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Massimo Giletti sull’aggressione a Corona: “Nei luoghi dove lo Stato non va. Sta bene, ma è scosso”

Il conduttore di “Non è l’Arena” racconta cosa è accaduto a Fabrizio Corona, aggredito da alcuni ragazzi nel “boschetto della droga” a Rogoredo, dove stava realizzando un servizio per la trasmissione di La7: “Vogliamo raccontare questi luoghi dove lo Stato non va e Corona ha il talento per farlo”.
A cura di Andrea Parrella
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Risale alla scorsa notte l'aggressione a Fabrizio Corona avvenuta nel "boschetto di Rogoredo", una nota piazza di spaccio milanese dove il volto televisivo si è addentrato, accompagnato da un operatore e una telecamera, per realizzare un servizio sullo spaccio di eroina e varie dipendenze destinato alla trasmissione "Non è l'Arena" di Massimo Giletti. Corona ha raccontato ai militari dell'Arma dei carabinieri di essersi addentrato nel boschetto e di essere stato subito riconosciuto da alcune persone, che gli avrebbero prima intimato di andarsene, per poi aggredirlo, rapinarlo e colpirlo. In un video pubblicato su Instagram Corona racconta ai soccorritori di essersi trovato a terra con quattro persone a tenerlo fermo e un altro che gli ha puntato un coltello.

Fanpage.it ha sentito Massimo Giletti per capire come siano andate le cose e il conduttore descrive un Corona in buone condizioni, che è tuttavia rimasto molto scosso da quanto è accaduto: "Lo sto raggiungendo adesso a Milano, è stato assalito da un gruppo di ragazzi di colore, abbiamo tutte le immagini perché si è salvata una microcamera, per cui c'è del materiale che mostreremo domenica".

I carabinieri hanno fatto sapere che Corona non ha voluto denunciare i fatti di ieri sera.

Conoscendolo, non credo che gli interessi denunciare. Si fosse fatto molto male, sarebbe stato un altro conto. Ma è riuscito a scappare.

Adesso Corona sta bene?

Sì, però devo dire che stanotte l'ho sentito molto provato, molto preoccupato, mi ha detto di essersela vista davvero brutta. Insomma, non è stata una bella notte per lui.

Perché esporsi a un tale rischio?

Il nostro disegno era proprio andare nei luoghi dove lo Stato non va, per raccontare quei luoghi delle nostre città, spesso attaccati al centro storico, dove non c'è lo Stato, dove si ha paura ad entrare. Volevamo raccontare il problema dell'eroina che in questo momento a Milano è dilagante. Si sa che Fabrizio sta seguendo un percorso per disintossicarsi, quindi chi meglio di lui conosce quei meandri?

La collaborazione tra voi e Corona è occasionale o sarà un inviato fisso?

Io penso che ci sarà uno sviluppo, l'intenzione è quella di avere lui che racconta in queste condizioni un po' al limite.

Questa cosa determinerà certo delle critiche sull'opportunità di inviare lì una persona uscita dal carcere a febbraio, che si sta appunto disintossicando. 

Io credo che Corona abbia delle grandi qualità di narratore e tutto il resto per me è ipocrisia. Si può dibattere di tutto, io sono uno che ama ascoltare e avere anche elementi per riflettere, ma per me Corona è uno che deve spingere queste sue qualità, perché è un grande narratore di certe realtà. Quindi io credo in questo percorso che vede lui andare oggi nella piazza di spaccio milanese, ma che domani si può applicare con eguale forza ad altri ambiti. Credo nelle sue capacità.

Insomma, credi nella tradizione di famiglia, essendo stato suo padre un noto giornalista.

Ogni persona ha la sua storia, ma io trovo che lui conosca quello che può funzionare oggi, quale tipo di racconto e come vada strutturato un racconto. Siamo pronti ad ascoltare tutte le riflessioni e le critiche, ma per me l'importante è far vedere questi luoghi e far sì che lo Stato smantelli certe situazioni. Il mio intento è questo e Corona ha il talento per fare tutto questo.

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