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La vera storia di Nada, Tecla Insolia: “Ho avuto il Covid e ho rischiato di perdere il ruolo”

La vera storia di Nada Malanima è raccontata nel film La bambina che non voleva cantare. La trama del film di Rai1 si sofferma in particolare sull’infanzia della cantante e sul suo rapporto con la madre Viviana Fenzi. Si ispira a quanto narrato nel libro Il mio cuore umano. Su Fanpage.it, le tappe salienti della vita di Nada e l’intervista all’attrice e cantante Tecla Insolia, che la interpreta nel film.
A cura di Daniela Seclì
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Nada e Tecla Insolia
Nada e Tecla Insolia

La vera storia di Nada Malanima è raccontata nel film di Rai1 La bambina che non voleva cantare. L'artista, che ha all'attivo successi come Ma che freddo fa e Amore disperato, è interpretata da Tecla Insolia. L'attrice ha raccontato a Fanpage.it l'esperienza vissuta sul set e il rischio di perdere il ruolo perché risultata positiva al Covid. Ha svelato di avere ricevuto di recente una telefonata da Nada e ha rimarcato l'importanza di imparare a scorgere la sofferenza negli occhi degli altri, come fa la cantante. Prima di lasciare spazio alle dichiarazioni dell'attrice, conosciamo meglio la storia di Nada Malanima, ripercorrendo il suo rapporto con la madre Viviana Fenzi, il successo arrivato quando era ancora troppo piccola per gestirlo, i problemi di anoressia e l'amore infinito per il marito Gerry Manzoli, da cui ha avuto la figlia Carlotta.

Il nome Nada omaggio a una zingara

La vera storia di Nada Malanima ha un inizio bizzarro quanto pittoresco. I medici avevano assicurato alla madre Viviana che non avrebbe potuto avere figli. Una notte di febbraio, Viviana andò a ballare con il marito Gino. Di ritorno a casa, presi dalla passione, i due si fermarono in una stradina di campagna per concedersi una notte di intimità sotto la luna. Il giorno dopo, Viviana ebbe l'assoluta certezza di essere incinta e non si sbagliava. A Repubblica, Nada ha raccontato come la madre scelse il suo nome: "Mia madre mi raccontò che una zingara, leggendole la mano, disse che avrebbe avuto una bambina che avrebbe viaggiato e avuto successo. Il nome della zingara era Nada. Per questo mi chiamò così. Non so se la storia sia vera. Mi piace pensarlo".

La vita di Nada Malanima

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Nada è nata il 17 novembre 1953 a Gabbro, in provincia di Livorno. Suo padre Gino era un contadino, sua madre Viviana vendeva polli. In famiglia non mancava di certo l'affetto, ma i Malanima dovevano anche fare i conti con una situazione economica non proprio florida. Dunque, spesso, le priorità erano di ordine pratico – mettere un pasto a tavola, trovare i soldi per vestirsi – e le manifestazioni d'amore passavano in secondo piano. Nada era una bambina solitaria e introversa, ma nata con il dono di una voce in grado di emozionare.

La madre Viviana Fenzi: la malattia e le crisi di nervi

La madre Viviana, insisteva perché Nada coltivasse il suo talento. Non voleva che si limitasse a cantare dalle suore e nelle feste di paese. La portò da un maestro di canto perché le desse una chance in più. La signora Fenzi, purtroppo, doveva anche fare i conti con i suoi problemi di salute e ciò la rendeva una madre non molto presente nella vita di Nada. Al Corriere, la cantante ha descritto il loro rapporto come di dipendenza. Nutriva la costante paura di perderla: "Avevamo entrambi caratteri decisi. Litigavamo, ci allontanavamo, ma avevo come una dipendenza da lei, avevo bisogno di starle vicino. Forse è dipeso dal terrore di perderla, perché mamma, fin da quando ero bambina, è sempre stata male. Aveva crisi di nervi, soffriva di esaurimento nervoso, capitava che dovessero ricoverarla. Ogni volta che entrava in ospedale, temevo che non tornasse più".
 

La carriera: il successo funestato dall'anoressia

Nicola Di Bari e Nada vincitori del Festival di Sanremo 1971
Nicola Di Bari e Nada vincitori del Festival di Sanremo 1971

Quando Nada aveva solo 14 anni, un talent scout decise di puntare su di lei. La invitò a Roma per un'audizione dove fu subito presa. I suoi genitori erano entusiasti, lei avvilita. A 16 anni, nel 1969, partecipò al primo Festival di Sanremo con "Ma che freddo fa". Si classificò quinta e ottenne enorme successo, ma su di lei piombò anche l'ombra dell'anoressia: "Salivo sul palco spaurita. Anzi, terrorizzata. Non capivo perché dovevo esibirmi davanti a tanta gente. Cantavo, uscivo dal palco, vomitavo, rientravo. Avevo smesso di mangiare". Quando comprese di non farcela più, parlò con il capo di Rca e chiese di rompere il contratto. Lui gli propose di concedersi del tempo per crescere artisticamente e per due anni, Nada si lasciò ispirare dall'estro del cantautore Piero Ciampi: "Due anni folli, dissoluti, meravigliosi". E pian piano la sua carriera rifiorì non solo nella musica ma anche a teatro dove lavorò con Dario Fo. L'artista ha partecipato a sette Festival di Sanremo, vincendo quello del 1971 con il brano Il cuore è uno zingaro. Ha all'attivo oltre 20 album e cinque libri.

Vita privata: il marito Gerry Manzoli e la figlia Carlotta

Nella sua vita, un grande amore. Da circa 48 anni, Nada è legata al marito Gerry Manzoli. Anche lui è un artista. Durante la sua carriera, è stato anche il bassista della band I Camaleonti. Nada e Gerry hanno deciso di lasciare Roma per ritirarsi nella campagna toscana, a Manciano. "Gerry si è dedicato totalmente a me": ha fatto sapere Nada, che con il marito ha una figlia, Carlotta, che oggi ha 45 anni.

Nada e il marito Gerry Manzoli
Nada e il marito Gerry Manzoli

Intervista a Tecla Insolia, l'attrice che interpreta Nada

Tecla Insolia, vincitrice di Sanremo Young 2019 e attrice in serie tv come Vite in fuga e L'allieva, interpreta Nada da adolescente nel film tv La bambina che non voleva cantare. L'artista diciassettenne si è raccontata su Fanpage.it.

Nel film La bambina che non voleva cantare interpreti Nada da adolescente. Hai avvertito il peso della responsabilità?

Io non sono mai tranquilla (ride, ndr). L'ansia è la mia compagna di avventure. Ho sentito subito tanta emozione ma anche una grande responsabilità. Ci tengo a fare bene le cose e ad affrontarle in modo professionale. Mi sono preparata molto, ho letto l'autobiografia di Nada, Il mio cuore umano, con grande attenzione.

C'è un passaggio che ti ha colpito particolarmente?

C'è una parte in cui Nada racconta che non le piaceva guardare le persone negli occhi, perché guardando qualcuno negli occhi riusciva a vedere la sua sofferenza. Mi piace perché mi ci ritrovo, è una consapevolezza che ho anch'io. Inoltre, anch'io come lei, mi sento molto vicina alla realtà del piccolo paese, della campagna. Quando sono in città come Milano, mi sento un pesce fuor d'acqua. Quella frenesia in cui tutti sembrano avere qualcosa da fare, un po' mi spaventa.

Nada, appena ha visto la tua foto, ha detto: "Lei mi piace". Avete avuto modo di confrontarvi?

Non ci siamo sentite durante la lavorazione del film, però ho ricevuto una sua telefonata qualche giorno fa. È stato un gesto completamente inaspettato. Voleva complimentarsi con me e io ero molto emozionata. Ho saputo rispondere solo: "La ringrazio, la ringrazio davvero. È un onore". È stata veramente molto dolce.

E pensare che hai rischiato di dover rinunciare a questo ruolo…

Sì, perché mi sono ammalata di Covid qualche settimana prima di iniziare le riprese. Ho perso un progetto e stavo per perdere anche questo, ma fortunatamente sono guarita in tempo. Hanno ritardato di due settimane le riprese delle mie scene per aspettarmi. A un certo punto ci stavano rinunciando e ci stavo rinunciando anch'io, poi sono guarita.

Cosa ricordi dei giorni in cui hai dovuto affrontare il Covid?

Mi sono spaventata molto. Fortunatamente l'ho preso in forma lieve e non ho avuto bisogno dell'intervento da parte dei soccorsi. Mi è andata via la voce per una settimana, cosa che non mi era mai successa. Nonostante io sia guarita i primi di novembre, ci sono delle cose che mi porto dietro ancora adesso e ho 17 anni: un senso di spossatezza, non sento ancora bene i sapori e gli odori. Piano piano, però, sto recuperando.

Tecla Insolia nel ruolo di Nada
Tecla Insolia nel ruolo di Nada

Tornando a La bambina che non voleva cantare, chiariamo che nel film non sei ricorsa al playback. Gli spettatori sentiranno la tua voce.

Sì, l'intento non è mai stato quello di mettere in scena un'imitazione di Nada ma di raccontare la sua storia. Le scene in cui canto sono state le più impegnative. Tutte le canzoni sono state fatte live. Non abbiamo registrato il pezzo in sala e poi fatto il playback. Avrò cantato ogni canzone minimo quindici volte, per le diverse inquadrature o magari perché c'erano degli errori. La troupe si è sorbita la mia voce per un sacco di tempo (ride, ndr).

Qual è il messaggio che speri che arrivi agli spettatori assistendo a questo film?

Ricordarsi che siamo umani e che dovremmo essere più gentili con tutti. Non giudicare dalle apparenze, perché tutti soffriamo. Non dare mai niente per scontato.

Anche tu, come Nada, hai una storia molto particolare legata al tuo nome. Me la racconteresti?

Certo. Mia madre stava per partorire, in ospedale a Varese. Era iniziato il travaglio. Aveva dei dolori fortissimi. Entrò un'infermiera che vide che stava male e iniziò ad accarezzarle la pancia. La mamma sentì subito una sensazione di sollievo. Poi l'infermiera venne chiamata dalle colleghe. Mia madre non fece in tempo a chiederle il nome, però sentì che la chiamavano Tecla. E mi ha chiamato così. Purtroppo non ha più avuto modo di rivederla. Ne approfitto per fare un appello, mi piacerebbe conoscere quell'infermiera.

Stai frequentando le lezioni dell'istituto tecnico grafico con la didattica a distanza. Cosa significa avere 17 anni e vedere la propria quotidianità stravolta dalla pandemia?

Sono molto arrabbiata. Gli adulti dicono che recupereremo tutto il tempo che stiamo perdendo, ma io credo che il tempo sia l'unica cosa che non si recupera. La prospettiva di una nuova chiusura, è straziante. Mi destabilizza molto non potere vedere le persone a me care, che non vivono nel mio stesso comune o nella mia regione. Se ci penso, sto male pur avendo la possibilità di viaggiare un po' con il lavoro che faccio. Sono demoralizzata. Si dice che l'adolescenza sia l'età più importante, ma il Covid ce la sta portando via. Siamo tutti stanchi.

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