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Nomine Rai, a Monti fatti, non cambia niente

Dopo le nomine del nuovo presidente Rai Anna Maria Tarantola e del direttore generale Luigi Gubitosi, il premier elude “garbatamente” qualunque domanda che riguardi le competenze dei nominati e i curricula presentati. Tranne il garbo, la strada, rispetto al passato, non è cambiata.
A cura di Andrea Parrella
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Non bastavano le nomine AgCom, sconclusionate e scriteriate, anzi programmate per essere scriteriate, avvenuta due giorni fa. Ieri sera Il consiglio dei ministri ha decretato la nomina dei nuovi presidente e direttore generale Rai, che hanno subito suscitato una certa titubanza nell'opinione pubblica, in merito all'ampollosa questione delle competenze. Che siano maledette queste competenze, possibile che non si riescano a trovare argomenti più validi e sostanziosi, originali e non ripetitivi per contestare le decisioni di una poltrona assegnata d'ufficio?

Possibile che i governi debbano rispondere alle solite domande irriverenti che qualche giornalista fazioso e malpensante pone? Ebbene, sia perdonata la prevedibilità, la mancanza di fantasia, ma il concetto resta sempre quello: il vicedirettore di Bankitalia ha il pedigree adatto per poter condurre un'azienda che ha bisogno di decisioni qualitative per rilanciarsi e non solo un'aggiustata ai conti (i conti non si aggiustano senza nuove idee)? Da utenti privi di grosso credito di fiducia, possiamo farci bastare la speranza di trovare in un tecnico il giusto spirito sensibile e liberale che serve per condurre le sorti di una Tv pubblica? Insomma, possiamo permetterci il lusso di preferire la speranza di ritrovarci casualmente alla presidenza Rai una stella rara (possibilità che non si esclude, non conoscendo a fondo i nominati; possibilità di cui non si ha certezza per lo stesso motivo), rispetto alla certezza prioritaria di mettere l'azienda nelle mani di chi conosce davvero la televisione?

Utilizzare il criterio dei curricula visionati garantirebbe, in un certo senso, a chi nomina, la possibilità di lavarsene le mani in caso di brutta esperienza, adducendo la motivazione che, quantomeno, in principio fosse stata fatta la cosa giusta. E invece no, il tecnicismo spinto dell'humus culturale di Mario Monti lo ha pure condizionato ad un atteggiamento non poco inopportuno e fastidioso durante la conferenza stampa di ieri. Quando gli è stato chiesto se avesse visionato i curricula presentati da Santoro e Freccero per l'occasione, ha risposto con tentato aplomb di averlo fatto di certo, ritenendo l'iniziativa dei due "simpatica" e precisando tuttavia che non si trattasse di un concorso di abilità. E allora che concorso è? Vince chi ha collezionato più francobolli? Viene scelto quello che ricorda il vincitore del Festivalbar del '94?

Era piuttosto netto il fare derisorio in risposta alle domande relative a quanto le nomine fossero espressione dei poteri forti, dei quali lo scaltro premier, in questo caso si concede un "PerForzaDiCosismo" giustificato, dice di non conoscere l'esistenza o quantomeno di non saperli individuare. Ci sono state risatine, elusioni di genere governativo alle domande più spinose: non vedo, non sento né parlo. In ultima istanza si aggiunge che la motivazione alla base della scelta fatta pare sia stata l'esigenza di figure forti ed indipendenti. In questo caso si cita come fondato il teorema Gabanelli, espresso due giorni fa in un articolo sul Corriere.it in relazione alle nomine Agcom:

La legge richiede indipendenza e riconosciuta competenza nel settore, poiché senza indipendenza la competenza può essere utilizzata per favorire una parte contro l’altra, e senza competenza l’indipendenza è inutile e fonte di decisioni casuali.

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