Narcos: Messico, la nuova stagione racconta la storia vera di Kiki Camarena
Netflix toglie il velo da quella che sarà la quarta stagione di uno dei suoi titoli più noti in catalogo, "Narcos: Messico". La serie, che a questo punto si affranca dalle prime tre stagioni, si allontana dalla Colombia per raccontare l'ascesa della guerra contemporanea ai cartelli messicani e lo fa raccontando la storia vera di Kiki Camarena, agente della DEA assegnato presso gli uffici di Guadalajara per contrastare le nascenti confederazioni messicane.
La trama di Narcos: Messico
Il Messico della prima metà degli anni '80 vede proliferare un numero crescente e disorganizzato di coltivatori e commercianti della droga, è la fase precedente alla affermazione del cartello di Guadalajara gestito da Félix Gallardo (Diego Luna) che riunisce tutti i piccoli trafficanti e le famiglie più grandi sotto un unico grande impero. Quando Kiki Camarena (Michael Peña) viene inviato a Guadalajara per assumere il suo nuovo incarico, portando con sé moglie e figlio, realizza rapidamente che avrà a che fare con una organizzazione senza scrupoli e ben organizzata.
La storia vera di Kiki Camarena
Si chiamava Enrique Camarena detto "Kike" o "Kiki" per gli americani. Era un poliziotto americano, cresciuto professionalmente negli Stati Uniti e al servizio della DEA. Assegnato agli uffici d Guadalajara nel 1981, Camarena assestò diversi colpi che misero in ginocchio il cartello messicano in ascesa. Nel 1984 guidò un'operazione con 450 soldati messicani che distrussero il "Rancho Búfalo", considerato il principale appezzamento dei Narcos che garantiva loro una rendita di 8 miliardi di dollari l'anno. Per questo motivo, il 7 febbraio 1985 fu rapito in pieno giorno, mentre usciva dagli uffici per andare a mangiare qualcosa, avvicinato da un'auto e trascinato da quattro uomini armati. Il suo corpo fu ritrovato un mese dopo nella piccola città di Angostura, a Sinaloa, terra che poi sarà sotto la giurisdizione di El Chapo Guzman, a quei tempi ancora un galoppino. Camarena fu torturato per oltre trenta ore: il cranio, il naso, gli zigomi e la trachea furono schiacciati. Fu tenuto cosciente durante le torture grazie all'utilizzo di anfetamine e gli fu praticato un foro alla testa con un trapano elettrico. La sua morte risvegliò le coscienze e inasprì la guerra al narcotraffico.