molto agitata. ‘Chiudi che sto aspettando la telefonata di tua sorella, non l'hai sentito dalla televisione che hanno messo una bomba?' No, non avevo sentito. A Riva Del Garda era tutto tranquillo. Richiamai dopo dieci minuti. Insomma, mi serviva l'indirizzo. ‘Pronto, pronto Emanuela?'. Era babbo: ‘Figlia mia chiudi che stiamo aspettando la telefonata di tua sorella'. Cominciai ad agitarmi anch'io". Seppe quanto era accaduto poco più tardi, dal telegiornale di Rai3: "Sono svenuta". I genitori di Emanuela, Alberta e Virgilio, non si ripresero mai dal dolore devastante della perdita della figlia: "La morte di Emanuela e la mafia hanno distrutto la mia famiglia. I miei genitori sono morti perché non hanno resistito al grande dolore".

La medaglia d'oro al valor civile

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Emanuela Loi ha ricevuto la medaglia d'oro al valor civile. La motivazione recita: "Preposta al servizio di scorta del giudice Paolo Borsellino, pur consapevole dei gravi rischi cui si esponeva a causa della recrudescenza degli attentati contro rappresentanti dell'ordine giudiziario e delle Forze di Polizia, assolveva il proprio compito con grande coraggio e assoluta dedizione al dovere. Barbaramente trucidata in un proditorio agguato di stampo mafioso, sacrificava la vita a difesa dello Stato e delle Istituzioni".

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