“Napoli puzza”: cara Reggiani ha ragione, ma che cosa c’è da ridere?
"Quanto è bella Napoli, vista da lontano. Dal mio attico di Manhattan è la distanza giusta, perché mi arriva la poesia ma non la puzza". Questa è Lei, signora Francesca Reggiani, in diretta il 12 ottobre su Radiodue, ad "Ottovolante", mentre imita Sophia Loren. Come ha visto, la satira da sferzante si è trasformata in scomoda e impopolare al ritmo dei social, scandito di tweet in retweet ed è stata costretta a porgere le sue scuse sul suo profilo Facebook.
Sono un napoletano "atipico", perché riesco a riconoscere il più grande dei difetti che ha la mia terra, la mia gente: il vittimismo. Una protezione spasmodica a spada tratta, una miopia violenta che, quasi sempre, è anche peggio dell'offesa arrecata. Una caratteristica magistralmente espressa in un detto popolare che recita: ‘o sanghe vò dicere, ma nun vò sentì ‘ e dicere, che sta a voler dire che il legame con i propri affetti è talmente forte, da poterla anche criticare e offendere ma di non volerla mai sentire criticare (e offendere) dagli altri.
Tempi comici perfetti, signora Reggiani, ha ragione: "Napoli puzza", ma non certo da quando hanno scoperto una Terra dei fuochi che è lì da trent'anni. "Napoli puzza" di diossina, di eternit, di metalli pesanti, "Napoli puzza" di morti ammazzati, "Napoli puzza" di autobus sporchi, pochi e decadenti, "Napoli puzza" di amministrazione comunale impatanata, "Napoli puzza" di case popolari da quindici persone in due stanze, "Napoli puzza" di pizza e munnezza, "Napoli puzza" di omofobia, "Napoli puzza" di ignoranza e indolenza. Però adesso, mi spiega che cosa c'è da ridere?