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‘Le Iene’ e Luigi Pelazza sotto accusa in Bosnia: “Servizio sul traffico d’armi è falso”

Le autorità bosniache sostengono come un servizio de “Le Iene” sul traffico d’armi all’Isis realizzato da Luigi Pelazza sarebbe in realtà un falso: due tossicodipendenti sarebbero stati pagati per fingersi trafficanti. Davide Parenti, creatore dello show di Italia 1, respinge le accuse: “Nel servizio è tutto vero”.
A cura di Valeria Morini
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"Le Iene" sotto accusa da parte della procura di Sarajevo. A finire nel mirino degli inquirenti bosniaci è un servizio realizzato dall'inviato Luigi Pelazza, incentrato sul traffico di armi dal Paese slavo ai terroristi dell'Isis in Europa. Servizio che sarebbe in realtà falso: come riportato dalla Corriere della Sera, la procura sostiene che Davor Jarcevic e Nermin Sejdic, apparsi nel servizio in questione in onda su Italia 1 il 2 ottobre, si sarebbero finti trafficanti, dietro pagamento dello stesso Pelazza.

Jarcevic e Sejdic, tossicodipendenti arrestati dalla polizia di Sarajevo, avrebbero confessato la truffa; sarebbero inoltre state identificate alcune delle armi viste nel servizio. Il giornalista de "Le Iene" si trova quindi nuovamente al centro della cronaca, a breve distanza dall'episodio che lo vide espulso dal Marocco dopo un servizio sulla prostituzione minorile.

La replica di Davide Parenti: "Nel servizio è tutto vero"

Non si è fatta attendere la replica dell'ideatore de "Le Iene" Davide Parenti, che ha respinto tutte le accuse in una dichiarazione riportata sul Corriere.

Le accuse della procura di Sarajevo sono molto gravi: se c’è una cosa che ci preme è essere credibili. Non vediamo l’ora che vengano qui a dirci che cosa abbiamo inventato o che le autorità italiane ci chiedano conto delle accuse che ci vengono mosse. Quello che so con certezza è che abbiamo realizzato un’inchiesta straordinaria, che documenta come le armi rimaste in Bosnia dagli anni ‘90 siano quelle che hanno sparato a Charlie Hebdo, al Bataclan e in altri luoghi delle stragi collegate all’Isis in Europa. Pelazza è andato lì per cercare di capire chi vende queste armi, come si comprano e ha scoperto che è facile farlo. Dire dunque che abbiamo realizzato un falso è una balla cosmica. Se il servizio andato in onda è di venti minuti abbiamo però ore e ore di girato e faremo in modo di renderlo pubblico, mettendolo sul nostro sito entro domattina. Non abbiamo nulla da nascondere, anzi siamo convinti di avere tante informazioni interessanti. Abbiamo trovato diverse persone che vendono armi in Bosnia, a diversi livelli, dal fucile da cecchino alla bomba a mano, ai kalashnikov e ai mitra con i silenziatori. Un testimone ci ha raccontato come fanno a portare i kalashnikov in Belgio e come tornano indietro con la cocaina, permutando il compenso in droga che riportano indietro imbottendo auto che vengono caricate su carri attrezzi.

Per quanto riguarda l'accusa di aver retribuito i due arrestati, Parenti ha ammesso: "Abbiamo dato cento euro a questi manigoldi per essere credibili sulla nostra intenzione di provare il loro kalashnikov e di acquistarlo e ci siamo impegnati a saldare l’arma al momento della consegna". Per il momento, però, la Bosnia Erzegovina, ritenendosi danneggiata nell'immagine, avrebbe informato della vicenda le autorità italiane per ulteriori procedimenti.

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